Il supremo interesse che si guida non ci dispone di certezze, ma di speranze: la speranza che la comunità perduri e garantisca le mie inferenze al di là di ogni limite assegnabile, che sia testimone in ogni momento della verità complessiva delle mie scelte, che la realtà risulti vera nell’opinione finale. Ma questo è chiaramente un rinvio teleologico, di ispirazione non solo etica, ma anche religiosa, come abbiamo visto: stiamo pensando al tempo cristianamente inteso con il suo svolgimento lineare e il suo esito resurrezionale. L’Interpretante Logico Finale è un Interpretante Etico Universale. Questa è l’opinione di Peirce: la ragione che mi conduce a comportarmi in un certo modo perché alla lunga il mio comportamento si possa rivelare ragionevole, non è una ragione, ma un puro atto di fede.
Rossella Fabbriches, “L’entanglement tra etica e logica nel pragmatismo di Peirce” in Rosa M. Calcaterra (a cura di), Pragmatismo e filosofia analitica, Macerata, Quodlibet, 2006, p. 102
Non sono d’accordo. Mi sembra giusto dire che è un ragionamento di fede, ma non trovo che il collegamento fede=religione sia così ovvio. E neanche religione=cristianesimo.
Esito resurrezionale? Mah, possiamo chiamarlo così se vogliamo, ma mi sembra azzardato.
Un bel testo.
Assolutamente O.T.
Volevo segnalarti alcune splendide foto di Buenos Aires, sul blog Terra Brasilis ( http://terrabrasilis.splinder.com/ ) al post “Mi Buenos Aires querido, quando te vuelva a ver…”
Credo meritino di essere viste. Ciao e scusa per l’intrusione 🙂
più che atto di fede, è una scommessa. con il rischio di scoprire, proprio alla fine, che non c’è alcuna ragione. poi va beh, c’è la questione di partenza della necessità della comunità come referente e come sponda per le opinioni. togli quella e cambia la prospettiva, il senso non lo devi trovare (o meglio, non devi sperare/scommettere di trovarlo) alla fine, ma puoi averlo subito.
@Ivo:
Non conosco Peirce e non credo di capire fino in fondo.
Ma perché dev’essere la comunità a garantire la bontà delle mie inferenze?
Sicuramente solo una comunità perdurante potrà assentire o dissentire dai miei ragionamenti, affermazioni e comunicazioni e sicuramente le mie convinzioni pubbliche e ragionamenti non avrebbero senso se non sapessi della possibilità di una comunità che le recepisca e valuta.
Però: a) l’assenso non è la validità, anche se in quei particolati usi persuasivi del linguaggio le cose si intrecciano e b) la possibilità di una comunità che mi valuti- a differenza della comunità concreta- non la annienta neanche un’epidemia di spagnola o un’olocausto atomico.
@Alex: Io direi proprio un atto di fede( se, come tu osservi, leghiamo validità e comunità ).
La fiducia è su qualcosa che non possiamo verificare, per esempio la sincerità altrui.
Poi, ci sono fatti poco compatibili con la sincerità.
Tuttavia nessun fatto o regolarità di comportamento giustifica la mia fiducia nella sincerità degli altri, e nessun comportamento smentisce mai in maniera definitiva l’ipotesi dell’onestà.
La scommessa invece è a tempo determinato.
Ora non so se ci imbrocco, ma lo saprò alla fine della corsa di cavalli, delle elezioni etc. etc.
Ma la “fine” a cui il testo fa riferimento, con un termine infelice ed un azzardato paragone col cristianesimo, quando si situa nel tempo?
Tra vent’anni? Tra cento? Tra un milione di eoni?
Il GRANDE BOOKMAKER potrebbe forse dirci che abbiamo perso la scommessa e che per secoli abbiamo avuto credenze e pronunciato enunciati privi di senso? 🙂
ciao, Eno!
@Vaaal: Attenzione: qui non si dice che la fede sia necessariamente una religione, o una religione necessariamente il cristianesimo; non si dice neppure che senza il cristianesimo non vi sarebbero stati la scienza, la filosofia o Peirce. Però il cristianesimo ha questa visione temporale che è la stessa, grosso modo, della scienza, e non penso sia una coincidenza.
@lector in fabula: Belle foto, soprattutto quelle dei gatti…
@Alex: come ha argomentato eno, una scommessa è determinata e ha una controparte determinata, e qui mancano entrambe.
@eno: il rapporto tra assenso e validità/verità è al centro del pragmatismo. Semplificando, per James coincidono sempre (la verità pragmatista sbeffeggiata da Russell e Ferraris), per Peirce coincidono solo nell’Interpretante Logico Finale, ossia alla fine dei tempi.