Breve riassunto dei fatti, a beneficio di quei pochi che leggeranno questo testo tra qualche settimana, quando tutta la questione si sarà, finalmente, sgonfiata.
Durante la finale dei mondiali di calcio, disputata da Italia e Francia, quando mancano pochi minuti alla fine dei tempi supplementari, il difensore italiano Marco “Matrix” Materazzi dice qualcosa, verosimilmente degli insulti, all’attaccante francese Zinédine “Zizou” Zidane e quest’ultimo reagisce colpendo il primo con una violenta testata.
L’arbitro non ha visto ma, una volta informato sembra da un assistente, espelle il calciatore francese.
Sui risvolti sportivi della vicenda non ho molto da dire: nella assoluta ignoranza delle usanze e dei regolamenti calcistici, mi astengo da qualsiasi opinione.
Sugli aspetti non sportivi, invece, si possono fare un paio di osservazioni interessanti.
Non si sa ancora, nonostante siano passati alcuni giorni dalla partita, cosa abbia detto Materazzi a Zidane. Sicuramente degli insulti, ma quali di preciso non è dato sapere.
I giornali, manifestando quella che si potrebbe definire una pericolosa tendenza relativista e postmoderna, si divertono a fornire ipotesi, tutto sommato incuranti della realtà dei fatti. Non importa sapere cosa ha veramente detto Materazzi, è invece interessante scoprire cosa avrebbe potuto dire di divertente, di interessante, di razzista, di maleducato e così via.
Un interessante esempio, di un blogger anonimamente citato dal corriere, per comprendere quanto surreale stia diventando il dibattito è questo:
Guarda Zizou che quando Sartre propone di restaurare la dialettizzazione intersoggettiva resuscitando la libertà che, pur non essendo mai scomparsa come condizione dell’agire individuale, è divenuta il modo nel quale l’uomo alienato deve vivere a perpetuità il suo carcere e finalmente la sola maniera che egli abbia di scoprire la necessità delle sue alienazioni e delle sue impotenze, secondo me non ha capito una mazza
La seconda osservazione riguarda la differenza tra parola e azione o, per dirla alla francese, tra mot (parola) e chose (cosa). Materazzi ha parlato: per quanto offensivo e pesante possa essere stato, non è stato espulso. Zidane invece ha agito ed è stato espulso.
Alla parola non viene riconosciuto alcun potere, e quindi non è necessario alcun controllo. A meno che non si abbia a che fare con il razzismo: in quel caso anche le parole sono pericolose e da censurare.
Infine, due parole su quanti, e purtroppo non sono pochi, hanno visto nella finale dei mondiali lo scontro tra una squadra europea e cristiana, l’Italia, e una squadra piena di negri, comunisti e musulmani, la Francia.
Se vogliamo affidare lo scontro di civiltà a Zidane e Materazzi, a preoccupare non è più lo scontro, ma il concetto stesso di civiltà.