Complicità

Non ho letto il rapporto di Amnesty International From words to deeds, ((Dalle parole ai fatti, ma forse sarebbe più indicato Dalle parole agli atti, visto che deed in inglese è, credo, qualcosa di corrispondente all’atto giuridico)) ma se Amnesty afferma di avere prove che alcune aziende europee, nonostante i divieti, facciano commercio di strumenti di tortura, io mi fido anche senza una verifica approfondita.

Amnesty parla di “scappatoie legali”, quindi non si tratterebbe di vere e proprie violazioni della legge – in altre parole: la legge viene rispettata, per quanto probabilmente ricorrendo a qualche buco interpretativo e sicuramente calpestando lo spirito della legge.
Il problema non è quindi giuridico, ma meta-giuridico o, anche se non sono affatto sicuro che sia la stessa cosa, etico. Continua a leggere “Complicità”

Il viagra morale è scaduto

“Viagra morale” è una notevole espressione coniata, se non sbaglio, da Daniel Dennett per riferirsi alle teorie che vedono nella religione il fondamento ultimo dell’etica. Se è vero che la religione migliora il nostro senso morale, allora la credenza in Dio è una sorta di viagra morale.

Ma è poi vero che credere in Dio rende le persone più buone?
Senza nessuna pretesa di scientificità, ho scoperto che tra i prestatori di Kiva, il sito che si occupa di micro credito, il gruppo degli Atei, Agnostici, Scettici, Liberi pensatori, umanisti e non religiosi ha prestato soldi per 1,649,075 dollari, mentre i Cristiani per appena 1,003,800.
Il numero di prestiti per persona è in realtà più alto per i cristiani, e Kiva non costituisce che un piccolo spazio nel quale manifestare la propria moralità. Ugualmente, credo che si possa comunque affermare che i non religiosi sono morali quanto i religiosi. Insomma, il viagra è scaduto e non funziona.

Buoni e cattivi

Ho appena sentito Fabio Fazio chiedere a uno scrittore – se di domanda si può parlare, diciamo che ho appena sentito Fabio Fazio affermare – che noi ci aspettiamo di veder vincere i buoni, mentre nella realtà a volte vincono i cattivi.

Non ho sentito la risposta dello scrittore, ma mi ha colpito che Fazio non abbia minimamente preso in considerazione l’ipotesi che nella realtà non esistano né buoni né cattivi, che questa divisione sia ingenua e inadatta.
Ci sono persone che, per vari motivi, talvolta si comportano bene – cioè si comportano in maniera socialmente accettabile – e persone che, per vari motivi, talvolta si comportano male – cioè in maniera socialmente meno accettabile.

Il piacere di imbrogliare

Un giovane cliente di prostitute ha dichiarato:

I don’t want them to get any pleasure, I am paying for it and it is her job to give me pleasure. If she enjoys it I would feel cheated.

Non voglio che loro provino piacere. Io sto pagando per fare sesso e il suo lavoro è darmi piacere. Se a lei piace farlo mi sentirei defraudato.

La faccenda, apparentemente, potrebbe avere un senso: se la prostituta prova piacere, è possibile immaginare che lo farebbe anche senza essere pagata, e il fatto che voglia i soldi del nostro giovane cliente potrebbe configurarsi come truffa.
Il problema è che non trovo scritto da nessuna parte che un lavoro non possa essere piacevole. Del resto, non mi sento imbrogliato se scopro che un tassista adora trascorrere il proprio tempo guidando o che cucinare è la passione di un cuoco.
Evidentemente al giovane cliente non interessa semplicemente fare sesso: lui vuole fare sesso con una persona che vorrebbe fare altro. E io mi sento imbrogliato da una persona così.

Riflessione *morale

Perché bere un cocktail a pochi chilometri dal luogo del devastante terremoto di Haiti è scandaloso, immorale e disgustoso mentre bere un cocktail a Milano è perfettamente normale?
In altre parole: perché un happy hour in un bar milanese non merita alcun articolo, mentre la Independence of the Seas sì?

Nota a margine sulle morali perdute

Quanto segue è una nota a margine di un brevissimo incontro che ho avuto con l’immoralist Roberto Mordacci, durante il quale si è fugacemente accennato alle morali perdute.
Che cosa è una morale perduta? Se ho capito bene, si tratta di una teoria etica che presuppone una errata concezione della moralità umana: una simile teoria, per quanto interessante possa essere, sarà perduta perché inapplicabile.1

