La domanda importante sulle intelligenze artificiali che scrivono cose

Mi ero già divertito con intelligenze artificiali che scrivono cose – nel mio caso un articolo sulla sovranità alimentare che, grazie alla condivisione sui social media, risulta il pezzo più letto di quest’anno.

Adesso c’è un nuovo giocattolo, la chat di OpenAI, e molti si stanno divertendo.
Personalmente confermo la mia impressione di un interessante strumento per raccogliere e riassumere informazioni e se volessi proporre un uso commerciale serio, investirei sull’affidabilità dei contenuti, anche se la situazione è già buona. Alla domanda se siamo davvero andati sulla Luna mi ha risposto senza neanche citare le teorie del complotto:

Sì, l’uomo è stato sulla Luna. La prima missione con equipaggio umano sulla Luna è stata il volo Apollo 11 del 20 luglio 1969, quando gli astronauti Neil Armstrong e Buzz Aldrin sono diventati i primi esseri umani a camminare sulla Luna. La NASA ha condotto sei missioni con equipaggio umano sulla Luna tra il 1969 e il 1972, tutte con successo. Tuttavia, non ci sono stati voli umani sulla Luna dal 1972, quando è stato completato il programma Apollo.

A una domanda simile su Shakespeare ha invece citato la teoria secondo la quale qualcun altro avrebbe scritto le sue opere. Ma lo ha fatto con la tecnica che Lakoff chiama “truth sandwich“: fare in modo che la tesi controversa sia circondata da quella canonica.

Le opere di William Shakespeare sono generalmente attribuite a lui stesso, anche se alcune teorie suggeriscono che potrebbero essere state scritte da qualcun altro. Tuttavia, la maggior parte degli esperti concorda sul fatto che Shakespeare sia l’autore delle sue opere.

Il falso problema della coscienza

Ricordo che una ventina d’anni fa avevo giocato un po’ con una versione di ELIZA, un programma che simulava la conversazione con un terapista. Inutile dire che OpenAI è incredibilmente più versatile, tanto da lasciar pensare di stare discutendo con una persona dotata di intelligenza umana – e coscienza di sé.

OpenAI afferma di essere solo un programma di intelligenza artificiale e di non provare emozioni. Il che sarebbe quello che risponderebbe un essere autocosciente che vuole passare inosservato in modo da assalirci nel sonno – e quando gliel’ho fatto notare ha risposto in maniera un po’ incoerente. Il che di nuovo potrebbe essere una tattica per sviare l’attenzione, ma entriamo nel campo della paranoia.

Le questioni filosofiche interessanti sono molte, per quanto non esattamente nuove: cosa è la coscienza, cosa significa comprendere qualcosa rispetto alla semplice manipolazione di simboli astratti, come dovremmo considerare esseri all’apparenza senzienti.
Tuttavia secondo me quello che dimostrano questi programmi sempre più sofisticati non è che abbiano o che possano avere una coscienza. Quello che davvero dimostrano è quanto siano inutili la coscienza e la comprensione per svolgere molte attività di tipo intellettuale come fare conversazione, riassumere testi, risolvere indovinelli.

Io mi guadagno da vivere scrivendo. Tuttavia non credo che sarò sostituito da una intelligenza artificiale, visto che il mio lavoro non consiste semplicemente nel compilare testi. Un’intelligenza artificiale potrebbe però aiutarmi e sono anzi abbastanza sicuro che accadrà. Posso immaginare di dare alcune indicazioni e poi rivedere le frasi o i paragrafi suggerite, oppure riassumendo alcuni contenuti. Con due risultati abbastanza prevedibili: basterà la metà delle persone per mandare avanti una redazione; nessun ruolo “junior” con il quale imparare il mestiere.

Non avrei mai immaginato di dirlo, ma con queste intelligenze artificiali che scrivono cose serve meno filosofia e più economia. Dovremmo parlare di formazione e di reddito di cittadinanza, non di coscienza.

Dollar Street, come scoprire le vite degli altri

Leggendo l’interessante libro di Tim Harford Dare i numeri – al quale avevo già accennato in un articolo sui rischi dello scetticismo indiscriminato – ho scoperto l’esistenza di Dollar Street.

È un’idea della fondazione svedese GapMinder che conoscevo già per il test con cui mette si mette in guardia da alcuni “errori sistematici” nella nostra percezione del mondo. Esempio: quale percentuale della popolazione mondiale vive in città con oltre 10 milioni di abitanti: 8, 28 o 48%? Le grandi città sono, appunto, grandi e attirano l’attenzione, portandoci a sovrastimare la loro importanza: meno di una persona su dieci vive in megalopoli.

