Supponiamo che l’Homo erectus esista ancora ai nostri giorni. Meriterebbe lo stesso rispetto dovuto all’Homo sapiens? Dovremmo comportarci con loro come facciamo con gli scimpanzé?
Questa curiosa, e intrigante, domanda è stata posta a AskPhilosophers.
La risposta di Marc Lange è ineccepibile:
Non sono così sicuro che *dobbiamo* comportarci con gli scimpanzé come *effettivamente* ci comportiamo!
Comunque, come dovremmo comportarci con gli scimpanzé dovremmo presumibilmente comportarci anche con esemplari di Homo erectus (se questi esistessero ancora). Probabilmente scimpanzè e Homo erectus possiedono in egual misura le stesse caratteristiche importanti per il rispetto morale, come la capacità di provare dolore, la capacità di pensare, sapere e progettare, l’autocoscienza e così via.
Il fatto che l’Homo erectus appartenga al nostro stesso genere (Homo) e abbia uno stretto legame evolutivo con noi non dovrebbe avere molta importanza per lo status morale dei rappresentanti di questa specie. Altrimenti si tratterebbe di specismo – ehm, genismo (?).
La pessima traduzione dall’inglese è del sottoscritto.
Me lo sono sempre chiesto anch’io e a tal proposito vorrei sengnalarti se non lo conosci già un bellissimo racconto di Isaac Asimov che parla proprio di questo (la differenza è che si parla di Neanderthal).
E comunque dobbiamo reputarci anche fortunati che non ci siano altre specie di ominidi in circolazione altrimenti ci scanneremmo dalla mattina alla sera.
Per quanto l’homo sapiens abbia probabilmente deciso l’estinzione del Neanderthal in Europa forse parte della nostra evoluzione (almeno per quanto riguarda i caucasici, gli unici venuti a contatto con i Neanderthal) è stata influenzata da questo incontro-scontro.
Forse quest’aggressività così eccessiva, il colonialismo insito negli europei e forse lo sviluppo di scienza e tecnica avanzate nasce proprio da quel momento lì.
Chissà: forse senza il nostro alterego neanderthaliano noi non staremmo qui a scrivere in un blog. ;))
Ricordo che una domanda molto simile, ma riferita all’uomo di Neanderthal, se la faceva gia’ Jay Gould (primo a o dopo Asimov?) in uno dei suoi saggi raccolti in uno dei suoi libri.
Probabilmente sarebbe impossibile avere, oggi, un parente cosi’ prossimo: l’avremmo gia’ portato all’estinzione decimillenni fa (come appunto e’ avvenuto con il Neanderthal). O forse sarebbe stato possibile se si fosse sviluppato su un continente pressoche’ isolato, come le Americhe o l’Australia. In una simile circostanza, ci saremmo comportati… be’, abbiamo un caso storico molto simile realmente accaduto! (e meno male che, nel caso storico, ci siamo imbattuti in nostri simili!)
Oltre ad Asimov e Gould (che cercherò di ricuperare), occorre citare anche Alfredo Castelli: Martin Mystère convive con il neanderthaliano Java da molto tempo (editorialmente parlando, dal 1982).
Interessante la tesi che vuole noi Sapiens debitori verso i Neanthertal…
Uhm… non direi “debitori”: al massimo direi che quei tratti (tipo l’aggressivita’) sono stati quelli che hanno fatto prevalere noi sui loro.
Al contrario mi sembra forse piu’ interessante la domanda: se non ci fossimo stati noi a sterminarli, che tipo di civilta’ avrebbe creato una specie meno aggressiva come quella dei neanderthaliani?
“che tipo di civilta’ avrebbe creato una specie meno aggressiva come quella dei neanderthaliani?”
Bè di questo comunque non siamo sicuri. Probabilmente anche loro erano molto aggressivi. Ricordo che il Neanderthal si è evoluto in un’Europa completamente ricoperta di ghiacci dove la sopravvivenza era difficilissima.
E lì il punto: e se poi la civiltà nostra nasce proprio da quello scontro?
D’altronde gli homo sapiens africani (negroidi) non sono mai venuti a contatto con i Neanderthal ed infatti sotto il Sahara non esistono civiltà cittadine vere e proprie (a parte mi pare un caso in nigeria dove si parla di città fatte di pietra ma che hanno avuto influenze forse dai fenici…).
Vivere in condizioni difficili (Europa glaciale) non implica avere indole aggressiva.
Cosa intendi che una civilta’ possa nascere dallo scontro?
