Guardare o non guardare “Lost”, “24”, “C.S.I.”, e quant’altro? Seguo alcune serie, lo confesso, specie “Damages” per la superba Glenn Close, ma anche per dissipare tristezze e deliri filosofici, così come David Hume giocava a tric-trac, mentre Ludwig Wittgenstein leggeva “crimes fiction”.
Così inizia Sopravvivere al pop pensiero di Nicla Vassallo.
All’elenco potremmo anche aggiungere l’amore per il Wrestling di Feyerabend, ma non è certo indispensabile: la captatio benevolentiae è comunque riuscita e Nicla Vassallo ha fatto capire che non ha pregiudizi verso la cultura popolare. Il pop pensiero al quale cerca di sopravvivere non sono, dunque, i telefilm o i fumetti, ma i libri di filosofia che si occupano di telefilm o fumetti: la filosofia del Signore degli anelli, del poker, degli U2 e dell’iPod, per fermarsi ad alcuni degli esempi, a quanto pare reali, citati.
Nel testo non viene specificato, ma immagino che Nicla Vassallo non intenda riferirsi agli studi sulla cosiddetta cultura popolare, studi che non possono che analizzare le strutture di telefilm e fumetti e si pongono domande come: cosa hanno in comune Superman ed Ercole? Perché nella saga di Tolkien il simbolo del potere è un anello, come nell’Anello dei Nibelunghi di Wagner (e nel mito di Gige – ma a questo punto abbandoniamo del tutto la cultura popolare)? Perché siamo disposti ad approvare la condotta del poliziotto che trasgredisce le regole pur di arrestare, anche con prove false, il malvivente di turno?
Tutte domande lecite e interessanti che non credo facciamo parte del tanto deprecato “pop pensiero”.
Che cosa è, allora, questo pop pensiero?
Per capirlo, più che sul prodotto editoriale, conviene concentrarsi sul lettore, o pop lettore: «Amante sfrenato della tuttologia e conseguentemente della grossolanità, il lettore di pop non farà del resto troppo caso ai “dettagli”. […] Il lettore di pop è già sotto l’ombrellone di una spiaggia affollata, sta leggendo un libro pop e non deve concentrarsi».
Il ritratto è efficace, e non credo sia il caso di aggiungere altro.
Sono d’accordo con Nicla Vassallo: meglio stare alla larga da libri pensati per soddisfare questo genere di pubblico, anche se occorre tenere presente che il passo dal giudizio al pregiudizio è maledettamente breve. Ad esempio, alcuni saggi de I Simpson e la filosofia (Isbn, 2005) sono, secondo me, ben fatti e costituiscono delle buone introduzioni ad alcuni aspetti del pensiero filosofico, sicuramente più accessibili di altri saggi troppo specialistici (il lettore pop potrebbe semplicemente essere un lettore non esperto, alla ricerca di qualche testo semplice e comprensibile – potrei essere io stesso un pop lettore, per quanto riguarda i libri non filosofici).
Un solo dubbio: premesso che nessuno obbliga Nicla Vassallo a leggere i libri di consulenza filosofica o a sostituire L’etica a Nicomaco con L’etica di Paris Hilton, perché condannare questa pop cultura e augurarsi che sparisca? La sua vita non cambierebbe di nulla: potrebbe continuare a leggere Otto Weininger e a guardare “Damages” ignorando gli altri libri.
Il mondo, nel complesso, diventerebbe forse un posto migliore senza questa pop letteratura?
Immaginiamo di riuscire a far sparire tutti i libri di pop cultura, con un colpo di bacchetta magica o una selvaggia operazione di censura. Possiamo aspettarci che l’onnivoro e grossolano pop lettore si metta a leggere Aristotele e Locke?
Ne dubito: non leggerebbe nulla, o si dedicherebbe a fumetti e romanzi (quelli che si sono salvati, ovviamente). Non è quindi meglio che il nostro pop lettore, che Aristotele non se lo leggerà mai, si legga almeno un testo nel quale si cerca di applicare l’etica aristotelica alle gesta di Homer Simpson?
io ho letto sia “i simpson e la filosofia” sia “basketball and philosophy”… sarò pop anch’io, ma popfilosofo, parto dall’altro lato (non lettore comune che si avvicina alla filosofia)
@alex: E com’erano?
Un noto detto recita più o meno così: “Il saggio sa di non sapere, il colto sa di sapere poco, lo stolto crede di sapere tutto”.
Tralasciando la filosofia, i cui effetti pratici d’una conoscenza approssimativa sono ravvisabili solo nel lungo o lunghissimo periodo, ho visto gente profondere diagnosi a destra e a manca in seguito alla lettura dell’ “Enciclopedia Medica De Agostini”.
In perfetta sintonia col tuo “Ne dubito: non leggerebbe nulla, o si dedicherebbe a fumetti e romanzi”, ben vengano “Superquark” o “Discovery channel”, tuttavia ci vorrebbe un’avvertenza analoga a quella dei pacchetti di sigarette che assicuri l’utilizzo delle informazioni ricevute “cum grano salis”. 🙂
@lector: Uhm… a questo genere di guasti non avevo pensato…
c’erano in entrambi i volumi cose molto buone. poi di mio già sono poco “accademico”… 🙂
Io ho letto la filosofia del dottor House. Confesso, mi divertono di più i telefilm, però era un saggio piacevole. Però io sono una lettrice di filosofia poco esperta, confesso. Capisco meglio CSI e i Simpson di Hume… 🙂
@alex: temo che con quel “poco accademico” tu abbia toccato uno dei punti della critica di alla filosofia popolare: non fa abbastanza curriculum…
@galatea: Dovresti iniziare da Russell: è meglio di CSI, secondo me (i Simpson sono inarrivabili).
Vi segnalo la mia risposta su “rescogitans” a Nicla Vassallo. “Quando i filosofi non hanno paura della tv”. A differenza della Vassallo credo che la filosofia debba occuparsi anche di cultura di massa. Per questo, accanto a libri accademici su Platone e Derrida, ho pubblicato insieme ad altri un libro sulla serie Dr. House e uno su Harry Potter. E’ possibile che siano brutti libri. Ma non credo che ciò dipenda dall’oggetto, ma dai limiti di chi scrive.
@Simone: Grazie per la segnalazione.
a volte c’è più saggezza nella pop cultura che in volumoni di cattedratici…poi è una brutta tendenza di certa filosofia avere la puzza sotto il naso 🙂
@filosofiablog: ma in questo caso i volumi sono scritti da cattedratici…