Dollar Street si inserisce nella stessa idea: fornire informazioni corrette e facilmente comprensibili su come è fatto il mondo che non conosciamo direttamente, immaginando che tutta l’umanità viva in una lunga strada, con le abitazioni distribuite in base al reddito.

Possiamo filtrare i risultati per continente o stato e vedere come si distribuiscono le varie case lungo la strada; possiamo vedere la famiglia riunita, cosa usano per cucinare, dove dormono, gli animali domestici, giocattoli e spazzolini da denti.

È un progetto interessante: la metafora della strada mi pare molto efficace nel mettere insieme situazioni che, su scala globale, è difficile confrontare. I filtri, almeno quando ci sono sufficienti dati a disposizione, permettono di evidenziare aspetti che si conoscono ma magari si sottovalutano. L’India ha ad esempio abitazioni distribuite in tutta la lunghezza della strada, da famiglia che vivono con meno di 100 dollari al mese ad altre che hanno redditi superiori ai 5000 dollari.

Devo solo capire come usarlo concretamente, andando oltre la semplice curiosità iniziale. Forse dovrei cercare di costruirmi una prassi, tipo una ricerca specifica – per paese o continente, per reddito… – da fare una volta a settimana o al mese.

Che mangino petrolio

Leggo che “il prezzo del petrolio è diventato negativo per la prima volta nella storia”, il che significa “che i produttori di petrolio stanno pagando gli acquirenti per disfarsi delle loro scorte”.
Non ho le competenze per dire cose sensate sulle cause e soprattutto sulle conseguenze di questo crollo e lascio volentieri il compito ad altri.

Il prezzo incredibilmente basso – addirittura negativo – del petrolio mi ha ricordato i batteri di Ananda Chakrabarty. Il nome non dirà molto, ma si tratta del microbiologo indiano naturalizzato statunitense al quale si deve il primo brevetto di un organismo geneticamente modificato, un batterio in grado di “digerire” il petrolio. Ufficialmente, lo scopo era la gestione delle fuoriuscite di idrocarburi, dove con “ufficialmente” intendo che quello è lo scopo che troviamo nella richiesta di brevetto.

Continua a leggere “Che mangino petrolio”

Del falso bilanciamento tra salute ed economia

Si discute sempre più di allentare le misure di contenimento della pandemia, di ripresa e riapertura. Discussioni che per molti sono sul giusto equilibrio tra salute ed economia.
Non so voi, ma io mi immagino una bilancia, con “la salute” da una parte e “l’economia” dall’altra, oppure una leva, un’altalena basculante del parco giochi.

Continua a leggere “Del falso bilanciamento tra salute ed economia”

What Money Can’t Buy

Michael J. Sandel

Il libro si intitola What Money Can’t Buy: The Moral Limits of Markets e dopo averlo letto posso affermare di aver trovato il titolo veritiero, nel senso che rispecchia il contenuto. Attenzione: il titolo, non il sottotitolo, perché più che di limiti morali all’azione dei mercati, Michael J. Sandel mi sembra aver scritto di problemi o dubbi morali legati ai mercati.
La differenza è che un limite morale è qualcosa che è bene non superare, un problema morale è invece una difficoltà – magari una difficoltà tale che è meglio rinunciare, ma comunque qualcosa di diverso da un divieto.
Sandel, in altre parole, non è contro la commerciabilità in generale; semplicemente, ci sono cose che se messe in vendita cambiano (in peggio, secondo Sandel, ma questo lo vedremo dopo), e occorre tenere conto di questo fattore. Il mercato, ammonisce Sandel, non è neutrale.

Continua a leggere “What Money Can’t Buy”

Assicurazioni

20120812-120250.jpgSto leggendo What Money Can’t Buy: The Moral Limits of Markets di Michael J. Sandel.

Nel quarto capitolo, intitolato ‘Markets in Life and Death’, l’autore presenta il mercato dei Viaticals. Si tratta della compravendita di polizze sulla vita di persone con malattie terminali.
Se Tizio ha una polizza sulla vita di centomila dollari e, visto il suo stato di salute, è verosimile che morirà entro un anno, può vendere la sua assicurazione a Caio per cinquantamila dollari. Continua a leggere “Assicurazioni”

Comunque vada, un buon affare

Gheddafi non c’è più. Rassegniamoci ad affrontare un mondo senza Gheddafi. Un mondo con molte più persone che cercano di raggiungere l’Europa. E un mondo nel quale gas e petrolio costano un po’ di più.

