Prendiamo in mano un bel libro di filosofia: il Dizionario filosofico di Voltaire. Il genio polemico e ironico del philosophe per antonomasia risplende in ogni pagina. Iniziamo a leggere la voce Tolérance, tolleranza:
Che cos’è la tolleranza? È l’appannaggio dell’umanità. Siamo tutti impastati di debolezze e di errori; perdoniamoci reciprocamente le nostre sciocchezze, è la prima legge della natura.
Traffichino pure insieme alla borsa di Amsterdam, di Londra, o di Surat, o di Bassora, il ghebro, il baniano, l’ebreo, il maomettano, il cinese, il bramino, il cristiano greco, il cristiano romano, il cristiano protestante, il cristiano quacchero: non alzeranno mai il pugnale gli uni sugli altri per guadagnare anime alla loro religione. Perché allora ci siamo scannati senza interruzione dal primo concilio di Nicea?
Per Voltaire la tolleranza è legata alla fallibilità umana: dal momento che i nostri discorsi potrebbero essere colossali sciocchezze, dobbiamo perdonarci i nostri discorsi, non si sa mai, potrei anche non avere ragione io. Forse parlare di legge della natura è un po’ esagerato, tuttavia rende bene l’idea: l’intolleranza è un atteggiamento stupido e irrazionale.
Se il primo paragrafo cerca di definire teoricamente la tolleranza, il secondo sembra voler esemplificare quanto detto nel primo. È come se Voltaire ci dicesse: “Ehi, non sto dicendo fesserie: leggete qui, la tolleranza è possibile!”.
L’esempio è dato dal commercio: l’ebreo e il maomettano trafficano insieme al cristiano greco e al cinese.
Chissà cosa penserebbe Voltaire di questa notizia. Oppure di questa. O di quest’altra ancora. E anche di questa. Oppure di… forse è meglio mettere via i giornali e tornare a Voltaire.
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