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Che cosa è la natura?
Tento un piccolo abbozzo di indagine fenomenologica (e linguistica) del concetto di natura.
Come tutti gli abbozzi, è sicuramente perfettibile. Come tutte le fenomenologie1, ha intento descrittivo, non normativo: descrive i concetti come vengono usati e concepiti, non propone riforme nella (vana) speranza di emendare linguaggio – anche se, è ovvio, qualsiasi tentativo del genere dovrebbe partire da una analisi simile. Questa analisi concettuale può, al massimo, ambire a smascherare il concetto, metterlo a nudo ma lasciandolo lì dov’è, nella speranza (forse meno vana della precedente speranza di riformare il linguaggio) che una volta messo a nudo possa incantare meno le persone.
- Natura è tutto ciò che esiste.
Escludendo solo l’inesistente, la categoria di innaturale si limita a “cose” impossibili da incontrare come l’attuale re di Francia, un pezzo di ferro ligneo o un quadrato rotondo (se siete filosofi particolarmente ispirati anche queste cose esistono e, quindi, fanno parte della natura). - Natura è ciò che non ha a che fare con gli uomini.
Sono molte le cose, e soprattutto gli ambienti, che non hanno a che fare con gli uomini e sono quindi naturali. L’intervento umano viene visto come contaminazione. In questa accezione, naturale è un concetto graduale: una città è meno naturale di un campo di papaveri e entrambi sono meno naturali di una valle selvaggia.
Una spremuta d’arancia è più naturale di una a base di succo concentrato e entrambe sono più naturali di una bevanda all’aroma di arancia, soprattutto se questo è ottenuto tramite sintesi chimica. - Natura è ciò che non richiede scelte arbitrarie.
Se ho varie opzioni tra di loro equivalenti e scelgo in maniera casuale una di esse, il risultato della mia scelta è non naturale. Se viceversa le opzioni non sono equivalenti e ho dei validi motivi per effettuare la scelta, il risultato è, relativamente a quella scelta, naturale. Se ho sete, è naturale scegliere il bicchiere pieno rispetto a quello vuoto, è arbitrario (e non naturale) scegliere il bicchiere rosa rispetto a quello blu.
Se non sbaglio, è questa l’accezione con cui il termine naturale viene, almeno a volte, usato in matematica. Il logaritmo con base e è naturale appunto perché la scelta della base e non è arbitraria, contrariamente, ad esempio, alla base 10. - Natura è ciò a cui siamo abituati.
Le novità, soprattutto quelle che sovvertono l’esistente, sono innaturali. Un simile concetto di natura cambia nel tempo e nello spazio. - Natura è ciò che non richiede giustificazioni.
Con particolare riferimento all’agire umano (e animale): una azione istintiva, non meditata o controllata, è più naturale di una azione risultato di un calcolo razionale.
La natura ha cause, mentre il non naturale (il sociale) ha norme. - Natura è ciò che è innato e inemendabile.
Sempre con riferimento all’agire umano (e animale): naturale è ciò che non viene appreso con l’educazione e, soprattutto, ciò che l’educazione non può cancellare.
Credo che tutte accezioni siano corrette, nel senso che è lecito (e a volte utile) utilizzare il termine natura in uno di questi significati, una volta specificato a quale concetto ci si riferisce e, soprattutto, avendo ben chiaro che l’etichetta “naturale” non ha alcun potere magico, né positivo né negativo.
- La fenomenologia, in realtà, avrebbe come oggetto di indagine i fenomeni, non i concetti. [↩]
Al n. 1 avrei aggiunto, come disse il noto collezionista d’antiquariato Mike Bongiorno, un bel crocifisso del 400 a.C. 🙂
Voi filosofi mi fate impazzire. Hai proposto diverse definizioni di natura: sono tutte variamente incompatibili, anche se, prese una per una, tutte accettabili.
Ora immagina una discussione tra filosofi (o una bella enciclica papale…), in cui si parla di “natura” (ma il discorso vale anche per “ragione”, “verità”, “laicità”, “relativismo”, …): con ogni probabilità, seguirà una gigantesca, inconcludente, sterile zuffa: magari si scopre che ciascun filosofo usa i termini “a modo suo”.
Il linguaggio “naturale” 😉 è bellissimo, perfetto per la vita di tutti i giorni, ma si presta male (anzi, diciamo pure che non si presta!) per esigenze “superiori”.
