Un notevole tempismo

Leggo che:

Agostino Giovagnoli, docente di storia contemporanea all’Università Cattolica, ha infatti commentato in questi termini al SIR le dichiarazioni del presidente della Camera Gianfranco Fini, nel 70° anniversario della promulgazione delle leggi razziali, secondo il quale allora la Chiesa non fece abbastanza.

“Il segno di dissenso da parte della Chiesa fu molto forte – replica Giovagnoli – È noto a tutti che Pio XI prese posizione contro le leggi razziali esponendosi in prima persona con discorsi molto duri e dando luogo nel luglio 1938 ad uno scontro aperto con Mussolini”.

A Giovagnoli non è noto, evidentemente, che le leggi razziali sono del settembre 1938 (il che non significa che Pio XI non si sia strenuamente opposto, ma solo che l’avrà fatto almeno un paio di mesi dopo).

L’infamia nel diritto

Giovedì scorso ho seguito il convegno Il diritto di fronte all’infamia nel diritto – A 70 anni dalle leggi razziali.

Il convegno si è soprattutto concentrato sugli aspetti giuridici delle leggi razziali italiane.
Leggi italiane, non una copiatura delle leggi naziste, e soprattutto leggi ben studiate e ben applicate, come dimostra la mole di circolari ministeriali e decreti di attuazione.

Una infamia che non può venire liquidata con il mito, che diventa un inqualificabile alibi, degli “italiani brava gente”.

Un problema di identità

La difesa della razzaIl 6 ottobre 1938 il Gran Consiglio del Fascismo vota la Dichiarazione sulla razza.

Un aspetto interessante di questa dichiarazione è l’appartenenza alla razza ebraica:

Il Gran Consiglio del Fascismo, circa l’appartenenza o meno alla razza ebraica, stabilisce quanto segue:

  • è di razza ebraica colui che nasce da genitori entrambi ebrei;
  • è considerato di razza ebraica colui che nasce da padre ebreo e da madre di nazionalità straniera;
  • è considerato di razza ebraica colui che, pur essendo nato da un matrimonio misto, professa la religione ebraica;
  • non è considerato di razza ebraica colui che è nato da un matrimonio misto, qualora professi altra religione all’infuori della ebraica, alla data del 1° ottobre XVI.

La definizione fa acqua da tutte le parti: il figlio di padre ebreo e madre tedesca è ebreo, mentre il figlio di padre ebreo e madre italiana no, purché si sia ricordato di andare a messa il 1º ottobre. Non è chiaro cosa sia il figlio di madre ebrea e padre tedesco.

Sarà vero che, come recita il primo punto del Manifesto della razza, «le razze umane esistono», però si tratta di una esistenza decisamente curiosa, se basta una messa per cambiare le cose.

Conviene ricordare anche queste curiose torsioni logiche, perché una logica così bizantina, che oggi può quasi far sorridere, è stata alla base di orrori indicibili.