È la notizia del momento: prodotto in laboratorio un batterio con codice genetico artificiale.
La notizia mi sembra scientificamente interessante e importante, ma faccio fatica a comprenderne l’importanza etica o filosofica: non mi sembra sia successo nulla di radicalmente nuovo o inaudito. Ma probabilmente è una mia erronea impressione, dovuta a ignoranza della materia. Craig Venter, lo scienziato autore dell’impresa, non è un idealista mosso dall’amore verso l’uomo? E quanti scienziati lo sono? Ed è così differente
I resoconti giornalistici, del resto, non aiutano certo a colmare la mia ignoranza. Leggendo qua e là, ho comunque notato un certo imbarazzo terminologico: il batterio in questione è stato inventato o scoperto?
“Inventato” sarebbe più corretto di “scoperto”, ma evidentemente accostare la parola vita ai concetti di artificiale e invenzione è troppo, e così ho letto da più parti “Scoperta la vita artificiale”. Un giornale ha titolato, nelle pagine interne, qualcosa del tipo “Scoperta cellula che si riproduce da sola”: uno scoop notevole, non fosse per il ritardo di qualche secolo.