Nel secondo capitolo di On Liberty, John Stuart Mill afferma:
For a long time past, the chief mischief of the legal penalties is that they strengthen the social stigma.
Da ormai molto tempo, l’aspetto più negativo delle sanzioni legali è che ribadiscono il marchio di infamia imposto dalla società.
Lo stigma, l’infamia che colpisce alcune persone, è in molti casi più dannoso delle sanzioni legali. Ed è, quindi, più pericoloso per la libertà individuale.
È meno costoso delle pene comminate da una autorità: niente iter legislativi (nulla poena sine lege), niente denuncia, niente indagini, niente processi: basta una diceria Il marchio di infamia non è controllabile: non ci sono quelle garanzie che caratterizzano, o dovrebbero caratterizzare, la sanzione legale. Non ci sono appelli, revisioni, garanzia che la pena sia commisurata al crimine.
Lo stigma dovrebbe quindi essere tenuto sotto controllo, ostacolato.
Non è così. In Svezia si valuta di ricorrere allo stigma per contrastare la prostituzione: i clienti, oltre a trascorrere sei mesi in carcere, riceverebbero a casa una busta facilmente identificabile da familiari e vicini di casa.
Almeno la proposta svedese riguarda un crimine: in Oklahoma una legge, per fortuna incostituzionale, prevedeva la creazione di un sito internet contenente tutti i dati delle donne che hanno abortito.
Tempi bui.
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