Apprendo da formamentis di un notevole dibattito tra Emanuele Severino e Marco Pannella sulla pena di morte, in generale, e sull’esecuzione di Saddam Hussein in particolare.
Emanuele Severino è un filosofo e, da buon filosofo, «parla sempre di un altrove». Eppure nel dibattito, per quanto è lecito giudicare da un resoconto, sempre essere immensamente più pragmatico di Pannella. Se è lecito riassumere un riassunto, direi che quando Pannella parla di giustizia, Severino ribatte che la giustizia non esiste, esiste soltanto il giudizio della storia, e non è detto che questo giudizio si rivelerà, alla fine, contrario all’esecuzione del dittatore.
Chi parla qui di un altrove, Pannella o Severino? In altre parole, decisamente più filosofiche, il mondo è cosmo o caos?
Una delle migliori analisi sull’esecuzione di Saddam la propone Cantor: «un fallimento dell’Occidente sul cammino verso la diffusione delle democrazie, della libertà e della pacificazione del pianeta».
Il mondo è quindi caos. Pannella ci parla dunque di qualcosa che non esiste e non può esistere. Più che un relativista, come pare si sia definito, Pannella è un idealista. E Severino, ma non è una sorpresa curiosamente, un nichilista.
Beh, sai, a dare del nichilista a Severino 🙂 Diciamo che lui riconosce come nichilismo non tanto l’assenza di principi morali (che non possono che essere sempre relativi), quanto la tendenza a considerare il niente un qualcosa che esiste, ma questo lo saprai pure tu
Caspita, ora sono in debito. Compito difficile perchè è verso un filosofo. Mi devo impegnare!
Ciao.
La connotazione di “nichilista”, riferita a Severino, è quanto di più lontano dal vero si possa asserire, poiché “nichilista” è appunto l’intera cultura occidentale la quale si struttura, in ogni suo aspetto, sulla convinzione che il nulla è lo sfondo dal quale tutto proviene e verso il quale tutto ritorna : al contrario, il discorso di Severino indica che OGNI aspetto della realtà è eterno, dunque non soggetto a quel nulla la cui pervasiva presenza connota come nichilista la cultura occidentale, NON il pensiero filosofico severiniano.
Cordiali saluti,
Roberto Fiaschi
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Diciamo che Severino è nichilista nel senso che espone il punto di vista del nichilismo, prendendo atto del nichilismo imperante nell’era della tecnica.
inoltre va considerato il modo complesso con cui Severino si apprroccia al nichilismo. Sia con Nietzsche che con Leopardi prima legge il mondo alla luce del loro pensiero,poi dichiara in ultima istanza la contraddizione dei pensieri che prende in analisi, seguendo il leitmotiv Parmenideo. Non ha mai propriamente parlato solo del suo pensiero; esso è il precetto veritativo col quale trae conclusioni. Il resto è teoresi e una serie di ammessi-non-concessi.
Per SIMONFRANCESCO.
Leopardi e Nietzsche rappresentano la coerenza estrema ed esplicita di quel pensiero occidentale del quale Severino tratta nei suoi scritti.
“Coerenza estrema” nel senso che entrambi portano alla luce la necessità della distruzione di ogni immutabile richiesta dal senso greco-occidentale del divenire; non mi è chiaro però quali sarebbero quegli “ammessi-non-concessi” di cui accenni sopra, grazie.
Roberto
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Bene. Tale “coerenza” è affrontata teoreticamente, più che criticamente, mi pare ben chiaro. E’ in ciò risiederebbe l'”ammesso”. Tant’è che sia con il “coro dei morti” (per Leopardi) sia con i vari scritti di Nietzsche ( vedi ne “l’anello del ritorno”) il nostro Severino prende in esame scorci che altrimenti parrebbero quasi “criptici” con il rigore della comprensione e dela ridefinizione che la filosofia richiede nel suo esaminare.
