Libertà. Il termine ha tre significati fondamentali, corrispondenti a tre concezioni che si sono intersecate nel corso della sua storia e che possono essere caratterizzate nel modo seguente: 1° la concezione della L. come autodeterminazione o autocausalità, secondo la quale la L. è assenza di condizioni e di limiti; 2° la concezione della L. come necessità, che si fonda sullo stesso concetto della precedente, cioè su quello di autodeterminazione, ma attribuisce l’autodeterminazione stessa alla totalità (Mondo, Sostanza, Stato); 3° la concezione della L. come possibilità o scelta, secondo la quale la L. è limitata e condizionata, cioè finita.
Così Nicola Abbagnano nel suo fondamentale Dizionario di Filosofia.
Cosa si può dire di queste tre concezioni di libertà?
L’assenza totale di limiti non è una libertà dell’uomo: privo di condizioni è solo l’animale, che non conosce i propri limiti, e Dio, che per definizione supera ogni limite.
La necessità della totalità, ancora una volta, non è libertà per l’uomo: solo Dio può conoscere il tutto, e un uomo che cercasse di sostituirsi, anche solo in politica, a Dio non potrebbe fare altro che danni.
Rimane la libertà come scelta: la possibilità, finita, di scegliere.
Ma come mai, per Abbagnano, la scelta riguarda soltanto la terza concezione di libertà?
Escludere la seconda è, tutto sommato, comprensibile: affermare “l’Assoluto sceglie” o “la Sostanza sceglie” ricorda molto “l’Assoluto è dormiente” con cui i neopositivisti si prendevano gioco degli idealisti. Ma in base a quale principio si esclude la scelta dalla prima concezione, quella di libertà come assenza di condizioni?
La scelta, evidentemente, non è e non può essere assoluta: non è possibile scegliere se non di fronte ad un insieme finito e determinato di alternative.
“Quale strada prendere” è una decisione che ha senso solo se ci sono almeno due strade: se ce n’è soltanto una o, peggio, nessuna non è evidentemente possibile scegliere, non ha senso scegliere.
Se non si può fare altro che seguire l’unico percorso possibile, oppure se tutte le direzioni sono equivalenti perché non ci sono punti di riferimento, come è possibile scegliere?
Le metafore sono pericolose, eppure questa immagine della strada è affascinante, e invita a sviluppare maggiormente il paragone: il bivio, o in generale la presenza di più strade, è la libertà come scelta; il deserto, cioè l’assenza di ogni strada, è la libertà come assenza totale di limiti; infine la strada unica è la libertà come necessità.
Ecco un metodo per comprendere che tipo di libertà si va predicando, o attuando: se si ha a che fare con pensieri, o persone, liberali, libertari oppure totalitari.
Se si cerca di costruire più strade possibili, il più sicure ed agevoli possibile, con ottime indicazioni e varie possibilità, perché no?, di tornare indietro, si è liberali: la libertà è poter scegliere.
Se si cerca di abbattere tutte le strade e distruggere tutti i punti di riferimento, è un libertario: la liberà è l’assenza di limiti o vincoli.
Se si cerca di costruire una unica strada priva di indicazioni si è totalitari: la libertà è la necessità.
Le metafore sono pericolose, spesso complicate o inutili: non è semplice comprendere a quale di questi tre modelli si avvicina una determinata politica, ma la speranza è che questa metafora riesca ad essere almeno un suggerimento.