Beata incoscienza

E Licenzio disse: «Non ti rincresca, per favore, di rievocare e di espormi sinteticamente prima di pranzo l’intera dottrina degli Accademici, perché non mi sfugga qualche punto di essa che torni a favore della mia tesi». «Lo farò», risposi, «e tanto più volentieri perché spero che, meditando su questa cosa, a pranzo tu mangi poco». «Non esserne sicuro», replicò, «ho spesso osservato molti, e specialmente mio padre, esser tanto più voraci quanto più erano pieni di pensieri. E poi anche tu hai potuto constatare che, quando meditavo sulla metrica di quei versi, il fato che io me ne dessi cura non ha reso sicura la mesa. E di questo, a dir il vero, sono solito meravigliarmi io stesso tra me e me; che significa, infatti, il fatto che abbiamo più forte appetito anzitutto quand rivolgiamo lo spirito ad altro? O chi è che diventa straordinariamente dominatore sulle nostre mani e i nostri denti, mentre noi siamo occupati in altri pensieri?».

Aurelio Agostino, Contro gli Accademici, II, 10 (trad. it. di Giovanni Catapano, Bompiani 2005)

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