Il potere dell’arte: da Dolce e Gabbana a Sanremo

Max Klinger, Della morte (seconda parte)

Prima riflessione

Sabato sono andato a Ferrara per visitare la mostra Il Simbolismo. Da Moreau a Gauguin a Klimt, a Palazzo dei Diamanti fino al 20 maggio 2007.

Per raggiungere la città si è deciso di evitare l’autostrada, noiosa e monotona, e di affidarsi alla provinciale che costeggia il Po: il viaggio si allunga, ma non diventa un semplice spostamento desideroso di trasformarsi in teletrasporto istantaneo. Arrivati a Ferrara, un lauto pranzo a base di salama da sugo e una visita del centro: il Castello Estense, la statua di Savonarola, la cattedrale. Si assapora il tessuto della città, scoprendo le strade volute dal duca Ercole I e realizzata da Biagio Rossetti.
Approfittando del biglietto combinato, si visita anche il museo Giovanni Boldini.
Purtroppo non c’è stato tempo per Palazzo Schifanoia e i suoi bellissimi affreschi. Continua a leggere “Il potere dell’arte: da Dolce e Gabbana a Sanremo”

La morale di Oscar Wilde

Nella calda mattinata di una assolata giornata estiva, due persone percorrono di buona lena il sentiero di montagna che porta al passo di XXXXX.

Lui: Oggi fa molto caldo: forse era meglio rimandare a domani la passeggiata.

Lei: Cammina pigrone: voglio arrivare al passo per l’ora di pranzo. Ti concedo solo dieci minuti di pausa, ma non prima di mezz’ora.

Lui: Nessuno ci obbliga ad arrivare fino al passo: possiamo anche fermarci prima.

Lei: Zitto e cammina.

Quaranta minuti dopo.

Luiappoggiando lo zaino e sedendosi su una grossa pietra: Adesso ci riposiamo un po’.

Lei: Va bene

Proibito (Pillole BUR)Lui apre lo zaino e prende un libro e una bottiglia d’acqua, che inizia avidamente a bere.

Lei: Non bere tutta l’acqua! E non vorrai metterti a leggere: non possiamo fare una sosta di un’ora!

Lui: Va bene, lascerò un po’ d’acqua anche per dopo. E ho intenzione di leggere solo cinque minuti: ho acquistato ieri un libro che sembra molto interessante.

Lei: Come si intitola?

Lui: Proibito – La libertà di parola da Socrate a Nelson Mandela. Appartiene alla collana Pillole BUR: contiene alcuni testi di vari autori che hanno conosciuto, in un modo o nell’altro, la censura. Socrate e Gesù Cristo, ad esempio, condannati a morte per quello che hanno detto, oppure Nelson Mandela e Oscar Wilde, che finirono in carcere per le loro idee. Continua a leggere “La morale di Oscar Wilde”

Prova d’orchestra

Per Sartre l’opera d’arte è un irreale. Così il filosofo francese si esprime in Immagine e coscienza (Conclusione, II – L’opera d’arte).
Irreale perché il soggetto estetico non esiste: di un quadro sono reali “i risultati delle pennellate, la preparazione della tela, la sua grana, la vernice passata sui colori: tutte cose che non costituiscono affatto oggetto di valutazione estetica”.
Sartre è qui terribilmente platonico, e infatti poco dopo rispolvera l’idea platonica di bello: “ciò che è bello, invece, è un essere che non potrebbe darsi alla percezione e che, nella sua stessa natura, è isolato dall’universo”.

Ovviamente non sono solo i dipinti, o meglio il bello dei dipinti, ad essere irreali: anche le cattedrali e le composizioni musicali, o meglio il bello delle cattedrali e delle composizioni, sono irreali. Continua a leggere “Prova d’orchestra”

Rumori d’artista

Che cosa è una opera d’arte?
È questa una delle domanda più difficili a cui rispondere.
In realtà, ce la si potrebbe cavare abbastanza facilmente: l’arte non è una attività determinata, ma una tradizione o,meglio, un insieme di tradizioni che si superano e si ricomprendono, in un eterno percorso vecchio come l’umanità. Se l’arte è questo insieme eterogeneo, e sembra proprio esserlo, è chiaro che non è possibile rispondere alla domanda in maniera definitiva: sono possibili sono risposte settoriali, limitate.

