Il professo Franco Castelli di Milano scrive una lettera ad Avvenire (scovata grazie alle ultimissime dell’UAAR):
Direttore carissimo,
sono un diversamente abile con invalidità del 100%, ho vissuto la mia condizione sforzandomi di fare, con le diverse abilità disponibili e nel modo a me possibile, quello che fanno i normodotati. Sono diventato papà e docente universitario di ruolo. Ho lavorato sette ore e mezzo al giorno per i giovani laureandi fino al termine dei settantuno anni. Che cosa prevede la 194 per un embrione nelle mie condizioni, cioè con previsione d’invalidità del 100%?
I recenti gravissimi fatti di cronaca hanno riaperto in me una ferita sanguinante dall’entrata in vigore della 194. Per me è stato come se mi avessero tolto la cittadinanza italiana. La 194 prevede l’aborto terapeutico e se si prospetta la nascita di un figlio con invalidità del 100% di fatto lo si elimina. Quindi l’Italia non accetta come proprio cittadino un diversamente abile al 100% come me.