Il comune senso del pudore

Leggo dal resoconto di una agghiacciante domenica di Pasqua:

Mi è sembrata quasi indecente l’esibizione pubblica di queste funzioni corporali, mi sembrava così assurdo che esistessero uomini e donne che, senza alcun ritegno, si manifestano come apparati digerenti pubblici. Ho pensato: funzione corporale per funzione corporale, com’è che ci appartiamo per pisciare e cacare o per chiavare, mentre la pubblica masticazione e digestione di cibi così volgari, oltretutto, come la carne di animali morti – la sarcofagia, per non girarci attorno – non è colpita da nessun tabù, ma è anzi promossa in luoghi appositi chiamati ristoranti?

Tralasciando il problema della sarcofagia (pratica nella quale indugio diverse volte a settimana: la carne sarà anche un cadavere, ma una bistecca è una bistecca – quest’ultima frase va pronunciata con la stessi espressione estasiata di “una rosa è una rosa”), questo brano solleva un problema non da poco. Continua a leggere “Il comune senso del pudore”

Disparità sociali

Una delle obiezioni più comuni alla libera vendita degli organi per trapianti è l’aumento delle disparità tra ricchi e poveri, tra chi può permettersi di acquistare un rene e chi, invece, si ritroverebbe costretto a venderlo per avere di che mangiare.

Apprendo da Marco la storia di Natalia Cole: durante una popolare trasmissione televisiva la cantante, in dialisi, dichiara di avere bisogno di un rene ed ecco arrivare le offerte: alcuni spettatori, immagino fan di Natalie Cole, offrono il proprio rene.
Difficilmente una persona qualunque avrebbe ricevuto simili offerte. Sicuramente una persona antipatica non ne riceverebbe nessuna.

Vi possono essere disparità anche per le donazioni. Disparità, oltretutto, difficilmente superabili: uno stato (o una assicurazione privata) può, in teoria, pagare il rene anche a chi non se lo può permettere; non può, ovviamente, obbligare le persone a donare il proprio rene anche agli antipatici.

Fare a meno dei fini

Attribuire fini immanenti alla natura vivente può essere una tentazione irresistibile. Il pensiero finalistico ingenuo sembra, d’altra parte, un modo semplice per «maneggiare» il mondo e – probabilmente – in grado di fornire un vantaggio per la sopravvivenza. […]
L’analisi dei fatti e dei dati empirici, tuttavia, mostra che il pensiero finalistico attribuisce alla realtà vivente un carattere che non le è proprio. […]
Se la natura vivente non è teleologicamente rivolta al meglio e anche ciò che è prodotto dal caso ed evoluto per selezione naturale non è necessariamente il meglio (anzi con buone probabilità è subottimale), l’idea di una natura saggia è una credenza falsa sulla quale non possiamo fondare argomenti e credenze morali. Ovviamente, dall’assenza di finalismo dal mondo vivente non possiamo dedurre che qualsiasi intervento umano su di esso sia moralmente buono o indifferente. La conclusione che possiamo per ora e provvisoriamente trarre è che «lasciar fare alla natura» non è una garanzia.

Simone Pollo, La morale della natura, Laterza, 2008, pp. 72-73

Insegnare l’etica ai robot

Interessante articolo di Giuseppe O. Longo sulla roboetica: “Ma chi insegna l’etica ai robot?” (Avvenire, 27 dicembre 2008; pdf disponibile su Ethica).

In breve, se i robot sono in grado di prendere decisioni con un certo livello di autonomia (Longo parla di “un embrione di libero arbitrio”, espressione forse un po’ troppo forte), si pongono tutta una serie di problemi morali e giuridici. Occorre costruire robot che siano in grado di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato ossia insegnare ai robot la nostra moralità, sperando che ciò sia possibile.

Quello dell’insegnamento ai robot potrebbe diventare una sorta di “test di Turing” al contrario: invece di scoprire quanto un computer sappia comportarsi come un essere umano, saggiare quanto una teoria morale sia razionale cercando di insegnarla a un robot. Se i suoi sofisticati circuiti proprio non riescono a digerirla, forse (e sottolineo forse) quella teoria morale è un po’ astrusa e sarebbe meglio abbandonarla.

L’embrione non è una persona

L’embrione non è una persona.
È quanto emerge dall’istruzione Dignitas personae, preparata dalla Congregazione per la dottrina della fede e approvata da Benedetto XVI:

L’essere umano va rispettato e trattato come una persona fin dal suo concepimento e, pertanto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere i diritti della persona, tra i quali anzitutto il diritto inviolabile di ogni essere umano innocente alla vita.

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Non serve a nulla

Il Vaticano, per bocca del presidente del Pontificio Consiglio per la Salute Javier Lozano Barragan, critica Obama per l’annunciata decisione di sospendere il veto posto da Bush sui finanziamenti pubblici alla ricerca sulle cellule staminali embrionali.

