L’introduzione del libro di Telmo Pievani si apre con un lungo elenco di ragioni per cui “la natura è più grande di noi”: perché è in gran parte sconosciuta, perché ha tempi lunghi rispetto alla vita umana, perché non si lascia ridurre ai concetti umani, perché scopriamo continuamente cose nuove e utili e così via. Telmo Pievani presenta così l’idea alla base: usare la scienza e la filosofia per guardare a quella cosa strana che è la natura, uno strano concetto – che Pievani comprensibilmente non prova neanche a definire – che include virus e batteri (parte del libro è dedicata alla pandemia che però non costituisce il tema principale), specie selvatiche, la biologia e la cultura umana, gli effetti delle attività umane e così via. La lente che Pievani usa per guardare alla natura è l’evoluzionismo che costringe il lettore a considerare il presente come il risultato, e il punto di partenza, di un lungo processo di trasformazione.
Dopo tutto questa bella introduzione, a pagina 12 arriva la cattiva notizia: “Tutti i capitoli, tranne due […], sono tratti da miei articoli pubblicati negli ultimi anni sul ‘Corriere della Sera’”. Nulla di male, nel voler riprendere contributi già apparsi, anzi: penso la si possa considerare un’operazione meritoria, visto che giornali e riviste – in questo caso parliamo dell’inserto culturale ‘La lettura’ – hanno vita più breve di un libro. Solo che l’operazione va fatta bene il che, per le mie abitudini di lettore, significa che o lasci ogni contributo come autonomo e indipendente, segnando se possibile l’occasione in cui è stato scritto e pubblicato, oppure smonti e rimonti tutto per avere un testo unitario.
Purtroppo La natura è più grande di noi’ non fa né l’una né l’altra cosa, per cui ci si ritrova con varie ripetizioni e bruschi salti di argomento, con un capitoletto dedicato vaccino contro la tubercolosi che – per quanto interessante – fatico a capire perché è stato inserito.
Tuttavia, una volta che si accetta che quelli che si hanno di fronte non sono capitoli in cui si sviluppa un ragionamento ma contributi autonomi raccolti intorno a idee molto generali, il libro si rivela una godibilissima e interessantissima lettura.
La natura è più grande di noi è suddiviso in cinque sezioni: ‘Antropocene ed era pandemica’, ‘La natura non giudica’, ‘Il posto dell’uomo nella natura’, ‘Quattro ritratti d’eccezione’ e ‘La scienza in piazza nell’era pandemica’.
Della la prima sezione ho apprezzato in particolare i due capitoli ‘La morale della Regina Rossa’ (che è stato scritto apposta per il libro) e ‘Il pensiero delle cattedrali’, nei quali Pievani inquadra l’impatto degli esseri umani sull’ambiente in chiave evoluzionistica, stando ben attento a evitare le purtroppo diffuse interpretazioni finalistiche che attribuiscono intenzionalità ai processi evoluzivi (con anche, a pagina 27, un accenno al coronavirus che secondo alcuni si evolve “per” eludere i vaccini). Ma la parte che più mi è piaciuta è la seconda, ‘La natura non giudica’ che sviluppando quanto detto prima ci invita a guardare alla natura con la consapevolezza che il nostro sguardo non è oggettivo, ma è quello di una specie animale con determinate caratteristiche. Dobbiamo renderci conto che ‘I microbi sono i padroni del mondo’ e che dal punto di vista genetico abbiamo importanti punti in comune con i vermi (c’è molto di Gould, in questa sezione). Ho trovato molto intrigante il capitolo dedicato all’intelligenza dei cetacei a partire dai lavori del naturalista Carl Safina (che si lega a un altro capitolo, dedicato ai polpi e al filosofo Peter Godfrey-Smith, misteriosamente messo nella sezione dei ritratti d’eccezione).
L’ultimo capitolo è una riflessione sul ruolo della scienza nella società che parte da un’intervista alla storia della scienza Naomi Oreskes (autrice di Perché fidarsi della scienza oltre che del fondamentale Mercanti di dubbi, scritto con Erik Conway) per concludersi con un decalogo sulla comunicazione della scienza. È un utile riassunto ma, sarà che conoscono abbastanza bene il tema, non mi ha particolarmente colpito.