Per scrivere fiabe bisogna aver coraggio: per narrare una storia semplice, lineare e col lieto fine occorre essere abili, altrimenti si è noiosi. Molto meglio scrivere storie intricate, piene di colpi di scena: anche se si è narratori mediocri, un colpo di scena risolve sempre tutto.
Ovviamente, il colpo di scena dozzinale, inserito a mo’ di pezza per nascondere una storia scialba, è ben diverso dal buon colpo di scena. Quest’ultimo deve giungere inaspettato e deve far riflettere.
La soluzione di un mistero non sarà mai un colpo di scena, perché la soluzione di un mistero è attesa: si sa che, prima della fine, il mistero verrà svelato (è possibile giocare con questa attesa, e si ha la suspence, ma è una cosa radicalmente diversa dal colpo di scena).
Un colpo di scena non può quindi essere suggerito dalla storia, ma non deve neppure inserirsi come corpo estraneo. Se nel bel mezzo della storia un terremoto uccidesse tutti i protagonisti, il cataclisma, per quanto inaspettato, non sarebbe un colpo di scena.
Il colpo di scena deve anche far riflettere: deve provocare una rilettura degli eventi narrati fino a quel momento. La storia aveva un senso, i personaggi agivano per determinati motivi e miravano ad un determinato scopo; poi il colpo di scena: la storia adesso ha un senso diverso, i personaggi cambiano ruolo, i motivi sono diversi.
Si scopre così che il barista in realtà è un agente segreto, e si è invitati, per non dire costretti, a rileggere gli eventi precedenti alla luce di questa rivelazione: non era per semplice curiosità che poneva quelle domande, e non seguiva la ragazza perché innamorato.
Si possono intravedere alcune assonanze tra la ricerca filosofica e i colpi di scena.
La riflessione filosofica giunge inaspettata, non è mai prevedibile, e difficilmente è annunciata. E soprattutto costituisce una piccola rivoluzione: una riflessione filosofica implica necessariamente un nuovo punto di vista.