Lozano Barragan, a leggere il suo intervento, ha affrontato molti altri temi: dai 300000 bambini soldato agli oltre 4 milioni e 300 mila bambini morti di AIDS, giusto per limitarsi al primo paragrafo del testo; la ricerca sulle cellule staminali, pare di capire, è stata tirata in ballo da qualche giornalista. È lecito pensare che il cardinale non fosse preparato a una simile domanda, e quindi abbia fornito la risposta standard: l’embrione è persona e non si può mai usare una persona come un mezzo per gli altri; inoltre le cellule staminali embrionali non servono a nulla. Continua a leggere “Non serve a nulla”

Breve riflessione sulle Olimpiadi

Tra poche ore avranno ufficialmente inizio i XXIX Giochi olimpici estivi.

Per quanto riguarda le Olimpiadi, non ho nulla da aggiungere alle modeste proposte di Alex:

1. I Giochi non dovrebbero essere chiamati Olimpiadi se non sono svolti a Olimpia.

2. La variazione di sede, che nelle intenzioni di de Coubertin serviva a diffondere i valori di fratellanza e rispetto in tutto il mondo, ormai è solo un buco nel sistema: i Giochi vengono assegnati in base al peso politico ed economico di chi li chiede, e vengono usati come vetrina e propaganda. Per evitare la strumentalizzazione dei Giochi, sarebbe opportuno ritornare all’uso originario: le Olimpiadi si svolgano sempre a Olimpia.

3. Le Olimpiadi siano celebrazione degli atleti che vi partecipano, e la nazionalità degli atleti sia un semplice strumento per organizzare le squadre. Chi vince l’oro ottenga, come nell’antichità, la cittadinanza onoraria di Olimpia.

Per quanto riguarda il governo cinese e i vari crimini che esso, quotidianamente, commette, mi chiedo, in tutta semplicità: la situazione complessiva (e quindi politica, sociale, economica…) migliorerà o peggiorerà con queste Olimpiadi?
Se peggiorerà, allora era giusto non assegnare le Olimpiadi a Pechino ed è giusto boicottarle.
Se, come credo (pur non avendo certezze), invece la situazione, nel complesso, migliorerà, seppur di poco, allora mi chiedo quale sia il problema. Forse la nostra ipocrisia: riusciamo a non avvertire sensi di colpa quando non facciamo nulla di particolare, la nostra tranquillità non viene scossa quando acquistiamo prodotti Made in China (praticamente tutti), ma seguire i Giochi no, non si può, è immorale.

Buone Olimpiadi.

The conservative soul

Ora voglio fare una confessione. Sì, ho un’anima conservatrice. Il problema è che ho anche un’anima liberare, e anche qualche altra anima ancora. Non posso dire che mi piaccia l’idea di un uomo in stato di gravidanza. Semplicemente, non è… (cos’altro dire?)… naturale. Tuttavia, si tratta di una persona che ha scelto di diventare uomo, e poi ha scelto di avere un bambino. Chi diavolo sono io per volere leggi che proibiscano tutto questo, o semplicemente per disapprovare le sue scelte? (Posso onestamente affermare che il bambino non avrà buone possibilità di avere una buona vita?)

Now I will make a confession. Yes, I have a conservative soul. The problem is, I have a liberal soul as well, and a few other souls too. I can’t say I like the idea of a pregnant man. It’s just not…(what can I say?)…natural. But wait, this is a person who made a choice to become a man, and may very well be thriving as a man, and then made a second choice to have a baby. Who the hell am I to want laws to get in the way, or even so much as to disapprove? (Can I honestly say the baby doesn’t have a good chance of a good life?)

Jean Kazez, The Conservative Soul.

Non ci disponde di certezze

Il supremo interesse che si guida non ci dispone di certezze, ma di speranze: la speranza che la comunità perduri e garantisca le mie inferenze al di là di ogni limite assegnabile, che sia testimone in ogni momento della verità complessiva delle mie scelte, che la realtà risulti vera nell’opinione finale. Ma questo è chiaramente un rinvio teleologico, di ispirazione non solo etica, ma anche religiosa, come abbiamo visto: stiamo pensando al tempo cristianamente inteso con il suo svolgimento lineare e il suo esito resurrezionale. L’Interpretante Logico Finale è un Interpretante Etico Universale. Questa è l’opinione di Peirce: la ragione che mi conduce a comportarmi in un certo modo perché alla lunga il mio comportamento si possa rivelare ragionevole, non è una ragione, ma un puro atto di fede.

Rossella Fabbriches, “L’entanglement tra etica e logica nel pragmatismo di Peirce” in Rosa M. Calcaterra (a cura di), Pragmatismo e filosofia analitica, Macerata, Quodlibet, 2006, p. 102