Quando, tra qualche minuti, pigerò sul pulsante “Publish”, tutti potranno leggere queste parole.
Tutti. Beh, tutti quelli che possiedono un dispositivo per navigare su internet e conoscono l’italiano: diciamo qualche milione di persone. Un numero enorme. Di lettori potenziali, certo: i lettori attuali saranno qualche migliaio se va bene, qualche centinaio se va male.
Ma sono i lettori potenziali, qui, a interessarmi. Che cosa so dei possibili lettori di questo post? Nulla.
Su questa pagina potrebbe capitare un ricercatore universitario interessato all’argomento, uno studente liceale a caccia di informazioni per una ricerca o un alunno delle elementari che non sa se il futuro di pigiare è pigerò o pigierò.
Questa ignoranza può essere un problema etico.
Un piccolo aneddoto: sul mio blog scrissi un post sul rapporto tra fantasia e realtà. Dal repertorio classico delle creature fantastiche, che comprende Pegaso, gli unicorni, Sherlock Holmes e Babbo Natale, scelsi quest’ultimo: Babbo Natale. A partire da fine novembre arrivarono su quel post diversi bambini, giunti lì grazie a google. Cercavano informazioni su Babbo Natale. Volevano sapere se Babbo Natale esiste, e ad alcuni non piacque molto la mia risposta.
Non credo di aver rovinato l’infanzia a quei bambini, e la sera posso andarmene a letto con la coscienza pulita (almeno per quello).
Ma cosa dire dei bambini che hanno davvero paura che il mondo finisca nel 2012? La storia è interessante:
Daniel Loxton, direttore di Junior Skeptics, ha ricevuto la lettera di un neuropsichiatra infantile che usa le storie di Loxton e ScoobyDoo con i suoi piccoli pazienti per esorcizzare le paure (principalmente nei fantasmi, ma non solo). Il medico gli scrive: «Ultimamente sono arrivati molti bambini decisamente preoccupati per il 2012… Questi bambini mi raccontano di non riuscire a dormire per gli incubi e i loro risultati scolastici sono peggiorati.»
Il problema non riguarda, ovviamente, solo i bambini.
Sono molti gli adulti che leggono materiale medico e, per ignoranza, lo fraintendono – spesso senza gravi conseguenze, per fortuna.
Forse occorre pensare a una informazione a prova di deficiente – dove con deficiente va inteso semplicemente colui a cui manca qualcosa (io sono ad esempio deficiente su molte faccende: dallo sport alla fisica delle particelle).
Forse bisognerebbe ripensare all’educazione scolastica, i bambini devono uscire solo con nozioni o anche con metodi?
Ad esempio, se ho un buon metodo di indagine, so già che sul sito di una nota emittente televisiva italiana che produce un programma che parla di “Misteri” ci saranno informazioni di dubbia utilità.
Piuttosto cercherò prima su siti di informazione seria o almeno “scientifica” (sul 2012 mi verrebbe da pensare il cicap o il blog di Paolo Attivissimo)..
Più che fare informazione a prova di deficienti proviamo a eliminare i deficienti!
È una idea. Ma:
1)Dovremmo creare servizi che indichino la qualità del sito (presente in tv con i bollini)?
2)Dovremmo responsabilizzare i produttori di contenuti? Ok, ma se poi piazzano il server in qualche paradiso “illegale” che si fa? Si oscura?
Ciao,credo che il rapporto tra il pensiero “filosofico” e il linguaggio sia più serio di quello che si potrebbe credere facendo un uso sconsiderato del detto latino per cui la definizione delle parole (in un contesto scientifico) è libera. Se poi qui (cioè in questo blog) si vuole fare una filosofia che, in un qualche senso, sia impegnata politicamente, allora la scelta delle parole è ancora più importante. Il “politically correct” è una cattiva mediazione per una questione reale che meriterebbe un approfondimento.Per quanto sia una citazione già sentita, c’è qualcosa di giusto in ciò che Nanni Moretti diceva in Palombella Rossa, “chi parla male, pensa male”, ed è questo: che un pensiero profondo deve contrattare bene con le parole, trovare in esse la strada stretta per passare, non come una veste (concezione un po’ superficiale della retorica), ma come occasione per articolarsi meglio.Queste non sono le premesse, ma lo sfondo all’interno di cui potrei “argomentare” ciò che invece semplicemente affermo: la parola “deficiente” non va affatto bene e la (ridicola?) semantizzazione pseudoetimologica va anche peggio. Non è un problema di violenza verbale, ma di tappo: permettendosi una parola così si ha come l’occasione per permettersi di non approfondire il proprio punto là dove mostrerebbe di non essere ancora pensato bene. Tappa un buco. Un marxista direbbe: nasconde un difetto di razionalizzazione.(Lo stesso vale per “idiot friendly” che ha l’ulteriore problema stilistico di essere un barbarismo [ma questo può essere secondario] e l’ulteriore problema simbolico-culturale di dar l’idea di essere una sorta di parola tecnica, specialistica). Moderatamente schietto. Tuo R.F. PS: c’è anche una cosa curiosa nel tuo testo, tu parli di migliaia o centinaia di lettori reali. Ognuno può farsi i calcoli che vuole, sia chiaro, ma io francamente non riesco a capire da dove vengano fuori questi numeri. Il mio post sull’etica dei precetti e gli hard cases ha avuto una trentina di lettori…. un vero disastro, mi par di capire!