Gli scienziati hanno il merito di aver elaborato un loro linguaggio rigoroso e non ambiguo: due fisici quando parlano di “forza” parlano della stessa cosa; due matematici quando parlano di “funzione” indendono la stessa identica cosa. Due filosofi quando parlano di “natura” (ma mettici quello che vuoi!) non è detto che intendano la stessa cosa!
Questo lo vedo come un grosso limite della filosofia, orgine di grandi confusioni.
Oh, minchia, il 17 agosto…
Vabbè, leggo.
Marco
Recentemente ho scritto un post sulla mia visione della natura che non esclude l’uomo!
http://pensieridiluce.blogspot.com/2009/04/tutto-e-naturale.html
Al di là che si faccia danni, l’uomo è natura in sè!
C’è qualcosa che non torna. Una molecola di acido L-ascorbico estratta da un frutto (o da qualunque altro organismo) è chimicamente, fisicamente e biologicamente indistinguibile da una molecola di acido L-ascorbico sintetizzata in laboratorio.
@–>Lorenzo
A proposito di linguaggi “specialistici”, il mio professore e maestro di diritto commerciale, era solito criticarne l’abuso di tipo settario che ne viene fatto dai c.d. “addetti ai lavori” per escludere chi tale non è dai loro discorsi e darsi così una parvenza di “luminari”. L’esempio che citava era quello della figlioletta di otto anni, che gli si rivolgeva in maniera molto naturale, citandogli il Grande Puffo, il Puffo Dormiglione, Puffetta e poi lo guardava con occhi di sufficienza, quando si rendava conto che il papà di queste cose non ne sapeva proprio nulla: ma che ignorante!
(Nello specifico, la critica era rivolta ai docenti di Economia Aziendale, che riempiono i loro discorsi- a volte di contenuto assolutamente banale – con una pletora di termini tecnici mutuati dall’inglese, spesso al solo fine di “criptare” gli argomenti, riservandoli alla ristretta cerchia degli “iniziati”).
Ciao Ivo,
la def. 3) potrebbe essere sicuramente riformulata tenendo conto del punto di vista dei matematici 🙂
In matematica (in particolare in teoria dell’informazione) si suppone sempre che se non ci sono motivi di effettuare una particolare scelta, allora essa verrà fatta in maniera casuale. Quindi più che dire “non si fanno scelte casuali se non c’è un motivo per non farle”, si dovrebbe dire: “una decisione è naturale, se è completamente casuale, a meno di altri vincoli”.
Che è anche come funziona l’evoluzione, se astrai un po’
Ciao
Stefano
Lorenzo, la tua è un’accusa con cui la filosofia già da un secolo ha fatto i conti, almeno a partire da Russell, Wittgenstein (infatti Ivo, giustamente, parlando de “l’attuale re di Francia”, cfr. 1, ha voluto immediatamente richiamarsi a questo problema e a quella tradizione di pensiero). Tuttavia, non credo che gli scienziati, e il linguaggio scientifico, possano lumeggiare meglio dei filosofi intorno a termini come “natura”, “mondo”, “verità” ecc. Il fatto è che una “funzione” tutti sanno cos’è, anche i filosofi parlando tra di loro di funzioni si comprendono perfettamente. Ma di molti altri concetti di cui la scienza non può e non sa dire nulla, la filosofia ha il dovere di tentare di definirli. L’oggetto specifico della filosofia in questo senso sembra essere la spazzatura della scienza :).
Francesco ho letto il tuo post, è l’ho condivido in gran parte, si integra molto bene con quanto scritto da Ivo e muove obiezioni corrette.
“Ma di molti altri concetti di cui la scienza non può e non sa dire nulla, la filosofia ha il dovere di tentare di definirli.”
Vero, la scienza mica sa tutto. Però sul suo campo di indagine può arrivare a conclusioni condivise, e questo non è poco!
Quando si esce dal campo della scienza, cominciano i dolori, anche perché manca un linguaggio preciso.
In matematica, parlare di “infinito” senza le solide basi del linguaggio della teoria degli insiemi, e usando invece il linguaggio che si usa dal barbiere o dal fruttivendolo, sarebbe ridicolo. Cantor e Goedel non sarebbero andati da nessuna parte, con il linguaggio “naturale”.
