Barbero e le “differenze strutturali” tra maschi e femmine

Lo storico Alessandro Barbero ha fatto una dichiarazione impopolare. Nel senso che proprio lui l’ha definita così, in un’intervista sulla Stampa:

Rischio di dire una cosa impopolare, lo so, ma vale la pena di chiedersi se non ci siano delle differenze strutturali fra uomo e donna che rendono a quest’ultima più difficile avere successo in certi campi.

Ritaglio dell’intervista di Baberbo

Ora, come interpretare quel “strutturali” è abbastanza chiaro da come prosegue, parlando di scarsa “aggressività, spavalderia e sicurezza di sé”: Barbero si sta riferendo a caratteristiche che mancano nelle donne ma non negli uomini.

Diamo per scontato che sia così, che le donne almeno in media effettivamente siano meno aggressive e sicure di sé. Andrebbe verificato, ma diamo per scontato che sia così. Il passo successivo dovrebbe essere chiederci: perché è così? È una questione biologica o sociale? Le donne sono così (ripeto: se lo sono) per una questione di geni e ormoni o di pressione sociale che fin dall’infanzia invita i maschi a farsi valere e le femmine a essere gentili?
A seconda di come si risponde possiamo immaginare strategie diverse per affrontare il problema, ammesso che questa “differenza strutturale” la si voglia definire tale.

Barbero lascia questa domanda aperta. Ma c’è un’altra domanda – secondo me ancora più importante – che non sembra proprio porsi, neanche implicitamente. È davvero necessario essere aggressivi e sicuri di sé per fare carriera? Non è che saremmo tutti meglio se a fare carriera fossero persone – indipendentemente dal genere – in grado di risolvere conflitti, di spronare gli altri a fare bene il proprio lavoro, e che mettano in discussione il proprio operato riconoscendo insieme alle proprie competenze anche i propri limiti?

Spavalde rompicoglioni (aggiunta delle 13)

Un altro aspetto di cui non avevo tenuto conto, per quanto rientri nel tema “pressione sociale”, è che le donne siano spavalde come gli uomini, solo che quella spavalderia venga valutata diversamente (e negativamente). Per dirla con il commento di Roberta Villa su Twitter:

Il cucchiaino rosa

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Settimana scorsa mio figlio, tre anni e un po’, è andato in gelateria con i nonni. Coppetta di gelato alla fragola.
La gelataia ha dato nelle mani del piccolo goloso la coppetta e il cucchiaino di plastica. Cucchiaino verde. Colore che, secondo il piccolo esteta, non si abbinava bene a quello del gelato.
Ha quindi chiesto – non so le parole esatte – il cucchiaino rosa.

La gelataia era stupita e anche un po’ turbata dal fatto che un maschietto volesse un cucchiaino rosa.

Kant e la figa

Fondazione della metafisica dei costumi
Metafisica dei costumi

In italiano si potrebbe pensare a un gioco di parole sul termine costume, visto che Grundlegung zur Metaphysik der Sitten è solitamente tradotto con Fondazione della metafisica dei costumi.

Però in inglese non c’è alcun gioco di parole possibile con Fundamental Principles of the Metaphysic of Morals, per cui l’unico motivo della presenza, sulla copertina dell’ebook in questione, di un esemplare femminile non molto coperto di Homo sapiens è convincere le persone a spendere 99 centesimi di dollaro per un’opera fuori diritti d’autore.

via Feminist Philosophers.

Come sono fortunati i maschi bulgari…

Danone for men
Danone for men

Come sono fortunati i maschi bulgari che possono finalmente mangiare uno yogurt creato appositamente per gli uomini.

Danone for men – per essere precisi: “Danone за men” – è stato infatti sviluppato e adattato interamente a gusti, preferenze e necessità maschili, esplorate a fondo negli ultimi mesi (così riporta il comunicato stampa trovato su Trendmonitor).
Ovviamente anche il design è coscienziosamente mascolino: nero e squadrato. Continua a leggere “Come sono fortunati i maschi bulgari…”

Parliamo di sesso

Parliamo di sesso.
O, per essere più precisi, parliamo di come parliamo di sesso.

Pare che negli Stati Uniti ci si riferisca al sesso principalmente con metafore relative al baseball. Almeno così dice l’educatore di Philadelphia Al Vernacchio, che in un suo interessante Ted talk elenca alcune di queste metafore. Continua a leggere “Parliamo di sesso”

Guerra dei sessi

Quattro dei sette membri del Consiglio federale, il governo elvetico, sono donne.
Secondo alcuni, e trascurando alcuni aspetti non proprio marginali come le retribuzioni, la parità è stata raggiunta.

E proprio partendo dalla parità tra i sessi, o almeno dalla diversa situazione sociale, i giovani del Partito popolare democratico (Ppd) hanno avuto l’idea di proporre il servizio militare obbligatorio anche per le donne. Continua a leggere “Guerra dei sessi”

Diritti e imposizioni

Diritti

«È un mio diritto farla finita»: così ha esclamato un uomo di 33 anni quando due controllori dell’ATM lo hanno bloccato, impedendogli di buttarsi sotto un convoglio della metropolitana.

Tralasciando l’ovvia osservazione che avere il diritto di fare qualcosa non significa poterlo fare in ogni occasione, indipendentemente dalle conseguenze e dai danni arrecati ad altri, e tralasciando anche la conclusione della vicenda (ricovero in un reparto psichiatrico – ricorda vagamente il famoso comma 22), è curioso come il linguaggio dei diritti sia arrivato fino a qui.

Imposizioni

Due genitori svedesi non rivelano a nessuno il sesso del loro bambino. Il motivo? Come dichiara la madre:

We want Pop to grow up more freely and avoid being forced into a specific gender mould from the outset. It’s cruel to bring a child into the world with a blue or pink stamp on their forehead.

Vogliamo che Pop [il nome del pargolo] cresca liberamente, lontano da forzature di genere. È crudele introdurre un bambino nel mondo con un bollino blu o rosa sulla fronte.

La madre si riferisce chiaramente agli aspetti culturali della differenza di genere, non al sesso biologicamente inteso. Una soluzione un po’ drastica al problema della discriminazione sessuale.

Più leggi sotto lo stesso cielo

L’avvocato Gianfranco Amato si interroga sui Muslim Arbitration Tribunal con un articolo dal significativo titolo «La Gran Bretagna discrimina i cristiani e si affida ai tribunali islamici».

Titolo efficace, anche se leggermente fuorviante (come ogni titolo rischia di essere, del resto).
Non è la Gran Bretagna ad affidarsi ai tribunali islamici, ma i singoli cittadini che hanno la possibilità di rivolgersi a uno di questi Muslin Arbitration Tribunal per risolvere alcuni problemi che, come giustamente nota Amato, riguardano «materie che sono, comunque, lasciate alla libera disponibilità delle parti». Una forma di arbitrato, che non prevale sulle leggi già esistenti e vincola le parti solo se queste sono d’accordo. Continua a leggere “Più leggi sotto lo stesso cielo”

Dove sono finite le bambine (3)

Lo studioso di bioetica1 Jacob M. Appel si è occupato del problema della scomparsa delle bambine. Continua a leggere “Dove sono finite le bambine (3)”

  1. Bioeticista mi fa pensare ad alcolista, quindi preferisco non impiegare questo termine. []

Dove sono finite le bambine (2)

Torno sul tema della scomparsa delle bambine, recentemente riproposto dall’Economist e ripreso da Internazionale, tentando un approccio cinico e a-morale della situazione.

Continua a leggere “Dove sono finite le bambine (2)”