Il rischio di una risposta del genere è la fucilazione (si spera metaforica) per alto tradimento: il filosofo non può fuggire così di fronte alle domande, ma deve affrontarle sempre, anche quando la risposta è impossibile.
Raccogliamo dunque la sfida. Continua a leggere “Rumori d’artista”

La ricerca della verità

Nel 1302 Enrico Scrovegni fece costruire una cappella a ridosso del suo palazzo di famiglia, a Padova.
Pare che lo scopo del ricco patavino fosse quello di rimediare alla cattiva fama del padre, noto usuraio. Se così è stato, fu ottima la scelta di affidare l’incarico di affrescare l’interno della chiesa a Giotto: settecento anni dopo il nome degli Scrovegni è associato agli affreschi nella cappella, non certo ai trascorsi del poco illustre genitore di Enrico. Continua a leggere “La ricerca della verità”

Non riproducibile

Il modo migliore per ammirare un dipinto è recarsi al museo che lo espone. Tuttavia, se il quadro in questione è esposto dall’altra parte del globo, un buon libro d’arte può egregiamente sopperire.
Indubbiamente si tratta di un surrogato: una riproduzione è necessariamente imperfetta per dimensioni, colori, luminosità e soprattutto contesto.
Tutte variazioni, tuttavia, che possono anche essere considerate marginali. Il contesto originale del quadro è infatti irrimediabilmente perduto: i musei sono un’invenzione relativamente recente della storia, le esposizioni vengono organizzate in base ad un criterio sempre diverso, e ogni museo ha le sue peculiarità (il Guggenheim di New York non è la stessa cosa del Mart di Rovereto, anche se le opere esposte fossero le stesse). Le dimensioni, forzando un po’ il discorso, dipendono dal contesto: ammirare da una certa distanza un quadro grande non è molto diverso che osservare da vicino un quadro di dimensioni più modeste. I colori infine non sono eterni: la loro lucentezza e intensità è purtroppo destinata a scemare con il tempo, o a venire modificata da restauri, eppure non ci sentiamo ingannati se un quadro o un affresco ha perso un po’ di colore. Continua a leggere “Non riproducibile”

L’immagine scoppia

Le immagini sono sempre immagini di qualcosa, rimandano, indicano, si proiettano verso qualcosa che non è parte dell’immagine.
A volte queste l’immagine si focalizza tutta in questo rimando, tendendo a sparire, a non essere vista come immagine, ma come sostituto della cosa rappresentata. È il caso, ma è un esempio tra mille, della cupola disegnata ad Arezzo (Badia di S. Flora e Lucilla) nel 1702 da Andrea Pozzo: in realtà la cupola non esiste, il soffitto è piatto.
Altre volte, invece, l’immagine non è centrata sull’oggetto rappresentato, bensì sull’oggetto che rappresenta. Continua a leggere “L’immagine scoppia”

Le Palais idéal du Facteur Cheval

Sogno e realtà sono, solitamente, due entità, due mondi distinti e contrapposti. Si sogna di notte e si vive la realtà di giorno. Solo pochi eletti, gli artisti, possono permettersi di sognare di giorno. Eppure anche questi creatori di sogni, i vari pittori, scultori, scrittori, poeti, mai si sognerebbero di mischiare il sogno e la realtà.

L’artista sa bene di creare una immagine, un simulacro di un mondo irreale. L’immaginazione è, appunto, la facoltà di creare di immagini, oggetti ibridi, che sono e non sono reali: sono reali perché sono qui, ma d’altra parte non lo sono in quanto la loro presenza indica un mondo che non esiste, che non c’è.

