Umanesimo scientifico

Rudolf CarnapIl Circolo di Vienna non è passato alla storia per la sua riflessione etica e sociale. Ovviamente l’idea di fare piazza pulita della metafisica ha importanti implicazioni sulla vita, ma sono, per così dire, implicazioni negative: stabiliscono cosa non si può dire, ma non cosa di può, o si deve, dire.

Scopro, su Librescamente che, almeno Rudolf Carnap, aveva una visione indubbiamente positiva:

Penso che quasi tutti noi condividessimo come cosa ovvia, su cui non c’era pressoché bisogno di discutere, questi tre punti: in primo luogo, la concezione che l’uomo non ha protettori né nemici soprannaturali e che, pertanto, qualsiasi cosa si possa fare per migliorare la vita è compito dell’uomo stesso; in secondo luogo, la convinzione che l’umanità è in grado di cambiare le condizioni di vita in maniera tale che molte delle sofferenze attuali possono essere eliminate, e che la situazione esterna ed interna di vita dell’individuo, della comunità e, infine, dell’umanità sarà essenzialmente migliorata; in terzo luogo, la concezione che ogni azione deliberata presuppone conoscenza del mondo, che il metodo scientifico è il metodo migliore per acquistarla e che la scienza deve, pertanto, essere considerata uno degli argomenti più preziosi per il miglioramento della vita.

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Attenzione: filosofi in libertà

Primo antefatto

Leggo una affermazione filosoficamente interessante e, per certi versi, inoppugnabile:

La parola era prima dell’uomo: la parola ha concepito l’uomo, gli ha dato un nome e una figura.
Tentiamo di capire come dalla parola è disceso l’uomo, poiché non ci sarà mai dato di capire come dall’uomo sia discesa la parola.

Giuseppe Sermonti, Il tao della biologia, Lindau, 2007, p. 44

Se non fosse per il paragone, filosoficamente discutibile e pure un po’ rozzo, tra “uomo” e “parola”, sottoscriverei questa affermazione.
Prima della parola che lo nominasse, l’uomo non c’era, non poteva esserci. Il passaggio dalla non parola alla parola, dal non linguistico al linguistico, è inesprimibile, perché appunto la parola non può dire ciò che viene prima di essa. Non che il passaggio inverso sia più semplice, come al contrario sembra suggerire la frase citata.
Questa frase, però, non si trova in un saggio filosofico: la si può leggere in un libro che l’editore definisce “condito da una notevole veste scientifica”. Continua a leggere “Attenzione: filosofi in libertà”

Hilary Putnam: Scienza e Filosofia

Hilary Putnam (Foto di Guido Castagnoli)Io ci sarò.

Scienza e filosofia
Lectio Magistralis
Hilary Putnam. Introduce: Mario De Caro

Secondo una concezione molto diffusa, la filosofia non ha nulla a che fare con le scienze naturali né per il metodo, né per l’oggetto, né per le finalità. Secondo un punto di vista opposto – che negli ultimi anni ha guadagnato ampio credito soprattutto in ambito anglosassone – la filosofia va concepita in continuità con la scienza: ciò implica che i concetti filosofici non riconducibili, almeno in linea di principio, ai concetti scientifici debbano essere abbandonati. Putnam difende una posizione intermedia, secondo la quale le dottrine filosofiche debbono essere compatibili con quanto la scienza ci dice del mondo, ma in un quadro di pluralismo concettuale che fa sì che la filosofia non perda legittimità e autonomia.

Mario De Caro
Mario De Caro insegna Filosofia morale all’Università Roma Tre. Ha insegnato anche alla Tufts University ed è stato Visiting Scholar al MIT e Fulbright Fellow alla Harvard University. Ha scritto, tra l’altro, “Dal punto di vista dell’interprete” (Carocci, 1998) e “Il libero arbitrio” (Laterza, 2004) e curato “Interpretations and Causes” (Kluwer, 1999), “Cartographies of the Mind. Philosophy and Psychology in Intersection” (Springer, 2007, con Massimo Marraffa e Francesco Ferretti) e “Scetticismo” (Carocci, 2007, con Emidio Spinelli).

