Commentando su Facebook l’articolo precedente su Gabriella Mereu, qualcuno ha lamentato la mancanza di una “comprensione anche solo intuitiva del metodo scientifico”.
Dissento. O meglio, in generale non dissento affatto: indubbiamente la conoscenza dei metodi utilizzati nelle varie discipline scientifiche, dalla fisica alla psicologia, è cosa buona e giusta.
Da notare, nella frase precedente, la lunga perifrasi di “metodo scientifico”, perché non credo che esista una cosa come “il metodo scientifico”, è un’astrazione da filosofi visto che ogni disciplina, studiando cose diverse sotto prospettive diverse, ha anche i propri metodi. Ma questo è un altro discorso che non ha a che fare con il mio dissenso.
Il fatto è che i problemi legati alla popolarità di Gabriella Mereu e dei suoi trattamenti non è questione di metodo scientifico, e anzi temo che iniziare a parlare, ad esempio, di esperimento in doppio cieco serva solo a rinsaldare le convinzioni dei sostenitori di questa pseudomedicina – che parleranno, ad esempio, di truffa – e ad annoiare gli indecisi.
E questo perché la giustificazione di queste pratiche solo in casi particolari sta nello spazio della scienza. Per il resto, vive “in una situazione epistemologicamente diversa” (la citazione è della stessa Gabriella Mereu), e parlare di scienza e di metodo scientifico è tanto utile quanto parlare in tedesco a uno che ha giusto sentito un paio di volte “Eins, Zwei, Polizei”.
Parlerò pro domo mea, ma piuttosto della scienza, meglio un po’ di filosofia.
Meglio un po’ di regole sul buon ragionamento – magari evitando gli elenchi di fallacie logiche, simpatici ma neppure troppo – e sul significato di “epistemologicamente diverso”.