Prendiamo il classico dilemma morale dello scambio ferroviario (il trolley problem).
Un treno fuori controllo sta per investire cinque persone. Azionando uno scambio è possibile salvare i cinque deviando il treno, che però investirebbe così un’altra persona. Azionereste lo scambio? La maggior parte delle persone risponde di sì. Un altro treno fuori controllo sta per investire cinque persone, ma questa volta non ci sono scambi da azionare, ma solo una persona da buttare sui binari per far deragliare il treno (voi non potete buttarvi: siete troppo esili). Buttereste questa persona per salvare i cinque? La maggior parte delle persone risponde di no.
Una teoria etica che non tiene conto di questa differenza è una morale perduta. Non solo come teoria descrittiva (banale) ma anche come teoria prescrittiva (meno banale), in quanto non applicabile. Per essere chiari: l’approccio utilitarista, che si limita a contare costi e benefici, è una morale perduta, perché non viene seguito nel secondo caso ed è, quindi, in contrasto con la moralità umana. Continua a leggere “Nota a margine sulle morali perdute”

  1. We may not have a general theory of the moral brain or of human morality (something we will probably never have), but we may have some scientifically based reasons to reject theories which imply unrealistic conceptions of human morality. To look for these unsustainable theories would be, so to say, like being in a kind of Proustian Search of Lost Theories. Roberto Mordacci, “Morality and the Telescope“, Etica e Politica, Vol. XI, No. 2, 2009 [↩]

Una definizione possibile, ma poco lusinghiera

Che cosa è il libero arbitrio?
Paopasc risponde così:

Per me un organismo può dirsi dotato di libero arbitrio quando ciò che prova e ciò che dice o fa possono non essere la stessa cosa. La mancata rispondenza tra atto, che è l’insieme dei comportamenti attuati da un movimento muscolare, mimica facciale, gestualità, atteggiamento, tono della voce, e così via, e intenzione, che è il bersaglio che l’individuo vuol raggiungere con i suoi atti, è la prova dell’elasticità del mezzo espressivo.

La definizione mi pare sensata.1
Il libero arbitrio è autocontrollo. Ma è anche inganno, frode, imbroglio. Continua a leggere “Una definizione possibile, ma poco lusinghiera”

  1. Anche se, più che una definizione di libero arbitrio, sembra un metodo empirico per accertarsi della sua presenza. [↩]

Il tempo delle prostitute

Premessa: qualcuno ha usufruito dei servizi di una prostituta e ha ben pensato di annunciarlo al mondo, o almeno a quella (piccola) parte di mondo che legge i blog italofoni; ne è nata, o almeno così mi dicono, una lunga discussione.

Il mio interesse per la questione è pari a zero: ho iniziato, incuriosito, a leggere la lunga dissertazione sul perché, il percome, il quando, i ma e i però quello lì è andato a puttane, ma dopo poche righe l’attenzione è calata a livelli minimi, e mi sono messo a fare altro. Continua a leggere “Il tempo delle prostitute”

Intelligenza ittica

Non ho mai considerato i pesci animali intelligenti.
Credevo che, nei mari, l’intelligenza fosse una prerogativa di mammiferi marini come delfini e balene.

Nella spiaggia del sud della Corsica dove mi sono fermato, i pesci (credo fossero delle occhiate) si avvicinavano a decine per mangiare i pezzi di pane che i natanti gettavano loro in acqua: vedere il mare ribollire di code e pinne è uno spettacolo notevole.
Appena io e mio fratello abbiamo calato in acqua un bandana per usarlo a mo’ di rete e catturare così qualche pesce, nessuno di questi si è più avvicinato, lasciando affondare inesorabilmente il pesce.
Ovviamente, appena abbiamo tolto il bandana sono subito tornati all’attacco. Continua a leggere “Intelligenza ittica”

Non ne ho trovata nessuna

In quale categoria di reati dovremmo inserire queste deviazioni dell’appetito sessuale, classificate come contro natura? Nel caso in cui non siano pubbliche, non le is potrebbe considerare in altro modo, se non riconducendole ai reati contro se stessi. Per anni mi sono tormentato nel tentativo di cercare una ragione sufficiente a giustificare la severità con cui simili reati vengono puniti ai nostri giorni da tutte le nazioni europee: ma in base al principio di utilità, non ne ho trovata nessuna.

Jeremy Bentham, Reati contro se stessi: la pederastia, 1785 (in Jeremy Bentham, Difesa dell’omosessualità, il melangolo, 2009, p. 15)

Volessi scrivere un testo sull’omosessualità, mi ritroverei in serio imbarazzo: l’aspetto centrale della faccenda è già analizzato in questo libro scritto oltre due secoli fa.1
Certo, Bentham mostra alcuni segni dell’età (si riferisce all’omosessualità con termini spregiativi come deviazione, infamia, eccetera), ma il succo giuridico e morale c’è tutto, e magnificamente espresso: «la punizione [dell’omosessualità] non può essere giustificata in base alla capacità di nuocere ma in base all’antipatia» (pp. 57-58). Punto.

  1. Senza nulla togliere a chi ha recentemente, e ottimamente, scritto sull’argomento.Le nozze di Sodoma [↩]