Di Wikipedia, l’enciclopedia liberamente scritta e modificata dagli utenti, si possono dire molte cose: si può entusiasticamente lodare l’affermazione dell’intelligenza collettiva oppure definirla una «sputacchiera on-line».
Wikipedia ha i suoi limiti e i suoi punti di forza: affidarsi alla libera partecipazione per la stesura delle voci è un rischio, soprattutto per alcuni temi controversi, nei quali rischiano di prevalere le passioni, o poco noti, nei quali le imprecisioni rischiano di prosperare indisturbate molto a lungo; nel complesso, tuttavia, funziona abbastanza bene: chi sa scrive contribuisce con nuovi articoli o con correzioni marginali, chi non sa non scrive nulla e chi crede di sapere, prima o poi, viene corretto da uno che sa.
Francesco Ognibene, sulle pagine di Avvenire, scopre un altro limite di Wikipedia: il relativismo.
Internet equipara ogni informazione a qualsiasi altra, abbattendo alla radice ogni pretesa di verità. Anzi, chi vuole affermare un punto fermo su materie controverse è come se si autoescludesse da un “collettivo digitale” allergico ai princìpi indiscutibili (tranne quelli wiki, s’intende). La cultura “aperta” che ispira la rete come un’ideologia intangibile è a ben guardare l’altra faccia del relativismo, al quale fornisce una legittimazione globale proprio grazie alla straordinaria penetrazione del Web.
Il relativismo viene spesso evocato a sproposito, per ignoranza o opportunismo viene confuso con lo scetticismo o con il fallibilismo. Continua a leggere “Il relativo capro espiatorio”