Invece quando si vuole parlare di “natura”, “ragione”, “verità”, … e per farlo si usa il linguaggio naturale (bellissimo, ma sommamente impreciso), ho l’impressione, confermata peraltro da secoli di storia della filosofia, che si finisca inevitabilmente per finire in un ginepraio e perdersi, senza arrivare a nulla di condiviso.
Per esempio, riesci a dirmi una sola cosa su cui i filosofi sono tutti d’accordo? Se parliamo di scienziati si potrebbe fare un elenco sterminato di nozioni “condivise”, ma in filosofia?
Ciao Lorenzo,
non stai esagerando un po’? Non è che in matematica c’è condivisione sulle definizioni, è solo che in matematica si lavora quasi solamente con tautologie. Una definizione in matematica non è altro che un’abbreviazione di una serie di simboli, ed è quindi evidente che ci sia condivisione, dato che si gioca semplicemente coi simboli.
Ma già se passi dalla matematica pure alla fisica, beh, tutta questa condivisione non c’è; per lo stesso concetto (posizione, momento, simmetria o quel che vuoi tu) hai una definizione che dipende dal contesto (fisica classica, meccanica quantistica, relativita, particelle etc…).
Penso che la situazione sia molto simile in filosofia, o no Ivo?
Ciao
Stefano
Stefano, dici che passando dalla matematica alla fisica la condivisione non c’è più? Non mi risulta. Pensa che l’accordo tra teoria ed esperienza che c’è in meccanica quantistica arriva a una parte su mille miliardi.
Dubito che esistano fisici che mettano in dubbio la meccanica classica o la fisica quantistica o la relatività (naturalmente, nei rispettivi ambiti di validità di quelle teorie). Si tratta di un corpus di conoscenze *enorme*.
Torno a chiedere: mi dite *una sola cosa* su cui i filosofi sono tutti d’accordo?
Lorenzo te la dico una cosa su cui i filosofi sono tutti d’accordo, ed è questo enuciato: “in filosofia non c’è condivisione assoluta su nessuna questione”. Su questo i filosofi sono tutti d’accordo. 🙂
Ciao Lorenzo,
secondo me stai confodendo due cose diverse. Una è la capacità predittiva delle fisica; l’altra è l’accordo linguistico sui concetti. La prima esiste (1 su mille miliardi, se vuoi). L’altra no.
Per farti un esempio: l’energia è un numero che si può calcolare per i corpi in movimento in meccanica classica. Ma in meccanica quantistica è un operatore. È vero che tu puoi chiarire a quale definizione ti riferisci quando parli di energia, ma questo lo puoi fare anche in filosofia.
Anche in matematica esistono esempi del genere! Una funzione è una terna ordinata (A,B,R) dove A,B sono insiemi ed R è una relazione “univoca” per quasi tutti i matematici; però alcuni includono anche le funzioni multivoche tra le funzioni, e quasi tutti annoverano per comodità 1/x, o tan(x) tra le funzione reali, quando il loro dominio non è l’insieme dei reali.
Di nuovo: ci si può spiegare, ma la parola “funzione” viene usata da persone diverse con significati diversi. Ne più ne meno che in filosofia (e anche in tutte le altre scienze umanistiche, immagino).
A me pare, peraltro, che questa condivisione non sia nemmeno tanto desiderabile (anzi, per me è deprecabile), è sufficiente che sia possibile esplicitare le definizioni se richiesto.
Buona giornata
Stefano
Attento, Lorenzo, è una trappola! 🙂
E ricordati che l’io puro pone prima se stesso, e solo poi pone il non-io.
Mh, però all’affermazione “una decisione è naturale, se è completamente casuale, a meno di altri vincoli” si potrebbe obiettare che la scelta di e come base dei logaritmi naturali non è casuale, e non è neppure vincolata.
Voglio dire, risolvendo la più semplice equazione differenziale che descrive un decadimento o un accrescimento, hai a che fare con e e non con altri numeri.
(ehi, qui ci sono troppi zar 🙂 )
#7 “Che è anche come funziona l’evoluzione, se astrai un po’” troppo: l’evoluzione NON è casuale.