Hilary Putnam
Professore emerito alla Harvard University, è uno dei più importanti filosofi degli ultimi decenni. Ha offerto contributi fondamentali alla filosofia della matematica, della fisica, del linguaggio e della mente, nonché alla metafisica, all’etica e alla teoria della conoscenza. Con la sua teoria funzionalistica della mente è stato uno dei fondatori della scienza cognitiva (della quale è divenuto poi acceso critico). Come matematico, infine, ha contribuito alla risoluzione di uno dei celebri “Problemi di Hilbert”.

Foto di Guido Castagnoli

Teorie scientifiche e teorie metafisiche

Giorgio Israel, a proposito del rapporto tra teorie scientifiche e metafisica, scrive:

Nessuna persona seria potrà sostenere che l’idea [scientifica] della fissità delle specie non abbia un’ispirazione teologica.

A costo di passare per persona non seria (un pericolo che corro volentieri), mi chiedo se non si possa capovolgere la frase:

Nessuna persona seria potrà sostenere che l’idea [teologica] della fissità delle specie non abbia un’ispirazione scientifica.

Detto altrimenti: i primi “teologi”, i primi cioè che parlarono in senso divino della fissità delle specie, scelsero la fissità invece della instabilità o mobilità per questioni legate alla divinità e alla natura oppure, più banalmente, perché osservarono che le specie erano stabili? In quel momento erano più scienziati o più filosofi?

Verità ed errori

Non bisogna pensare che gli scienziati abbiano sempre ragione, semplicemente perché la scienza è ricerca della verità. Al contrario, nello sforzo che porta alla verità scientifica si commettono parecchi errori.

Luca e Francesco Cavalli-Sforza, «“Neri meno intelligenti” Provocazione-choc di un Nobel», la Repubblica, 18 ottobre 2007

Scoperto grazie a Filter.

Perché incontrarci?

I filosofi hanno questa malsana predilezione per lo stolto che osserva il dito mentre il saggio gli indica la luna: di fronte a una domanda, invece di pensare alle possibili risposte, il filosofo vuole ulteriori dettagli, cerca di scoprire perché porre proprio quella domanda e non un’altra, confronta varie domande eccetera. Continua a leggere “Perché incontrarci?”

Scienza e fede: come diventare atei ascoltando un vescovo

Breve resoconto della conferenza su Scienza e Fede. Continua a leggere “Scienza e fede: come diventare atei ascoltando un vescovo”

Scienza e fede: la scienza nel nuovo Millennio

BergamoScienza 2007 

Scienza e fede: la scienza nel nuovo Millennio
Domenica 14 ottobre 2007 – ore 11.00
Auditorium del Seminario Città Alta – via Arena – Bergamo

Karl Popper già nel 1930 scriveva che la sopravvivenza dell’uomo sarebbe dipesa in modo sempre più cruciale dallo sviluppo della ricerca scientifica. Secondo il Cardinale Poupard “la Chiesa, all’alba del nuovo millennio, deve aiutare gli scienziati a riconoscere un’etica capace di distinguere ciò che è bene per l’uomo e ciò che non lo è, in un dialogo che continuamente ispiri fiducia”.

Interverranno: Antonio Staglianò Preside dell’Istituto Teologico Calabro e Consulente per il Progetto Culturale, Marcelo Sanchez Sorondo Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze
Introduce: Roberto Maiocchi Università Cattolica, Milano

Non ho ben capito chi rappresenterebbe la scienza, ma rimando ogni commento a dopo la conferenza.

Una quinta del tempo

Sull’origine dell’Universo:

Thomas Mann amava asserire che l’origine è sempre una quinta del tempo. Il che è come dire: non c’è origine. Ogni volta che siamo di fronte all’origine, in realtà siamo di fronte all’originato, non all’origine. Non ha senso pensare un’origine «una» di cui si possa dire: questa è l’origine. Ecco, per l’intelligenza umana, un paradosso insostenibile.

