È bello servire lo Stato con i fatti, non è sconveniente farlo con le parole; e molti hanno acquistato rinomanza compiendo imprese, molti narrando quelle degli altri. Però, sebbene una gloria non pari accompagni chi scrive e chi compie le imprese, credo che specialmente arduo sia il compito dello storico: primo, perché bisogna adeguare le parole ai fatti; poi, perché la maggior parte della gente considera dettate da invidia e da odio le parole con cui si denuncia una colpa, mentre, quando si sono ricordati il grande valore e la gloria dei buoni, ognuno accetterà di buon grado quanto ritiene di poter fare facilmente egli stesso; giudicherà falso, frutto di fantasia, ciò che riesce superiore alle sue forze.
Sallustio, La congiura di Catilina, a cura di Giancarlo Pontiggia, Mondadori 1992
Inizialmente mi ero annotato questo passaggio per la parte finale, quella per cui si giudica vero quel che è alla propria portata e frutto di fantasia quel che è superiore alle proprie forze (e frutto di invidia le critiche). Tuttavia, rileggendo questo passaggio di Sallustio, mi accorgo che la parte più interessante è prima. Il compito dello storico è arduo perché bisogna adeguare le parole ai fatti.
Il riferimento – così indicano le note di commento – è all’abilità retorica dello storico che deve appunto trovare le parole adatte per raccontare le grandi imprese dei buoni (o per denunciare le colpe dei cattivi, ovviamente). Ma “adeguare le parole ai fatti” può essere interpretato anche come invito a non esagerare, a raccontare le cose come stanno riportando le informazioni a disposizione senza introdurre cose nuove, frutto di fantasia.