Storia stupefacente della filosofia

Storia stupefacente della filosofia. Oppio, Lsd e anfetamine da Platone a Friedrich Nietzsche era un titolo mi aveva incuriosito quando, qualche settimana fa, era in offerta e l’ho subito comprato. Ho una certa passione per quelle che potrei definire “storie alternative della filosofia”, libri divulgativi che raccontano i grandi filosofi partendo da punti di vista insoliti. Il primo che ho letto credo sia stato, ancora ai tempi dell’università, La filosofia dalla scala di servizio di Wilhelm Weischedel (Cortina 1996) e mi aveva deluso: c’erano aneddoti divertenti o curiosi su vari filosofi, ma alla fine il legame tra questi episodi e il loro pensiero era inconcludente.

Molto meglio con questo libro di Alessandro Paolucci. Intanto è scritto bene – ho scoperto solo successivamente che l’autore è l’ideatore dell’account Twitter @Dio –, con il giusto livello di leggerezza e umorismo (ma la cosa e ovviamente soggettiva). E poi non forza la mano proponendo connessioni tra sostanze stupefacenti consumate e filosofie concepite o adottate: non c’è un “riduzionismo chimico” per cui possiamo spiegare il mondo delle idee di Platone semplicemente con le sostanze stupefacenti impiegate nei riti misterici di Eleusi, ma un’influenza c’è stata ed è interessante illustrarla, per quanto alla fine si dedichi più spazio alle droghe che alla filosofia (per i pensatori più noti si danno per scontate reminiscenze scolastiche, anche se per altri meno celebri come Walter Benjamin o Enrst Jünger si riassume per sommi capi la loro filosofia).

A volte il legame tra sostanza stupefacente e riflessione filosofica è meno diretto – penso ad esempio ai capitoli dedicati a Freud e alla sua passione per la cocaina o a Sartre e alla sua dipendenza da corydrane, uno stimolante a base di aspirina e anfetamine ritirato dal mercato nel 1971 –, ma si scopre comunque qualcosa di interessante sulla personalità del protagonista. Lo scopo, come presentato nell’introduzione, è appunto questo: evitare di rappresentarci i filosofi come “paladini della conoscenza, semidei scesi tra noi per grazia divina”. È vero che in filosofia quello che contano sono le idee, ma queste idee sono state sviluppate da persone e il confronto con la biografia può essere utile, a comprendere le idee (è il caso del capitolo che mi è piaciuto di più, quello dedicato a Foucault).

Certo sarebbe impensabile scrivere con questo approccio una vera e propria storia della filosofia, prendendo in esame tutti i pensatori e le correnti, visto che in molti casi di sostanze stupefacenti non ce ne sono, nella biografia dei filosofi – Paolucci ce lo ricorda con il brevissimo capitolo conclusivo, intitolato “Wittgenstein non si drogava“.

In conclusione: una lettura piacevole e interessante, non troppo seria ma non per questo superficiale.