Il “non concesso” sta proprio in ciò che Lei dice giustamente: “Leopardi e Nietzsche rappresentano la coerenza estrema ed esplicita di quel pensiero occidentale del quale Severino tratta nei suoi scritti”. Ebbene Severino, in ultima istanza, in quella coerenza vede comunque la “Follia” dell’Occidente, esposto nella maniera più alta.Egli tratta Leopardi e Nietzsche, ma li vede dal punto di vista della solidità infrangibile dell’Essere. Leopardi è persuaso invece che le cose provengano dal nulla e vi ritornino. L’essere è così quel qualcosa che può non essere. Ecco che Severino “non concede”.
Sempre disponibile ad altri spunti, a presto Roberto.
Simonfrancesco Di Rupo
Ad ogni modo, per entrare in merito anche sugli interventi precedenti, ha ragione Roberto quando allontana il termine “nichilista” da Severino.
Egli si è addentrato nel nichilismo per poterne osservare le strutture ontologiche, con chirurgia teoretica. Dunque dare a Severino del nichilista è come dare del malato ai polmoni a un chirurgo forte e sano.
Simonfrancesco Di Rupo
Il paragone tra filosofo e medico mi convince poco: non conosco a fondo le opere di Severino, ma non mi sembra che abbia lo scopo di “curare” il nichilismo (l’analisi critica è un’altra cosa).
Ad ogni modo, ho corretto la battutina conclusiva dell’articolo: curiosamente Severino appare (nel suo pragmatismo) nichilista.
Non credevo che il filosofo bresciano avesse così tanti estimatori e conoscitori… 😉
Declamare l’eternità dell’essere è pragmatista?
Dire che la storia dell’occidente è storia del nichilismo e voler perciò “ritornare a Parmenide” è nichilista?
MI scusi, Ivo, ma forse non ci comprendiamo in materia o Severino le è ancora distante d’un passo
Severino mi è sicuramente distante, e ben più di un passo. Anche solo per banali questioni biografiche: quando sono nato Severino aveva quasi 50 anni, difficile che lo abbia già raggiunto.
Scherzi a parte, il mio non è un giudizio sul pensiero di Severino, sui suoi vari libri eccetera. Semplicemente, e penso si capisca bene leggendo il testo, un commento ad alcune sue riflessioni particolari e circoscritte, su un tema politico molto particolare: l’esecuzione di Saddam Hussein. L’eternità e la storia dell’Occidente, qui, contano poco. Da quel che ho avuto modo di capire, nel dibattito Severino ha detto che la giustizia non esiste, esiste il giudizio della storia, giudizio post hoc, pare di capire.
Negare l’esistenza della giustizia, a me, sembra una affermazione nichilista.
Scusi Ivo la pedante puntualizzazione era solo circoscritta al pensiero di Severino relativamente ai suoi scritti e da ciò che in essi traspare. Le sue dichiarazioni in merito alla giustizia sono di fatto un altro bel problema. Ma, sa, chi s’inabissa nell’ontologia fondamentale corre sempre il rischio di “staccare i piedi da terra”…
Per Simonfrancesco.
Ciao,
una precisazione: con “coerenza estrema” intendevo riferirmi alla coerenza con la quale LEOPARDI e NIETZSCHE hanno portato alla piena luce l’impossibilità di ogni immutabile.
Preciso questo poiché mi è parso che tu abbia inteso ( ma probabilmente sbaglio ) che tale coerenza io l’avessi riferita a Severino.
Quanto al tuo “non concesso” circa l’argomentazione severiniana, e cioè l’argomentazione che “Leopardi e Nietzsche rappresentano la coerenza estrema ed esplicita di quel pensiero occidentale del quale S. tratta nei suoi scritti”, se è QUESTA affermazione ad essere il “non concesso”, come mi pare che tu abbia scritto,ebbene io penso non possano esservi dubbi sul fatto che L. e N. siano le punte di diamante del processo dissolutivo di qualsiasi struttura o essenza immutabile e divina che vogliano controllare, contenere la libera flussione del divenire.
Dici poi giustamente che Severino “tratta L. e N. dal punto di vista della solidità dell’essere”: certamente, ma non capisco laddove tu concludi “ecco che Severino non concede”.
