Sto leggendo News: Le notizie: istruzioni per l’uso di Alain de Botton.
Finora, il mio giudizio è riassumibile nel classico “è bravo ma non si applica”, anche se vista la quantità di libri che l’autore svizzero sforna probabilmente è più corretto il contrario, “si applica ma proprio non ce la fa”.
Nel libro ci sono alcune buone intuizioni sul mondo dell’informazione. Nulla di nuovo per chi conosca un po’ il tema, ma comunque intuizioni interessanti e esposte in maniera molto accattivante.
Il problema è come queste intuizioni vengono sviluppate da de Botton che dimostra una ossessione per l’idea che il giornalismo debba contribuire alla prosperità (flourishing) dell’umanità.
De Botton arriva ad esempio ad affermare che i giornalisti possono, se non devono, falsificare le notizie per raggiungere quello che è un fine superiore all’accuratezza dell’informazione: trasmettere al pubblico distratto le idee importanti.
In questo contesto – insostenibile per chiunque abbia la pazienza di chiedersi quale sia il significato di “prosperità” e di “idee importanti” – de Botton inserisce un elogio dei bias (termine che in italiano potremmo tradurre con inclinazione o distorsione) che tutto sommato mi piace:
The opposite of facts is bias. Yet we should perhaps be more generous towards bias. In its pure form, a bias simply indicates a method of evaluating events that is guided by a coherent underlying thesis about human functioning and flourishing.
Tralasciando la “coherent underlying thesis about human functioning and flourishing”, preferisco questo elogio dei bias a certi elogi dei fatti.
Pollice verso. I giornalisti (molti di loro, per fortuna non tutti) hanno una enorme responsabilità per l’ignoranza e la disinformazione dilagante. La distorsione sistematica, quando non la deliberata falsificazione della realtà, fanno danni colossali (vedi Stamina, tanto per fare un esempio).
Sul bias pure non mi trovo d’accordo. Questo peloso ed interessato sostegno alle distorsioni fa parte di un malcelato senso di impunità del giornalista, che usa come corazza invulnerabile la ‘libertà di stampa’ o ancor peggio la ‘libertà di opinione’.
Rafforza la mia già solida convinzione che la maggior parte dei giornalisti sarebbe più utilmente impiegata in operazioni di disincrostazione dei servizi igienici pubblici.
Credo di farti cosa gradita, visto anche l’argomento del post, segnalandoti questa recensione d’un libro di Giuseppe Longo e Andrea Vaccaro:
Bit Bang
Presumo troverai interessante sia la recensione, che l’argomento del libro, nonché il blog che lo contiene.
Il suo autore – Diego – è veramente persona colta, sensibile e intellettualmente stimolante oltre che molto gentile e disponibile.
Non esagerare, caro Lector…
viva la sincerità.
Questa fa il paio con le parole di una insegnante incontrata nei meandri della Rete:
«[scopo dei nostri sforzi] è quello di costruire cittadini, in grado di leggere il mondo e discernere le cose giuste dalle sbagliate. Magari anche un po’ di aritmetica, algebra e geometria, se proprio devo mirare alto»
Evidentemente i preti non sono abbastanza.
@Dave Bowman: Sì, i giornalisti hanno molte responsabilità. E in genere si giustificano appellandosi ai fatti, non alla legittimità di un bias, qui inteso più come “punto di vista” che come “pregiudizio” o “falsificazione”.
L’appello all’oggettività dei fatti secondo me fa più danni di uno smaliziato appello alle interpretazioni…
@lector: Grazie per la segnalazione. Un po’ ti odio, con tutti i post da leggere che rimangono
@marcoz: Ma senza aritmetica, algebra e geometria come discernono le cose giuste da quelle sbagliate?