Il 2 maggio 2008 scrivevo:
Prendiamo un classico dell’ontologia sociale: la promessa. Non ho compiuto ricerche bibliografiche approfondite e sicuramente il mio è un disdicevole pregiudizio, ma sono pronto a scommettere che sia impiegato come (buon) esempio soprattutto in area anglosassone, dove una promessa è una promessa ed è riprovevole venire meno alla parola data, mentre nell’area mediterranea, su queste cose meno rigida (vedi le promesse elettorali), ci si sente più a disagio a impiegare la promessa come esempio di oggetto sociale.
Oggi leggo questa riflessione di Totentaz, un napoletano trasferitosi in Germania:
Altra questione linguistica, ma soprattutto culturale: ci ho messo un po’ ad abituarmi al vincolo del sì in tedesco.
In italiano – intendo nell’italiano di Napoli – molto spesso il sì è solo l’apertura di una possibilità, non sempre la presa di un impegno. Il sì dato in risposta a un invito ad andare al cinema insieme la settimana successiva (i tedeschi programmano con un certo anticipo), a Napoli decade automaticamente in assenza di successive conferme, mentre qui in Germania è immediatamente un contratto da cui recedere formalmente in caso di impedimenti o ripensamenti.
In effetti mi è capitato di dover andare al cinema all’improvviso perché avevo dimenticato di aver detto sì sette giorni prima.
Ora ho imparato che molte risposte che a Napoli suonerebbero scortesi, qui sono apprezzatissime al posto di un sì incerto: “forse”, “vediamo”, “poi ne parliamo”, “dipende dal film”.
Son soddisfazioni.
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