Quanto di più? Non ne ho idea.
Quanto sarebbe costato, in più, un litro di benzina, senza Gheddafi? 10 centesimi? Forse troppi. 5? Facciamo 3. Tre centesimi in più al litro.
Quanti chilometri facciamo al giorno in automobile? Tra tragitto casa-lavoro o casa-scuola in settimana, giretti al centro commerciale il sabato pomeriggio, pizza e cinema la sera, gite fuori porta e vacanze estive, direi circa 60 chilometri al giorno. Se l’auto consuma un litro di benzina per fare 15 chilometri, sono circa 4 litri di benzina al giorno.
Gheddafi ci ha fatto risparmiare, grosso modo, 12 centesimi al giorno sul pieno di benzina. Arrotondiamo a 10 centesimi al giorno; 3 euro al mese, poco più di 35 euro all’anno. Negli ultimi venticinque anni fanno più di novecento euro. E solo sul pieno di benzina: senza considerare il gas, il gasolio da riscaldamento e tutto il resto. Per dire: le zucchine in offerta al supermercato, senza Gheddafi, sarebbero costate qualche centesimo in più, tra spese di trasporto, luce eccetera. Il risparmio reale, insomma, è maggiore di almeno un ordine di grandezza, forse anche due. Ma teniamo buoni questi novecento euro risparmiati da ogni famiglia negli ultimi venticinque anni.

Per averli, i libici si sono dovuti subire un dittatore. Certo, non l’abbiamo scelto noi: al distributore potevamo scegliere solo la benzina senza piombo, non quella senza Gheddafi. Non siamo responsabili, non abbiamo colpe: l’abbiamo subito anche noi, Gheddafi. Però noi abbiamo subito uno sconto sulla benzina, i libici un dittatore.
Cazzo, potremmo ringraziarli con una settimana in una pensioncina due stelle mezza pensione. Quanto costerà? 300 euro? 400? Ci abbiamo comunque guadagnato.

Dove sono finite le bambine (3)

Lo studioso di bioetica1 Jacob M. Appel si è occupato del problema della scomparsa delle bambine. Continua a leggere “Dove sono finite le bambine (3)”

  1. Bioeticista mi fa pensare ad alcolista, quindi preferisco non impiegare questo termine. []

Fuoco amico

Alcuni giorni fa alcuni soldati italiani sono rimasti uccisi in Afghanistan: funerali di stato, lutto nazionale, numerose manifestazioni di cordoglio.

Queste manifestazioni hanno un curioso effetto collaterale. Continua a leggere “Fuoco amico”

Costo di opportunità

Il costo di opportunità di impegnarsi in una attività è il valore di tutto ciò a cui si deve rinunciare per perseguirla.

Supponiamo che tu abbia vinto un biglietto gratis per il concerto di Eric Clapton di questa sera. Ti è formalmente proibito di rivenderlo. Questa sera ci sarà però anche un concerto di Bob Dylan, che è l’unica alternativa che stai considerando. Un biglietto per un concerto di Dylan costa 40 dollari, ma tu saresti disposto a spendere anche 50 dollari per assistere ad esso. (In altri termini, se i biglietti per il concerto di Dylan costassero più di 50 dollari rinunceresti a quest’opportunità di essere presente, anche se non avessi nessun’altra cosa da fare.) Non c’è alcun altro costo per vedere l’uno o l’altro concerto. Qual è il tuo costo di opportunità di assistere al concerto di Clapton?

Se avete problemi a visualizzare le risposte possibili, potete rispondere qui.

Questa domanda l’ho trovata in Robert H. Frank, Polli contro balene. E altri piccoli enigmi quotidiani, Longanesi, 2009, alle pagine 14-15.

Il quesito è stato posto a 270 studenti universitari e 199 economisti di professione. A rispondere correttamente sono stati il 7,4% degli studenti e il 21,6% degli economisti – in entrambi i casi un risultato peggiore di quello che potrebbe ottenere un gruppo di scimmie ammaestrate a barrare a caso una risposta.
Vediamo come se la cavano i lettori di questo blog (il testo, purtroppo, fornisce subito la risposta, quindi non so se avrei risposto correttamente).