In un celebre passo di Due dogmi dell’empirismo (Two Dogmas of Empiricism), Quine descrive così le nostre conoscenze:
Tutte le nostre cosiddette conoscenze o convinzioni, dalle più fortuite questioni di geografia e di storia alle leggi più profonde della fisica atomica o financo della matematica pura e della logica, tutto è un edificio fatto dall’uomo che tocca l’esperienza solo lungo i suoi margini. O, per mutare immagine, la scienza nella sua globalità è come un campo di forza i cui punti limite sono l’esperienza. […] Ma l’intero campo è determinato dai suoi punti limite, cioè l’esperienza, in modo così vago che rimane sempre una notevole libertà di scelta per decidere quali siano le proposizioni di cui si debba dare una nuova valutazione alla luce di una certa particolare esperienza contraria. Una esperienza particolare non è mai vincolata a nessuna proposizione particolare all’interno del campo tranne che indirettamente, per delle esigenze di equilibrio che interessano il campo nella sua globalità.
The totality of our so-called knowledge or beliefs, from the most casual matters of geography and history to the profoundest laws of atomic physics or even of pure mathematics and logic, is a man-made fabric which impinges on experience only along the edges. Or, to change the figure, total science is like a field of force whose boundary conditions are experience. […] But the total field is so undetermined by its boundary conditions, experience, that there is much latitude of choice as to what statements to re-evaluate in the light of any single contrary experience. No particular experiences are linked with any particular statements in the interior of the field, except indirectly through considerations of equilibrium affecting the field as a whole.
Le nostre conoscenze sono una costruzione umana, ma non una libera costruzione, o almeno non assolutamente libera: ci sono dei vincoli, ma questi sono vaghi e, soprattutto, non riguardano un singolo aspetto, ma l’intero campo nella sua globalit
Credo che, per quanto corretta, questa non sia una buona descrizione della conoscenza in generale: la vaghezza a volte può essere molto netta e il legame tra conoscenza e esperienza diretto.
Credo tuttavia che questa sia una ottima descrizione del rapporto tra leggi giuridiche e mondo: il mondo degli oggetti sociali giuridici è una costruzione umana che tocca il mondo fisico (e sociale non giuridico) solo lungo i suoi margini. Con buona pace delle leggi naturali concepite come fondamento delle leggi positive.
Chi ha cominciato con Quine, tu o hronir? 😉
Quando giudichi diretto il legame fra conoscenza ed esperienza, stai semplicemente “dando per scontato” molte condizioni al contorno. La differenza fra il legame conoscenza-esperienza che c’è, da una parte, in alcune affermazioni “quotidiane” che riguardano tavoli e mele, e, dall’altra, in affermazioni giuridiche che riguardano leggi e precetti, è solo di grado. Una differenza di grado notevolissima, sia chiaro, ma non “essenzialmente” diversa.
Semplicemente nel primo caso ti muovi molto “vicino al bordo”, nell’altro sei ben all’interno.
Eh eh eh, Marco… 🙂
@Marco Ferrari: Ha iniziato lui!
A furia di leggere i suoi elogi di Quine questa mattina, mentre leggevo H. Hart sul diritto naturale, mi è venuto in mente il brano che ho citato.
@hronir: Infatti ho scritto che quella di Quine è una descrizione corretta. Non è una buona descrizione in quanto sottolineando la convenzionalità di tutte le conoscenze lascia aperta la porta alla più sfrenata ermeneutica. Certo, sottolineando che muovendosi sul bordo i vincoli sono molto marcati, si rimedia.
Capisco benissimo la tua preoccupazione, Ivo.
E avevo notato quel “corretta”, ma concedimi che c’è del paradosso, se non addirittura una contraddizione, col successivo negare che sia una “buona descrizione”. Una descrizione corretta è gioco forza una buona descrizione: se poi c’è gente in giro che (fa finta di) non capi[r|sc]e… 😉
@hronir: «Venti persone che, in mutande, corrono dietro a una palla.»
È una descrizione corretta di una partita di calcio? Sì.
È una buona descrizione di una partita di calcio? No.
Ok, ok, capito il senso.
Ma allora ho qualche perplessità sul fatto che quella di Quine non sia anche una buona descrizione… ma forse dipende dal contesto: in alcuni casi anche il tuo esempio potrebbe costituire una buona descrizione di una partita di calcio. 🙂
@hronir: Certo che dipende dal contesto – sempre che ci si trovi lontano dal bordo dell’esperienza 😉
Evidentemente il tuo contesto è pieno di metafisici ed ermeneutici, quello di Quine era pieno di positivisti <joke>(nel senso che i metafisici non li
cagavaconsiderava nemmeno! 🙂 </joke>@hronir: Sarei curioso di sapere, tra positivisti e ermeneuti chi, oggi, legge di più Quine…
Mi par di capire che Quine ormai non lo legga (piu’) nessuno… Sai che Quidditates e’ fuori catalogo? Non riesco a trovarlo nemmeno al libraccio… 🙁
@hronir: Ma perché lo leggono in lingua originale, è ovvio!