1)Beh, calcolando una media di circa 300 visitatori al giorno, non è mica male avere una 30 di lettori
2)Stai facendo pubblicità al sito? Pubblichi gli articoli su facebook e li mandi ai tuoi amici e conoscenti?
3)Nei forum/newsgroup fai pubblicità?
@Pietro Capriata: Un rimedio al quale avevo pensato è la scelta del linguaggio.
Goedelizziamo tutto e almeno garantiamo che le informazioni (su babbo natale e 2012) non saranno visibili ai bambini.. (magari esiste uno script su wordpress) 🙂
D’accordo Ivo, ti rispondo. Anche se mi ballonzola in testa il detto “a buon intenditor poche parole”, ti rispondo perchè sono in una situazione simile a quella del protagonista de “La finestra sul cortile”: ho il piede ingessato, ma invece che una finestra da cui osservare persone diverse in varie faccende affaccendate, ho un computer aperto su questo blog, dove l’affacendamento certo non manca. Questa premessa la esplicito per le ragioni esposte all’inizio del post “Fondazione dell’etica”, ma anche per non nascondere che il mio atteggiamento ora ha a che fare con il gioco, sebbene quel che dirò sia serio. Mi spiego meglio: io apro il blog e trovo ogni giorno uno o due (o tre!!) testi diversi, trattano delle cose più varie, dall’aborto all’uguaglianza, passando per la covarianza tra i giudizi morali e i concetti della folk psychology, Kant, Mill, gli animali, lo sport, la metaetica ecc.; nei commenti ci sono talvolta battute o simili che fanno pensare ad una familiarità tra alcuni dei partecipanti; non mancano quelle parole in azzurro che sono dei link nascosti e che ti portano alle cose più varie, dal sito di un quotidiano al sito ufficile di una modella. Di fronte a tutto questo mi sento come uno che è davanti ad uno spettacolo inaspettato e non perchè sia contro la Tecnica o contro Internet (figuriamoci), ma semplicemente perchè non ho familiarità con questo approccio a… Ad ogni modo, questa estraneità talvolta mi mette a disagio e a questo disagio tengo molto, ma non per una sorta di postura da filosofo esistenzialista (quasi fossi in ritardo con la moda filosofica), ma perchè mi porta delle idee; altre volte invece, mi diverte e partecipare mi sembra un gioco. Il mio gioco, però, non è: “troviamo la risposta a questo puzzle morale su X”, ma è: “in quale faccenda ciascuno è affaccendato?”. Allora, apro il tuo testo presente, lo leggo e poi penso: che cosa sta facendo Ivo Silvestro? Senz’altro ha una domanda che lo interessa davvero, ma qui l’ha ben nascosta, qual è? Sia chiaro, il punto non è “penetrare nella tua psiche”, mi interessa solo il tuo testo, ma in quanto ci sei implicato. Detto altrimenti: il testo non funziona, si inceppa subito, se non capisco quale sia il punto a cui aspirava, non riesco a rimetterlo in ordine. Di fronte a qualcosa che è entrato nella tua esperienza, tu ti sei detto: “che diavolo! qui c’è una questione etica e una su cui io ho da dire delle cose”, ecco quel che mi chiedo o mi sono chiesto è che cosa sia quel qualcosa. Prendere sul serio l’osservazione che ti ho fatto questa mattina, avrebbe dovuto, nella mia intenzione, portarti da queste parti. Comunque sia, esplicito un po’ di più le “poche parole” di questa mattina. Come ti avevo scritto, il problema della scelta di “deficiente” non è la violenza verbale o offesa: non è che “idiota” era peggio e “ignorante” meglio per via del loro diverso posizionarsi in una scala dell’offensività. Ciò nonostante, il ragionamento che mi hai proposto in risposta è interessante: tu hai vagliato “ignorante”; se lo avessi scelto il discorso non sarebbe migliorato non perchè è ancora offensivo, ma perchè, come dici, tutti siamo, sotto certi rispetti, ignoranti. Avresti potuto indicare uno standard di cultura rispetto a cui definire gli ignoranti? Poniamo di sì, che cosa avresti ottenuto? Una categoria astratta costruita a tavolino? Allora poniamo che a questo punto tu riconoscessi l’altra indicazione che ti ho dato, cioè il riferimento al materialismo, e cercassi di passare da simili categorizzazioni ultra-astratte a categorie concrete: allora però, tutto lo scenario ti si sarebbe trasformato tra le mani. I tuoi tre esempi, non certo citati in sequenza, ma evocati qua e là si sarebbero andati a collocare in posti molto diversi: i bambini e Babbo