La realtà è diventata un campo di battaglia allargato e spaccato in due

Sto leggendo Sulla guerra del fotoreporter Gianluca Grossi. Il libro nasce dall’idea che raccontare la guerra, come Grossi ha fatto in varie parti del mondo, non basta. Il semplice racconto della guerra rischia di accrescere il “mito della guerra”, una illusione che invece dovremmo superare affiancando al racconto una riflessione.
Non è un libro sulla guerra in Ucraina, ma l’invasione della Russia costituisce ritorna inevitabilmente più volte.

Riporto uno dei vari passaggi che mi sono segnato.

La guerra manda in cortocircuito anche chi è chiamato a fornirne una spiegazione il più spassionata possibile: analisti, studiosi, accademici, giornalisti. Difficile, quasi impossibile, metterli d’accordo, socraticamente, almeno sulla condivisione di un minimo comune denominatore, su una descrizione della materia e dell’oggetto in discussione riconosciuta in modo unanime. Eppure, proprio questo dovrebbe costituire la premessa per chi è interessato a trovare le risposte alla domanda: «Perché è esplosa questa guerra?». Provo una naturale familiarità di vedute, essendo allergico alle semplificazioni, con coloro che non si accontentano della descrizione più in voga, ampiamente condivisa in Occidente, al punto da costituire l’ufficialità: un dittatore cattivo e retrogrado ha deciso di invadere l’Ucraina democratica e pacifica, che si difende con eroismo grazie al non meno eroico e non meno democratico sostegno dell’Occidente e, non da ultimo, dell’Europa ugualmente minacciata di invasione. È una semplificazione che non conduce a grandi risultati, anzi che non conduce ad alcun risultato, se non alla riproduzione della guerra stessa, in questo caso su scala minore, nella sua versione cartacea e digitale. Il prodotto finale è però il medesimo: la realtà è diventata un campo di battaglia allargato e spaccato in due, gli amici di qua e i nemici di là. Qualsiasi tentativo di leggerla e di interpretarla deve rispettare questa dicotomia, anzi deve farne la sorgente di ispirazione degli argomenti ai quali si richiama.

Personalmente non provo quella “naturale familiarità di vedute” con chi non si accontenta “della descrizione più in voga”. Un po’ perché – ne avevo scritto in una Piccola guida ragionata al “pensiero unico” – a volte quella descrizione più in voga è banalmente più corretta delle alternative; un po’ perché chi non si accontenta della descrizione più in voga si accontenta invece della contronarrazione opposta, senza mostrare particolare senso critico.

Tuttavia concordo con Grossi: le semplificazioni non conducono a grandi risultati. E dovremmo evitare quella “riproduzione della guerra stessa, in questo caso su scala minore, nella sua versione cartacea e digitale”. Cercare non la neutralità o l’indifferenza, ma la lucidità necessaria a valutare gli eventi in maniera razionale o almeno ragionevole. Il problema è che non è facile, quando tutta la ricchezza di punti di vista e sensibilità viene schiacciata da quella dicotomia del “gli amici di qua e i nemici di là”.

C’era una volta l’Afghanistan

Foto di Najibullah Musafer
Foto di Najibullah Musafer

“Afghanistan, lo sguardo dei suoi fotografi” è la mostra che si aprirà domani, venerdì 4 ottobre, allo Spazio Reale di Monte Carasso (Svizzera).

Centoquaranta scatti di un Paese che negli ultimi tempi è uscito dal cono di luce dei media internazionali. Centoquaranta scatti, selezionati da Gianluca Grossi, di 19 fotografi afghani, tra cui quattro donne, che raccontano la loro terra.

La mostra è molto bella, tutte le fotografie (che si possono acquistare) meritano uno sguardo attento. Alcune immagini sono molto forti – ma non nel senso in cui uno potrebbe aspettarsi – e spero vivamente che, dopo Spazio Reale, “Afghanistan, lo sguardo dei suoi fotografi” verrà esposta in altri spazi, in Svizzera o in Italia.

Dimenticavo: l’esposizione rimarrà aperta fino al 24 novembre. Orari di apertura: venerdì  16-19, sabato e domenica 14-18. Domenica prossima, 6 ottobre, alle 17.30, lo Spazio Reale ospiterà un incontro con una delle fotografe, Hanifa Alizada.

Una riflessione sul World Press Photo

Foto di Maika Elan
Foto di Maika Elan

Ho visitato, nella galleria SpazioReale a Monte Carasso in Svizzera, l’esposizione World Press Photo 2013 e avuto l’occasione di scambiare qualche parola con Kari Lundelin dell’omonima fondazione e con Gianluca Grossi, giornalista e curatore della galleria.1 Continua a leggere “Una riflessione sul World Press Photo”

  1. La mostra è stata anche a Milano. Altre date sul sito della fondazione. []