Ma questo è un argomento che piacerebbe a Berlicche! o è in ferie? 😀
@zar: la tua obiezione è interessante. Penso che il motivo per cui e la base del logaritmo naturale è che non stai compiendo alcuna scelta arbitraria, e che quindi non stai imponendo vincoli esterni.
@juhan: se non hai vincoli genetici, si produrranno delle mutazioni casuali che non danneggiano le funzioni vituali della bestia in questione; alcune di esse verranno selezionate in maniera statistica. in questo senso l’evoluzione è casuale.
Sono stupito: non mi aspettavo così tanti commenti il 17 agosto! Temevo, al contrario, di sacrificare un post simile proponendolo oggi…
@lector#1: Terrò presente il crocifisso del 400 a.C. come oggetto non esistente: mi sembra un ottimo candidato!
@Lorenzo: Sinceramente, non capisco molto l’obiezione.
Quando leggi l’opera di un filosofo, questi utilizza natura in un solo termine. Spinoza, per dire, utilizza nel senso 1. E basta. Altri pensatori, poi, utilizzeranno il termine natura in altre accezioni. Se si fa chiarezza (se si specifica, almeno implicitamente, che cosa si intende con natura), non ci sono problemi.
Questo post vuole poi proprio fare chiarezza su questo punto: che cosa è la natura o, meglio, che cosa è possibile intendere quando si parla di natura?
Certo, se poi leggiamo i “filosofi” che propongono le loro profonde riflessioni su vari quotidiani e settimanali, il discorso cambia – ma prendere loro a modello di riflessione filosofica sarebbe come giudicare la fisica dalle sparate di Antonio Zichichi!
@Stefano #7 e zar #15: Su, mostratevi d’accordo, se no poi dicono che la matematica è come la filosofia, non trovi due che la pensino alla stessa maniera! 😉
@Lorenzo:
Lo faccio, se tu mi dici una cosa, specifica del campo di indagine, su cui gli scienziati sono tutti d’accordo? Ogni disciplina, per non dire ogni specialità, avrà le sue affermazioni indubitabili.
Premesso questo, ecco una affermazione filosofica certa, per la fenomenologia: non esiste colore senza superficie.
@Mercenario: Non lo vedo come un problema della definizione; piuttosto è un problema per chi, da quella definizione, voglia trarre conclusioni sulla qualità e la salubrità di determinate sostanze. Come ho scritto: “l’etichetta “naturale” non ha alcun potere magico, né positivo né negativo”.
Questa è una fenomenologia: ha intenti descrittivi, non correttivi – meglio che lo specifichi anche nel post.
Lorenzo, vedi? Te l’avevo detto, è una trappola. Ora cercheranno di convincerti che anche gli idealisti tedeschi utilizzavano ciascun termine in un solo e preciso significato.
Scappa, scappa! 😛
@hronir: Ma cosa ti hanno fatto di male gli idealisti tedeschi?
come questione di principio, anche sulla non contraddizione (definita da aristotele una volta per tutti) tutti i filosofi occidentali (perché per gli orientali è diverso, in genere, ma se si decide di restare sul piano del discorso razionale nemmeno i buddisti escludono il principio di non contraddizione) sono d’accordo.
che poi leggerne alcuni (TUTTI sappiamo a chi alludo) in cui il principio non viene applicato, ma le parole in libertà girano e si scontrano e creano poesia certo ma somma inutilità oltre che contraddizioni palesi, allora è colpa del filosofo, non della filosofia e dei suoi principi.
Alex io non so a chi alludi. Però convengo assolutamente con quanto asserisci nella prima parte.
Sono perpluto! 25 commenti e nessuno ha ancora citato il sommo Brocco Uttiglione
Ivo, Ivo… i continentali sono il male assoluto, sabbie mobili intellettuali, insulto all’intelligenza, palude della ragione, vergogna dell’umanità. L’idealismo tedesco è pura farneticazione, liquefazione di linguaggio, allucinazione verbale.
@zar, alludo ai continentali che ha così ben descritto hronir 🙂
aggiungo, giusto per completezza: in genere su tutti i principi formali i filosofi trovano l’accordo, in quanto derivati direttamente dalla “forma” della ragione – leggere kant per esempio. che ha dato il via libera ai continentali di cui sopra, ma anche a tanta filosofia morale analitica. un tipico principio formale è appunto la non contraddizione o i principi della logica – e vorrei vedere in faccia il primo che dice che la logica non è filosofia: è stato aristotele a mettere insieme i primi manuali e a “scoprire” leggi basilari. comunque, per chiudere, in genere sui principi a priori della razionalità si trova sempre un accordo e tutti i filosofi sanno esattamente di cosa si parla, e non c’è nemmeno bisogno di chiarire il senso in cui si usano certi termini o principi.
