Una storia zen.
Allievo: Maestro, vuoi rivelarmi il senso ultimo della vita?
Maestro: Sì.
Allievo: …
Maestro: …
Allievo: Maestro, avevi detto che me l’avresti rivelato!
Maestro: L’ho appena fatto.
Molto meglio di questa filosofia spicciola.
Una storia zen.
Allievo: Maestro, vuoi rivelarmi il senso ultimo della vita?
Maestro: Sì.
Allievo: …
Maestro: …
Allievo: Maestro, avevi detto che me l’avresti rivelato!
Maestro: L’ho appena fatto.
Molto meglio di questa filosofia spicciola.
La vita è solo un’ombra che cammina,
un povero attorello sussiegoso
che si dimena sopra un palcoscenico
per il tempo assegnato alla sua parte,
e poi di lui nessuno udrà più nulla:
è un racconto narrato da un idiota,
pieno di grida, strepiti, furori,
del tutto privi di significato!
Così il povero Macbeth, nel finale dell’omonima tragedia di Shakespeare (atto V, scena V, trad. it. di Goffredo Raponi).
L’immagine è potente: la vita è solo un’ombra che cammina (a walking shadow), non esiste se non nel suo opporsi alla luce, e nulla rimarrà di essa, è come il racconto di un idiota: privo di significato. Perché l’attorello sussiegoso (poor player) continua a dimenarsi sul palcoscenico? Che senso ha continuare a recitare una parte priva di significato? Continua a leggere “Nulla, a parte il nichilismo”