Natale, coloro che sono soggetti ad una paura nei confronti del 2012, coloro che leggono le avvertenze di un medicinale. Cosa sta dietro la paura del 2012, solo una cattiva informazione scientifica? Per estensione analogica: una buona cultura scientifica (con anche i metodi richiesti da Pietro) risolve tutte le fobie o una buona parte? è questo il punto? E la fobia per l’Ebola di qualche anno fa? e per l’aids di quando eravamo alle elementari (quando sembrava che sarebbe stata una nuova peste anche in Occidente)? Queste non sono obiezioni, sono questioni cui mi sembra ragionevole o necessario por mente quando si vuol commentare la frase che citi nel tuo post. Sono certo che hai già familiarizzato col nuovo taglio e quindi non occorre che io vada avanti passando ad occuparmi dell’idea stessa di “diffusione dell’informazione” che deve essere rimessa in collegamento con il problema delle condizioni e dei presupposti affinchè qualcosa come l’informare abbia gli effetti che tu hai in mente (che l’informazione sia immagazzinata, processata adeguatamente e riutilizzata al momento opportuno… tutte le prestazioni che sembrano mancare o non funzionare nel modo atteso nei fenomeni di fobia irrazionale ecc.). Un ultima cosa: è interessante che tu chiudi il tuo testo sulla questione del pericolo dell’ignoranza (e citi le avvertenze dei medicinali), ma lo hai aperto parlando di un’altra ignoranza, quella di chi, scrivendo, non sa quali lettori incontrerà. Questa seconda domanda se l’è posta anche Platone, nel Fedro, dicendo in proposito cose bellissime (e mal sintetizzate nei manuali). è un tema che, a mio parere, andrebbe ripreso senz’altro. La filosofia analitica, come tradizione, ha una sua risposta a questa domanda (pensa a tutta la retorica sulla “chiarezza”) che ti ha toccato: non è detto che sia una buona risposta. è una risposta che mira a rendere un testo capace di parlare a molti (centinaia, migliaia, milioni ….Pietro forse non ha capito la mia battuta e mi consiglia delle strategie per moltiplicare i miei lettori. Naturalmente, lo ringrazio). Ma parlare a molti è qualcosa a cui talvolta bisogna rinunciare per poter parlare a tutti. Ciao
@Riccardo Fanciullacci: Provo una risposta al lungo commento.
Potremmo ritornare In-Topic e non avventurarci in sentieri che ne escono completamente dal problema posto da Ivo?
Anche perché, effettivamente esistono molti siti di pseudo-scienza che potrebbero davvero danneggiare la vita di molte persone ( in http://medbunker.blogspot.com/ ne possiamo trovare una serie di esempi, alcuni molto eclatanti). Pensiamo ad esempio alle teorie del medico inglese Andrew
Wakefield, che sostenne la correlazione tra autismo e vaccini (e molti bambini ne morirono per queste strampalate e poco scientifiche idee).
Un sito che propone questo tipo di materiale è corresponsabile delle possibili morti che può causare?
Grazie a te Ivo per la risposta. Quanto a Pietro. Questa tua frase: “Potremmo ritornare In-Topic e non avventurarci in sentieri che ne escono
completamente dal problema posto da Ivo”, direi che c’è da rifletterci. Se vuoi fare il poliziotto del blog, allora è perfetta. Se è una sorta di dichiarazione di un tuo impegno, cioè significa: “quanto a me, io d’ora in poi cercherò di attenermi il più possibile ecc.”, allora è una faccenda tua (che può essere interessante leggere e dire in pubblico). Se c’è dell’altro, direi che è imbarazzante, visto che qui il problema era esattamente che i confini del “topic” erano mal tagliati. Questo era il punto, come Ivo ha capito bene.I problemi filosofici più grossi sono quelli accantonati da chi traccia i confini. Ma questo lo dico perchè è per me importante e non per insegnarti qualcosa… teniamoci alla larga dalla situazione due volte più imbarazzante in cui mentre tu mi insegni l’ortoprassi di questo blog, io insegno a te che cos’è la filosofia. Piuttosto, facciamoci una risata…
Ah, scusate non avevo notato che era già passato così tanto tempo dal commento precedente il mio. Ho finito involontariamente per ritirare fuori una questione che l’ordine delle cose aveva già sepolto. Mi dispiace, tanto più che, se anche volessi, non potrei contro-replicare prima di sette giorni, data in cui non saprò neppure più ritrovare questa discussione. Ciao
Salve.