No no ferma un attimo. Non saremo ancora qua a dividerci tra analitici e continentali. Ragazzi non ho più l’età. Poi… Fichte buuuuu! Ma Hegel dito su tutta la vita: il suo problema è stato che “per dire cose nuove ha dovuto inventare un nuovo linguaggio” [E. Bloch]. Hegel lo salvo.
E a proposito dei “principi a priori della razionalità [in merito ai quali secondo Alex] si trova sempre un accordo e tutti i filosofi sanno esattamente di cosa si parla”: io non la penso così. Non ho intenzione di fomentare una discussione in questo senso, però io ho ancora i miei forti dubbi su cosa siano tali principi e quali siano: davvero mi sembra che questa volta hai fatto riferimento ad una questione tra le più “work in progress”. Chiudo dicendo che in filosofia ogni passo è essenziale per il proseguimento, anche un passo indietro, anche un passo a sinistra, uno di sbiego, uno del gambero, uno dell’oca. Se ogni giorno pensate a Heidegger dicendovi “mmmm.” e a Wittgenstein dicendo “ma quanto ti voglio bene?!”, o a chiunque altro, rigraziate Hegel e pure Spinoza e Cartesio e anche San Agostino e persino Eraclito… Pace e bene fratelli.
Non per proseguire nella polemica (che ho iniziato io, lo so, ma ogni tanto non riesco a trattenermi), solo per tirarmi da parte rispetto a(ll’ultimo commento )d(i) alex. Non che, tantomeno, mi accodi a zar, ché io non vedo differenza di fuffa fra Fichte ed Hegel…
Una polemica agostana su analitici e continentali non so se la reggo…
Mi sa che questa volta seguo il saggio consiglio di hronir. 😉
Non ho parlato di salubrità. Dico solo che se una certa molecola di sintesi è indistinguibile dalla stessa molecola prodotta dalla natura ovvero da un organismo, allora c’è qualcosa nel concetto di natura che a livelli inferiori non funziona più. Ma mi ero scordato che la tua era una fenomenologia dell’uso e dell’abuso di tale concetto, avevo letto frettolosamente. Chiedo venia e mi copro il capo di cenere.
Secondo me Mercenario ha detto qlc le cui implicazioni in pochi hanno capito. Il problema che solleva è fondamentale, andrebbe attenzionato.
@Mercenario: Conserva la cenere per un’altra occasione: il post, nella formulazione originaria, era meno chiaro.
@Zar: Sicuramente è una questione fondamentale ma, allo stesso tempo, trascurabile per lo scopo del post, che è descrittivo e non normativo.
In altre parole: non è colpa mia se le sostanze di sintesi non sono naturali, per quanto indisinguibili.
Proviamo a partire dall’etimologia della parola. “Natura” è la traduzione latina della parola “physis” la cui radice è il verbo “phyo” che significa nascere, crescere. In questo senso il concetto di natura rimanda a tutto ciò che possiede un principio spontaneo di sviluppo interno (anche se questo sviluppo ha bisogno di agenti esterni per originarsi e mantenersi). E’ chiaro che storicamente questa definizione di natura ha riguardato inizialmente gli esseri viventi, ed il suo uso è poi stato esteso anche alla materia non vivente. Anche l’uomo può essere incluso in questo concetto di natura. Da qui in poi la questione è se bisogna accettare il concetto antropologico di Cultura oppure no. Chi lo accetta deve escludere che la manipolazione della natura da parte dell’uomo produca a sua volta oggetti naturali. Se invece non si accetta il concetto di Cultura si può comodamente far rientrare tutto ciò che è stato prodotto dall’uomo, fino ad Internet e oltre, nel novero degli oggetti naturali.
@Filopaolo: Mi sembra di capire che, affidandoti all’etimologia, cerchi una definizione in una qualche maniera oggettiva e ben definita di natura.
Mi sembra operazione inutile prima ancora che impossibile. Anche partendo dall’etimologia.