Ogni volta che si parla di origine si opera quella che io chiamo la «retrocessione del testimone». Non si può parlare di altro modo. Non è infatti possibile alcun discorso sull’origine che non comporti la retrocessione del testimone. Prendendo un esempio dalla cosmologia odierna: si dice, per esempio, 10-40 secondi dall’origine dell’Universo, o dal Big Bang. Che cosa significa questa frase se non per esempio questo: se un osservatorio attuale, ad esempio quello di Harvard, fosse stato presenta alla 10-40 dal Big Bang, avrebbe osservato quello che noi diciamo che ipoteticamente sarebbe successo. Questo, però, senza qualificazioni, è privo di senso. Anzitutto, bisognerebbe chiarire qual è il privilegio di questo osservatore di oggi rispetto ad altri osservatori. Perché l’insieme delle pratiche, delle tecniche, delle teorie di un osservatorio odierno avrebbe un privilegio rispetto all’origine? Intendo proprio l’origine in quanto tale, non semplicemente l’origine come attuale problema scientifico. Come, rispetto all’origine in quanto tale (che è poi ciò di cui la scienza pretenderebbe di parlare), le pratiche attuali avrebbero un privilegi, per esempio rispetto alle osservazioni astronomiche dei Magi persiani? Questo non significa che io, come uomo del mio tempo, non sia ovviamente inclinato ad accogliere le opinioni della scienza contemporanea a preferenza di quelle dei Magi: però questo privilegio va argomentato e chiarito.

Carlo Sini, “Ha davvero senso parlare di origine dell’Universo?” in G. V. Coyne, G. Giorello, E. Sindoni (a cura di) La favola dell’universo, Casale Monferrato, Piemme, 1997

Metri e chili

Un confronto tra scienza:

Il rischio è quello di fare due pesi e due misure nel vero senso della parola: il kilogrammo ufficiale (unica tra le unità di misura definita in relazione a un manufatto e non a una proprietà fisica), custodito a Parigi al Bureau International des Poids et Mesures di Sèvres, non è più quello di una volta e pesa 50 microgrammi in meno.

La massa standard fu creata nel 1875 ed è costituita da un cilindro retto a base circolare di 39 mm di altezza e diametro, composto da una lega di platino e iridio. Esistono altri prototipi nazionali che ogni 10 anni vengono confrontati con l’originale. Tutti gli esemplari sono identici e conservati nelle stesse condizioni, con una scrupolosa prudenza nell’esporli alla luce o a qualsiasi variabile esterna. Eppure le Grand Kilo ufficiale sta perdendo peso e nessuno sa spiegarsi il perché. Questione di pochi microgrammi, per carità, ma gli esperti del centro internazionale dei pesi e delle misure considerano anche le variazioni infinitesimali e, giustamente, sollevano il problema con toni allarmati. Il fisico Richard Davis ammette di non trovare alcuna spiegazione plausibile, mentre l’esperto Michael Borys, dell’istituto di Braunschweig, ipotizza che siano gli altri prototipi a esser diventati più pesanti.

Emanuela Di Pasqua, Un kg non pesa più un kg, “Corriere della Sera”, 13 settembre 2007

e filosofia:

Di una cosa non si può affermare e nemmeno negare che sia lunga un metro – del metro campione di Parigi. – Naturalmente con ciò non gli abbiamo attribuito nessuna proprietà straordinaria, ma abbiamo soltanto caratterizzato la sua funzione particolare nel gioco del misurare con il metro. Possiamo esprimere ciò nel modo seguente: questo campione è uno strumento del linguaggio col quale facciamo asserzioni relative [alla lunghezza]. In questo gioco non è ciò che è rappresentato, ma è il mezzo della rappresentazione.

Ludwig Wittgenstein, Ricerche filosofiche, §50