Quanto poi alla nascita di civilta’ cittadine, all’epoca dei neanderthalensi era ancora troppo presto, non ce n’erano in nessuna parte del globo. E successivamente, lo sviluppo di societa’ via via piu’ complesse, proceduto in maniera straordinariamente diseguale nelle diverse parti del pianeta, e’ stato essenzialmente un fattore geografico (esteso anche alla distribuzione/disponibilita’ geografica di flora e fauna). Faccio riferimento al libro, che sto finendo di leggere e consiglio caldamente, Armi acciaio e malattie…
Domanda scema: ma si ha una qualche testimonianza se l’homo erectus parlasse, scrivesse, disegnasse o avesse forme di comunicazione simbolica?
“Comportarci con qualcuno” varia enormemente se abbiamo la possibilità di comunicare…
ciao!
hronir e Fabristol: il tema della nascita della civiltà, insomma della scintilla che ha dato inizio a tutto quanto conosciamo, è molto complicato e mi vede sostanzialmente ignorante. Magari leggerò il libro consigliato da hronir (oltre ai già citati Asimov e Gould: a proposito, avete riferimenti più precisi?)
eno: domanda tutt’altro che scema, anzi! Penso che il tizio che ha posto la domanda ad AskPhilosophers, citando le scimmie, pensasse all’assenza di una comunicazione simbolica.
Purtroppo non riesco a ricostruire informazioni piu’ precise su Gould, le mie letture dei suoi saggi risalgono a molti anni fa e sono tutte rimescolate insieme (del resto i suoi libri sono essenzialmente raccolte di saggi). Il saggio in cui ne parlava riguardava la presunta esistenza di “razze” umane, ma non ha certo scritto un solo saggio sull’argomento, per cui non sara’ di grande aiuto…
Quando a Diamond: il suo libro e’ davvero un must (gia’ io sono arrivato a leggerlo con colpevolissimo ritardo…!): affrettati, sono sicuro che non te ne pentirai!
Il libro di Diamond è affascinante, ma omette un dettaglio. Secondo gli psicologi evoluzionistici, i diversi ambienti in cui ci siamo evoluti negli ultimi diecimila anni avrebbero determinato a loro volta, via selezione naturale, differenze biologiche e psicologiche fra le popolazioni. La calda savana africana (in cui puoi vivere alla giornata) e la fredda Eurasia (nella quale, se non hai un rifugio riscaldato e del cibo conservato, durante l’inverno muori) non pongono identici problemi di sopravvivenza. La cooperazione fra individui assume un rilievo diverso, e cambia la pressione selettiva riguardante tratti come il senso civico, l’obbedienza alle regole, previdenza e risparmio, l’investimento paterno eccetera. Di tutto ciò non si fa parola in “Guns, Germs and Steel”, benché un legame tra questi tratti e l’emergere di un tipo di società piuttosto che di un altro non sia difficile da immaginare.
@PiBi
Non se ne parla approfonditamente, ma si accenna alla questione.
E vi si accenna dicendo che non sono state trovate evidenti correlazioni fra clima e nascita/sviluppo di civilita’. Non almeno nel senso che intendi tu (le correlazioni esistono solo nella misura in cui il clima puo’ ostacolare o meno la domesticazione di piante e/o animali disponibili o eventualmente importabili).
Insomma, Diamond ne parla come di un luogo comune da sfatare…
La mia opinione da due centesimi sulla questione “origine della civiltà”: direi che poche cose sono complicate come lo sviluppo di una vita sociale organizzata, e cercare una causa è forse un piccolo peccato di ingenuità. Tra i mille fattori vi sono probabilmente quelli legati al diverso clima, alla geografia, all’aggressività…
“Un’altro modo di rispondere a Yali, molto in voga presso i popoli del Nordeuropa, tira in ballo certe presunte capacita’ «stimolanti» del clima freddo sull’energia e sulla creativita’, in contrasto con la pigrizia causata dal caldo e dall’umido dei tropici. Forse e’ vero che la variabilita’ stagionale delle alte latitudini offre maggiori sfide all’ingegno umano; forse e’ anche vero che un clima freddo richiede maggiore inventiva tecnologica, perche’ richiede la capacita’ di costruirsi un riparo e dei vestiti adatti, cose di cui nelle zone tropicali non si ha bisogno. O magari e’ l’opposto: i lunghi inverni fanno si’ che gli abitanti del nord abbiano molto tempo per pensare e inventare nuove cose.
“Anche questa teoria non regge ad un esame piu’ attento. Vedremo presto che i popoli del Nordeuropa non hanno giocato nessun ruolo nello sviluppo della civilta’ eurasiatica, se non nell’ultimo migliaio di anni; hanno solo avuto la grande fortuna di ricevere a tempo debito i doni delle civilta’ meridionali (l’agricoltura, la ruota, la scrittura, la metallurgia). Non parliamo poi del Nuovo Mondo, dove le zone piu’ fredde sono sempre state marginali, e dove le civilta’ autoctone piu’ avanzate in fatto di arti e scienze sono nate a sud del Tropico del Cancro, nelle calde terre dello Yucatan e del Guatemala.”
Dal prologo ad Armi, acciaio e malattie