Sto leggendo What Money Can’t Buy: The Moral Limits of Markets di Michael J. Sandel.
Nel quarto capitolo, intitolato ‘Markets in Life and Death’, l’autore presenta il mercato dei Viaticals. Si tratta della compravendita di polizze sulla vita di persone con malattie terminali.
Se Tizio ha una polizza sulla vita di centomila dollari e, visto il suo stato di salute, è verosimile che morirà entro un anno, può vendere la sua assicurazione a Caio per cinquantamila dollari.
Da un punto di vista utilitaristico, questa transazione accresce la felicità complessiva di tutti: Tizio ha cinquantamila dollari per le cure oppure per godersi al meglio il tempo che gli resta; Caio ha fatto un ottimo investimento. L’assicurazione non ha alcun guadagno, ma neppure perdite. I familiari di Tizio, in quanto non piu beneficiari della sua assicurazione sulla vita, probabilmente ci perdono, ma possiamo immaginare che siano d’accordo nel rinunciare ai centomila dollari.
E se Tizio non muore? O ci mette un po’ di più di quanto inizialmente previsto?
I guadagni di Caio calano, come può capitare con tutti gli investimenti. Tuttavia, osserva Sandel, a differenza di altre operazioni finanziarie l’investitore deve sperare che Tizio muoia in fretta. La scoperta di nuovi medicamenti potrebbe mandare in bancarotta qualche azienda, come pare sia effettivamente successo con i farmaci antiretrovirali per l’AIDS.
C’è, secondo Sandel, un problema morale legato non tanto al fatto che in ballo ci sia la morte di una persona, ma che l’investimento venga fatto sulla celerità di questa morte – le tradizionali assicurazioni sulla vita funzionano al contrario: più uno vive più l’assicuratore guadagna.
Certo, non si tratta dell’unica attività i cui guadagni sono proporzionali alla morte delle persone: pompe funebri, medici legali e necrofori sono i primi che mi vengono in mente, e sono venuti in mente anche a Sandel, che cita gli scrupoli morali di un necroforo pagato a cottimo, i cui guadagni sono quindi legati all’elevato numero di omicidi.
A parte una vaga e non ben motivabile sensazione di fastidio nel pensare a qualcuno che si augura la morte delle persone di cui ha acquistato la polizza sulla vita, non so bene come giustificare una condanna morale verso questa pratica.
Come diceva il Frankenstein di Mary Shelley, “è solo materia”.
kantianamente, la vita non è un mezzo (anche se lui dice “non è solo un mezzo). grossinianamente, la vita è solo una condizione per altre esperienze (tanto che certe esperienze ci fanno preferire di non vivere), non una cosa buona in sé.
comunque per chi ritiene la vita un bene in sé, allora farne commercio è contrario al principio. se per te non è contrario al principio, allora significa che non ritieni la vita un bene in sé (e che posso portarti al lato oscuro, verso doping, potenziamenti e transumanismo vario).
ma sandel non mette in questione quel principio. la vita è bene in sé. e questo non crea contraddizioni con la sua ipotesi di usare gli embrioni soprannumerari per la ricerca (alla fine di contro la perferzione) perché la questione lì non è se la vita sia buona o no, ma se quella degli embrioni sia già vita o no. comunque: i beni in sé non hanno corrispondenti, non si possono comprare e vendere. non hanno un prezzo.
secondo me si, ma non insegno ad harvard. non insegno da nessuna parte.
@lector: Non so perché, ma mi hai fatto venire in mente “What is mind? No matter. What is matter? Never mind” letto in un libro di Russell (credo fosse un motto dei nonni, ma non ricordo con precisione).
@Alex: Sandel non la mette proprio in questi termini: non è che non si può commerciare con la vita, è che alcuni commerci corrompono.
Il che lo capisco anche, in generale (l’esempio dell’amicizia è chiaro: non posso pagare qualcuno per essermi amico). È il caso particolare che un po’ mi sfugge.
C’è anche da dire che Sandel dice che c’è un problema morale, non che questo problema morale debba tradursi in un definitiva condanna morale o in una proibizione legale della pratica.
PS Al lato oscuro del doping ci sono già passato: con tutti i caffè che bevo, non sono nella condizione di condannare l’uso di droghe.
Secondo me, l’unico problema morale di questa transazione è la sottrazione ai familiari di una somma a cui hanno diritto, che era stata accantonata per la loro sicurezza e presumibilmente risparmiando tutti insieme. Se non c’è nessuno che riceva danno, allora non c’è nulla da condannare e io non vedo nemmeno il problema morale. Anzi è un servizio intelligente e utile per tutti. Il parallelo con le pompe funebri e con tutti gli altri servizi a pagamento legati alla morte di qualcuno (a cominciare dalle questioni e dalle tasse di successione) mi sembra estremamente azzeccato.
@Baruch: sei un consequenzialista (liquido così la cosa perché sto finendo di scrivere una recensione del libro, dove si chiarisce meglio la posizione di Sandel, al di là di questo caso onestamente non molto convincente).
Ti credo senz’altro sulla parola. Non capisco molto di filosofia ma mi suona bene 🙂
Non è forse la stessa situazione che abbiamo nel caso della vendita della nuda proprietà immobiliare?
@Galliolus: Tendenzialmente direi di sì. Tuttavia può darsi che diventare proprietario di una abitazione in seguito alla morte di un tizio sia moralmente diverso dal guadagnare denaro contante.