Io direi piuttosto che a non concedere sia l’impossibilità che un essente sia altro da sé, impossibilità che connota come follia il ritenere evidente questa impossibilità, “evidenza” nella e sulla quale tutto il pensiero comune, filosofico, religioso e scientifico costruisce l’immensa cattedrale occidentale nella quale tutti noi abitiamo.
Comunue sì, sono da tempo un grande appassionato e cultore del pensiero severiniano 🙂
Cordialissimi saluti a tutti e buona domenica 🙂
Roberto fiaschi
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Bene Roberto,
Leopardi va ritenuto un dissolutore degli immutabili, forse colui che si è espresso nella guisa più elevata.
Ma l’essere di Severino non è di certo un “mutabile”…la verità dell’essere di Severino è un non-concedere, in ultima istanza, la possibilità di essere dissolto, né da Leopardi né da Nietzsche, né tantomeno dalle forme “immutabili” precedenti a loro, e da loro “dissolte”. Ritornare a Parmenide – mi si perdoni l’appunto nel caso commettessi un’inesattezza – è di fatto una difesa di un immutabile, del tutto più solido degli immutabili proposti o dissolti sino ad ora.
Chiederò aiuto per questa discussione ad un esperto.
Ciao :
se si concedesse all’essere la possibilità di venir “dissolto”, dovremmo conseguentemente concedere che un cerchio sia quadrato; ritieni questo di poterlo acconsentire?
Penso davvero di no.
Il problema non è se Severino, io, te o qualcuno di noi possa “concedere” qualcosa di simile: il problema è piuttosto se possa darsi ed affermarsi un qualunque soggetto smentito dal suo predicato, nel momento stesso in cui lo si afferma.
Mi spiego meglio.
E’ possibile, ad esempio, affermare e ritenere esistente che A è non-A ?
Cioè, può un qualsiasi essente convivere con la propria smentita?
Può un cerchio esser quadrato o uno-stare-in piedi esser uno-star-seduti?
Quel che tu chiami “la difesa di un immutabile” è in realtà l’affermazione dell’impossibilità della contraddizione.
Sostenere pertanto la mutabilità, la dissolubilità dell’essente ( qualunque esso sia ) significa acconsentire alla contraddizione di esser reale, cioè significa, daccapo, acconsentire che un cerchio sia quadrato, cioè che il predicato conviva col soggetto smentendolo al tempo stesso: significa, in poche parole, ammettere l’assurdo…
Ciao e grazie,
roberto.
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Mi sembra di essere stato sufficientemente chiaro nel circoscrivere quel “concedere” alla lettura che egli fa di Nietzsche e Leopardi e quindi sulla tecnica fraseologica con cui intercede nelle citazioni dei suddetti.
Mai parlato di concedere che l’essere non sia. IL nucleo del mio intervento, o meglio del mio spunto – del mio invito – era cercare di pensare il rapporto cheil Nostro ha con ciò che chiama Follìa. Perchè anche Nietzsche e Leopardi vi rientrano? Per l’ennesima volta: questo è l’ambito in cui mi sono permesso di utilizzare duentermini non severiniani. Si può esaminare esteticamente uno scritto teoretico? Credo proprio di sì. Può farci scoprire sempre di più, può metterci in movimento con il pensiero dell’Autore.
Una lettura di Severino, non solo un’estrazione di concetti; la quale forse, può essere spunto di riflessioni e opinioni.
Il fondamento teoretico di Severino, l’Aletheia di Severino, è invece il presupposto di questa discussione (benchè mi sembra ottimamente riesposto nel tuo ultimo intervento), e perciò, inconcusso.E fermo.
“al tempo stesso”
Credo che la chiave di una possibile critica a Severino sia proprio questa: il tempo passa (e in modo non continuo, aggiungerei), quindi le “ontraddizioni” in realtà non sno tali. Un cerchio può diventare quadrato, uno stare-in-piedi può diventare stare seduto, e l’essente può diventare non-essente.