La casa editrice Laterza ha lanciato un appello a favore della libertà di stampa, con riferimento al contestato disegno di legge 1425 sule intercettazioni telefoniche.
Così si conclude l’appello:
Ancor più grave sarebbe poi l’effetto sulla società civile. Come chiarito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, la cronaca giudiziaria è essenziale in democrazia per consentire ai cittadini di verificare il corretto funzionamento della macchina della giustizia. Privati delle informazioni necessarie non potrebbero formarsi una opinione equilibrata sulla legittimità delle azioni intraprese dalla magistratura, come invece nei recenti casi sopra citati la cronaca giudiziaria ha consentito loro di fare.
È davvero essenziale, in una democrazia, poter conoscere i nomi di chi è stato condannato per un reato?
Giriamo la domanda: a caratterizzare la democrazia non è la possibilità, di tanto in tanto, di votare, ma la risoluzione dei conflitti tramite discussione. Discussione che deve essere informata: quindi sì, per una sana democrazia è essenziale avere accesso anche alla cronaca giudiziaria.
Il problema è che l’informazione non può essere valutata solo in termini di quantità, ma anche di qualità. Le intercettazioni sono un (utilissimo) metodo di indagine, ossia uno strumento per accertare quello che è un reato – è lecito un loro utilizzo per questioni che non costituiscono un reato?
Su Left Wing hanno l’audacia di parlare di anticamera del komeinismo:
Ecco a cosa ci hanno portato tanti anni di incessante martellamento politico-giornalistico su sempre nuove questioni morali: a una concezione “iraniana” del rapporto tra giustizia, politica e informazione, in cui imprecisati guardiani della moralità avrebbero addirittura il dovere di sputtanare chiunque nel corso di una privata conversazione si permetta di pronunciare parole contrarie a una presunta “etica pubblica”, i cui limiti sarebbero stabiliti, a loro insindacabile discrezione, da pubblici ministeri, giornalisti e proprietari di giornali (soprattutto).
Non è chiaro se il problema sia l’utilizzo delle intercettazioni per le indagini, la loro divulgazione per gli aspetti penalmente rilevanti o la loro divulgazione per aspetti non rilevanti penalmente ma solo moralmente; non avendo chiaro questo aspetto, non entro nei dettagli della polemica sorta tra Francesco Cundari di Left Wing e Alessandro Gilioli, giornalista e bloggher.
È comunque certo che la società civile può spesso diventare incivile, con un potere di controllo sugli individui difficilmente raggiungibile da un regime politico.
Se è relativamente facile sfuggire agli occhi della legge, i vicini di casa sono sempre lì, pronti non a denunciare azioni contrarie alle regole, ma a raccontare in giro atteggiamenti che si discostano da quella che per loro è la normalità.
Avere una (immeritata) cattiva fama potrebbe non essere un problema, ma il più delle volte è un serio ostacolo alla vita sociale.
Avere una buona reputazione potrebbe essere più importante di avere una fedina penale pulita. O di ottenere giustizia: in alcuni ordinamenti alle vittime di stupro viene garantito l’anonimato proprio perché subire una violenza sessuale è, in molti casi, un disonore, e questo trattiene molte vittime dal denunciare l’aggressione. In questo caso, con l’anonimato, si cerca di contrastare gli effetti della riprovazione sociale.
Ma non accade sempre così: in Oklahoma si è tentato di sfruttare il marchio di infamia per ostacolare il ricorso all’aborto. Una legge, per fortuna non più in vigore, prevedeva l’istituzione di una sorta di registro, liberamente consultabile via internet, delle donne che hanno abortito. Più recentemente, in Svezia si è pensato di contrastare la prostituzione con mezzi simili.
La cosiddetta società civile può svolgere la indispensabile funzione di controllo del potere politico – ma non è per questo la soluzione ai problemi di convivenza sociale.
da un pdv puramente descrittivo, il pettegolezzo l’abbiamo evoluto come arma di controllo sociale dove non c’era un’organizzazione statale con leggi indipendenti ed equidistanti. di fatto abbiamo ancora il cervello che avevamo all’inizio della nostra evoluzione sociale, quindi quest’arma continuiamo a usarla.
da un pdv normativo, che è quello che suggerisci tu alla fine, va bene: lo “sputtanamento” non è sufficiente soluzione ai problemi di convivenza, quindi serve quel sistema equidistante (sono perfettamente d’accordo, tre hurrà per il contractarianism). ma mi viene una domanda: è davvero una soluzione pensare a un sistema di leggi che arriva anche a coprire quelle situazioni che adesso risolviamo col pettegolezzo? voglio dire: è auspicabile che costruiamo una società così equa ma così pervasiva? non è meglio che certe cose siano lasciate “libere”?
Noto che i miei post, qui, riscuotono poco successo. Dovrò cambiare approccio.