Questa vorrebbe essere una critica limitata alle opinioni espresse da Ivo Silvestro, ma poiché ad esse ha correlato un comportamento, essa diventa inevitabilmente una critica anche alla
persona e ciò può ferire. La propongo egualmente perché penso che sia preferibile difendere i piccoli che non i grandi, che possono farlo da soli..
Egli ha dunque spiattellato davanti a qualche bambino la cruda verità: Babbo Natale non esiste. Non potendo essere suo scopo quello di nuocere, l’ha fatto forse immaginando che la verità in sé non nuoccia, che anche ai bambini debba comunque essere svelata in quanto, alla fine, è preferibile alla bugia. D’altra parte esiste un versante dell’esistenza (e dell’Esistente) in cui la questione “verità” non si pone. Ad es. in psicoterapia non ci si cura della verità del racconto che tessiamo insieme al paziente a fini di ristrutturarne la costellazione psicoemotiva: conta solo l’efficacia. Nient’altro. Là non ci sono verità o menzogne: c’è un racconto che deve risanare e rivitalizzare, se ci riesce. Che sia vero o falso è irrilevante. .Ora, poiché BN (pur se in cento versioni e forme) è presente in moltissime culture, è lecito almeno sospettare che la sua esistenza si debba ad un intuizione degli adulti che in tal modo hanno dato risposta ad una richiesta-bisogno forse universale dell’età infantile.
Risposta mitica ad esigenze di integrazione, maturazione, rassicurazione o chissà di quale altro genere, presenti in età evolutiva. Insomma una sorta di psicoterapia preventiva a fini di svezzamento psicologico.In questo senso, stabilire se BN esista o meno è come questionare sull’esistenza “vera” di tutti i personaggi e le
entità del Mito. Mito che accompagna l’umanità adulta da sempre, con cento finalità. Perché non dovrebbe farlo anche con l’umanità bambina?
La resistenza che i piccoli oppongono alla lacerazione dell’incantesimo è fortissima. Di fatto (e lo capiamo benissimo) ogni loro richiesta sul tema è una domanda retorica: vogliono, esigono di venir rassicurati sull’esistenza di BN (o dei suoi omologhi). Non raramente, di fronte alla verità scoppiano in pianto. E’ una verità cruda …o crudele? Cosa guadagna un bambino da quella verità e cosa invece perde? Si sa che BN porta i doni solo ai bambini buoni.
Li porta a lui, a loro, a te …ma anche a me! Anch’io dunque sono buono! Il che vuol dire ( e questo è ovvio): il mondo mi giudica buono, dunque mi valuta, dunque mi accetta per quello che sono. Il mondo mi accoglie comunque. Questo non è importante? La genitorializzazione di BN viene in ogni caso a suo tempo, da sola, come esito (e concausa) del processo di maturazione.
Il danno dello smascheramento precoce non è forse così grave. Tuttavia l’azione rimanda e si riallaccia – absit injuria verbis – all’insolente tracotanza, all’altezzosa superbia con la quale i civilizzati umiliarono e distrussero l’universo totemico e i Miti delle comunità tradizionali esercitando una violenza psichica che forse poté più di quella fisica. Ciò nella presunzione di aver superato l’età del Mito e di esserne …al di là. E’ troppo qualificare questa hybris come ideologia della verità scientifica, Mito fondante della società
occidentale, Vitello d’oro del materialismo scientifico, e financo totem del realismo ingenuo?
Non basta. Dire che BN non esiste vuol forse comportare che esista solamente ciò che si può toccare con le mani, percepire con i sensi? Ciò che si può misurare e pesare? Chiedo: i sogni esistono? Il denaro esiste? Qual è l’odore della gelosia? Quanto pesa un metrocubo di futuro? I progetti, le rimembranze, gli incubi, le immagini della mente esistono? Cosa significa “esistere” per il e nel mondo della psiche? C’è in essa qualcosa di più solido di Babbo Natale, qualcosa che “materialmente” lo distingua da questo fantasma?
Le devastazioni operate sull’intero pianeta dall’Occidente sono senza numero e forse ormai senza rimedio. E’ bene essere prudenti e circospetti almeno davanti alle nuove creature qui presenti, che beneficino dell’incantesimo di cui hanno bisogno, finché può durare. Il disinganno li attende, immancabile. Non c’è ragione di anticiparne l’avvento. Il lascito della beatitudine infantile può riscaldare una vita.
Basta devastazioni.Chiedo venia d’eventuali refusi e ringrazio per l’ospitalità.
Rino Della Vecchia