L’uomo è un animale sociale: trascorre la sua vita in stretto contatto con altri individui.
La convivenza non sempre è pacifica e quasi mai priva è di problemi: quando le cose vanno bene si discute, quando vanno male si litiga, quando vanno molto male si combatte e quando vanno malissimo ci si ritrova soli, perché l’altro è stato eliminato.
La scala di valore qui proposta non è chiaramente vincolante: è perfettamente lecito preferire, anche solo in certe situazioni, la guerra ai dibattiti.
Credo tuttavia che anche i più agguerriti nemici delle discussioni avvertano la necessità di comunicare e di capirsi, fosse anche solo per organizzare i piani di battaglia con gli alleati. Continua a leggere “Nell’universo”
Categoria: Ricerche filosofiche
Le riflessioni più filosofiche, anche se con moderazione
La classifica di Lakatos
Il mondo è vasto. Le biblioteche ancora di più. Occorre trovare una guida: dopo Socrate, Cartesio e Feyerabend, è il turno di Imre Lakatos.
Imre Lakatos nacque in Ungheria il 9 novembre 1922. Nella sua vita conobbe sia il regime fascista ungherese, l’occupazione nazismo (sua madre morì ad Auschwitz) e il regime comunista (dal 1950 al 1953 è prigioniero nei campi di internamento staliniani).
Io parlo. Io penso.
Lo Newspeak o Neolingua è il linguaggio immaginato da George Orwell nel suo romanzo 1984. Lo scopo che il regime si prefigge, attraverso l’introduzione di questa nuova lingua, è quello di rendere impossibile anche solo pensare atti di ribellione: il vocabolario e la grammatica di questo linguaggio sono infatti ridotte all’essenziale, e i pensieri eretici risultano quindi non solo proibiti, ma anche privi di senso.
L’assunto che muove questa invenzione di Orwell è che l’uomo pensa attraverso le parole e quindi che senza parole non si possono neppure avere i pensieri. Continua a leggere “Io parlo. Io penso.”
Dolcezze
Il termine eutanasia, dal greco buona morte, è stato usato la prima volta in epoca moderna dal filosofo Francesco Bacone nel testo, apparso nel 1605, dal notevole titolo di The second book of Francis Bacon of the Proficience and Advancement of Learning divine et human. Bacone intendeva la parola ancora nel senso antico, ossia in riferimento alla morte, non alle pratiche attive e passive che la provocano: nel consigliare la buona morte, il filosofo inglese invitava i medici a non abbandonare a se stessi i malati non curabili, non a somministrare loro del veleno. È solo successivamente che il termine ha assunto la connotazione attuale di “dolce uccisione” piuttosto che “dolce morte”.
La questione dell’eutanasia così intesa è moralmente e giuridicamente complessa e è soltanto in parte riconducibile al tema del suicidio in quanto viene messo in discussione anche il rapporto tra il medico e il paziente. Continua a leggere “Dolcezze”
Il menu intelligente
Piccolo esperimento mentale.
Nel futuro, non necessariamente prossimo, alcuni ristoranti avranno installato, all’entrata, uno scanner in grado di analizzare le persone, in modo da scoprire l’intera composizione chimica e fisica dell’organismo, oltre all’attività elettrica del sistema nervoso e a qualche altro misterioso parametro che attualmente ignoriamo.
Tutte queste informazioni verranno successivamente inviate ad un computer per scoprire quali pietanze sono gradite e quali invece no, tenendo conto di eventuali problemi di salute. Dopo alcuni minuti il risultato dei calcoli verrà inviato alle cucine e ad alcuni chip installati nei menu sui tavoli, in realtà sofisticati schermi a cristalli liquidi. Continua a leggere “Il menu intelligente”
La domanda giusta
Tutti gli uomini per natura tendono al sapere.
Aristotele, in questa breve citazione dalla Metafisica, non dice come avviene questa tensione: l’uomo tende al sapere, cerca la verità, ma come avviene questa ricerca, quale è il suo inizio?
L’uomo tende al sapere interrogandosi, ponendo domande.
La domanda è il fulcro della ricerca: è a partire da essa che inizia la ricerca. Continua a leggere “La domanda giusta”
Non credere ai propri occhi
Al mondo esistono solo due generi di cose: le sostanze e gli accidenti; se una cosa non è né l’una né l’altra, allora semplicemente non è una cosa, non esiste, è un non-ente.
Così argomentava Don Ferrante nei Promessi Sposi e, grazie ai suoi argomenti, dimostrava, sul finire del XXVII capitolo, l’inesistenza del contagio: la peste non si propaga, si manifesta. Non ha quindi alcun senso la prevenzione, come bruciare le vesti degli ammalati e rintanarsi in casa, essendo tutta una questione di cattiva influenza degli astri.
La storia è nota: alla fine il contagio vi fu, e Don Ferrante morì “come un eroe di Metastasio, prendendosela con le stelle”. Continua a leggere “Non credere ai propri occhi”
Prova d’orchestra
Per Sartre l’opera d’arte è un irreale. Così il filosofo francese si esprime in Immagine e coscienza (Conclusione, II – L’opera d’arte).
Irreale perché il soggetto estetico non esiste: di un quadro sono reali “i risultati delle pennellate, la preparazione della tela, la sua grana, la vernice passata sui colori: tutte cose che non costituiscono affatto oggetto di valutazione estetica”.
Sartre è qui terribilmente platonico, e infatti poco dopo rispolvera l’idea platonica di bello: “ciò che è bello, invece, è un essere che non potrebbe darsi alla percezione e che, nella sua stessa natura, è isolato dall’universo”.
Ovviamente non sono solo i dipinti, o meglio il bello dei dipinti, ad essere irreali: anche le cattedrali e le composizioni musicali, o meglio il bello delle cattedrali e delle composizioni, sono irreali. Continua a leggere “Prova d’orchestra”
Luce e ombra
L’oscurità nasconde: non sappiamo cosa c’è all’interno di una stanza buia. Qualsiasi cosa si trovi al suo interno, non viene vista, non è possibile conoscerla. Ma basta accendere la luce, illuminare il locale, perché tutto risulti chiaro e comprensibile.
Questo semplice evento è forse la migliore illustrazione della potente e diffusa metafora della luce come conoscenza contrapposta all’oscurità come ignoranza.
Platone è forse il primo ad utilizzare questa potente immagine evocativa: nel mito della caverna (Repubblica, libro VII), la fonte della conoscenza è appunto la luce, la brillante e purtroppo lontana luce del fuoco. Senza questa luce, che è l’idea del bene, gli uomini incatenati vivrebbero nell’oscurità completa, non vedrebbero e non conoscerebbero nulla; grazie ad essa vedono e conoscono, anche se, per colpa delle catene, la loro vista è limitata alle ombre, insoddisfacente via di mezzo tra la luce diretta e l’oscurità totale. Continua a leggere “Luce e ombra”
L’estintore di Feyerabend
Riassunto. Il mondo è una gigantesca Biblioteca di Babele. Occorre una guida per orientarsi e decidere quali libri conservare, quali leggere e quali, invece, bruciare.
La ricerca di questa guida è stata, finora, infruttuosa: Socrate e Cartesio non sono stati di aiuto. Mentre ci si apprestava a cercare la soluzione tra le pagine di altri importanti filosofi, un curioso individuo si è introdotto nella discussione: Paul Karl Feyerabend. Continua a leggere “L’estintore di Feyerabend”