Ferdinand Cheval non era un artista, e non avrebbe capito granché di tutta questa riflessione sull’immagine come tramite dei mondi del sogno e del reale. Per il fattore di Hauterives, piccolo paese tra Lione, Grenoble e Valence, un sogno non è qualcosa di irrealizzabile, ma semplicemente di irrealizzato.

Cheval si è dunque messo al lavoro per fare quello che nessun artista avrebbe mai neppure pensato di fare: realizzare un sogno, trasportarlo nella realtà non in immagine, ma così com’è.
Il sogno che Cheval ha deciso di realizzare è quello di un palazzo ideale: un edificio perfetto e assoluto.
Dopo 33 anni di solitario e ostinato lavoro (pari a 10mila giorni e a 193 mila ore, come è possibile leggere su una delle facciate), il palazzo è terminato. Il sogno si è materializzato ed è ora possibile vedere e toccare il Palazzo Ideale del fattore Cheval, camminare all’interno di questo luogo magico e insolito.

Ogni facciata del palazzo, se di facciate è possibile parlare, è composta da centinaia di figure, statue e scritte in una sorta di arcaico e primitivo specchio del mondo e dell’umanità.
Il palazzo è talmente ricco che l’occhio si perde, ed è quasi impossibile osservare tutti i dettagli di questa incredibile costruzione.

Molti i personaggi raffigurati: su tutti, dominano tre imponenti figure sulla facciata nord: Cesare, il grande conquistatore romano, Vercingetorige, il grande difensore della Gallia, Archimede, il grande sapiente greco. Tra di essi, delle mummie egiziane.
Sulla facciata ovest possiamo trovare Eva tentata dal serpente, mentre sulla facciata sud sono raffigurati alcuni edifici: un tempio romano, la Casa Bianca, uno chalet svizzero, un castello medievale e un tempio indù. A un secondo e più attento giro, è possibile trovare anche la Grotta della Vergine Maria e Socrate, insieme a vasi e colonne, oltre che a strane palme e vari animali più o meno verosimili, come galli e cammelli.

Una componente essenziale del palazzo sono tuttavia le scritte, presenti più o meno ovunque.
È possibile leggere che «Dieu protège le génie», «Pout les hommes de bien / tous le peuples sont freres / notre devise à nous / est de les aimer tous», «Sur cette terre comme l’ombre nous passons sortis de la poussièrre nous y retournerons.».

A volte le scritte costituiscono una semplice indicazione di quello che è raffigurato; ad esempio, sotto le tre statue di cui si è detto prima, è possibile leggere: «Sous la garde des TROIS GEANTS j’ai place L’EPOPEE des HUMBLES courbes sous le Sillon».
Altre volte si riferiscono alla costruzione del palazzo: «L’hiver comme l’été / Nuit et jour j’ai marché / j’ai parcouru la plaine et le coteau / de[?] mem que le ruisseau / Pout apporter la pierre dure / Cisellée par la nature / C’est mon dos qui en a payé l’écot / J’ai toute cavé mem la mort // Le soir a la nuit close / quand le genre humain repose / je travaille à mon palais / De mes peines nuls [?] ne le saura jamais», «En créant ce rocher j’ai voulu prouver ce que peut la volonté.».

Dopo una visita al Palais idéal du Facteur Cheval, si ha l’impressione di essere stati in un piccolo museo progettato da Gaudì ospitante opere, tra gli altri, di Mirò, Giacometti, Picasso e Braque. Ma si ha anche la sensazione che quello che si è appena visto non è una semplice opera d’arte. E, in effetti, così è: Mirò e tutti gli altri artisti hanno usato l’immaginazione per produrre, appunto, una immagine, Cheval per produrre un palazzo reale, ideale ma comunque reale. Ed è per questo che visitare il suo Palais idéal è un’esperienza che non si può dimenticare tanto facilmente: non succede molto spesso di poter toccare con mano i sogni.