Nondimeno, nel caso delle dispute e delle violenze che contrappongono Islam e Occidente, non siamo di fronte a uno scontro di civiltà, bensì a uno scontro di intolleranze.
Eppure, c’è un modo per convivere in un mondo vieppiù intollerante: potremmo partire dall’assunto che la dignità umana è troppo grande per essere costretta in un’unica cultura.
Ramin Jahanbegloo, Una via d’uscita dall’apocalisse, please.
Non trovi tutti questi suggerimenti terribilmente ridicoli?
“…potremmo partire dall’assunto che la dignità umana è troppo grande per essere costretta in un’unica cultura.”
Non potrebbe essere che, oltre ad una costrizione della dignità umana, l’obbiettivo di un’unica cultura, quella del più forte, a cui sembra mirare l’intolleranza, possa essere anche un rischio per l’evoluzione culturale della specie umana e per la sua stessa soppavvivenza così come si è andata strutturando in tempi millenari?
Se il meccanismo e il sistema integrato della biodiversità sono state una condizio sine qua non per raggiungere e mantenere un equilibrio evolutivo dinamico, e non certo casuale (in senso scientifico e non metafisico), nel mondo della natura, perché lo stesso meccanismo non potrebbe aver funzionato nella diversificazione culturale (che sempre bio è) connotata in giro per il mondo da differenti situazioni ambientali ed esistenziali ma che, al momento del contatto, senza nulla perdere ciascuna della propria sostanziale specificità, come il passato chiaramente ci racconta ( tolleranza permettendo, ovviamente) ha consentito, e ancora lo dovrebbe, quei misteriosi e vivificanti feed-back tra culture che, pur nella contingente e peculiare diversità, ne testimoniano la sostanziale appartenenza ad una stessa radice?
Ciao. Neva