Ho appena finito di gustare un bicchiere di chinotto o, per essere esatti, di “bibita analcolica frizzante chinotto da agricoltura biologica”.
Tra gli ingredienti figura l’estratto naturale dell’agrume chinotto e intuisco, anche se vagamente, cosa significa, qui, naturale.
Poi c’è anche anidride carbonica di origine naturale. E non capisco: come si può produrre artificialmente dell’anidride carbonica?
butta un occhio su
http://it.wikipedia.org/wiki/Anidride_carbonica
dove si parla di :
Produzione del biossido di carbonio.
Per quanto io abbia sempre malvisto la dicotomia “naturale” vs. “artificiale”….
Un Sorriso
Il chinotto come nuova frontiera del sequestro dei gas serra.
I rutti, però, non potranno mai essere certificati Euro 4.
il primo commento esaurisce la risposta. in generale, penso che un’ottima “rule of thumb” per capire se quello che stiamo combinando su questo pianeta sia sostenibile o insostenibile sia cercare di capire se per compiere un dato processo stiamo bruciando roba. la combustione non è un processo naturale spontaneo, avviene in condizioni eccezionali (un fulmine etc.) (ok, la situazione è più complessa di così: in alcuni ecosistemi gli incendi giocano un importante ruolo regolatore), e lo stesso vale per la fissione nucleare (osservata in natura in (credo) un solo inverosimile caso). la ragione “sistemica” per cui l’energia fotoelettrica è preferibile ai combustibili fossili è che essa è più simile alla fotosintesi.
Scusate ma anche la CO2 di orgine naturale deve essere prodotta da qualche ciclo biologico o naturale. Quindi non vedo dove sta l’obiezione sul bruciare o meno. Per produrre CO2 si deve bruciare, sia con il vostro respiro sia con una macchina apposita. E non è detto che il primo sia meno inquinante.
Fabristol, per “bruciando roba” non si intende “reazione chimica”, “fermentazione”, “respiro”, ma quel processo industriale per cui prendi una risorsa naturale e le appicchi fuoco. Via, non essere pedante, eh: c’è una sottile differenza tra un albero e il falò di un albero.
Tomate ma per farti respirare non bruci e utilizzi risorse inquinanti? Da dove pensi che arrivi l’energia che utilizza il tuo corpo per farti respirare, dallo spirito santo?
@ fabristol & tomate : Chiedo scusa ma cosa c’entrano le vostre osservazioni con il post? Mi sono perso un giro? Avevo interpretato la questione di Ivo come “tecnologica” al limite come “antropica”. 😎 L’osservazione che mi ero riservato riguardava eventualmente la questione “forse sottile” della composizione “isotopica” del CO2 ma mi sembrava troppo tecnica (o resiliente) rispetto all’indagine filosofica sulla “naturalità” di un prodotto che secondo i gusti è una tautologia od un ossimoro.
Un Sorriso
Fabristol, sono indeciso se quello che vuoi dire è che tecnicamente ogni ossidoriduzione esotermica (ti va bene così?) è una combustione, e allora io ti dico che sei un pedantone, e che ci vedo una piccola differenza di scala tra il dare fuoco ad un albero e la fotosintesi clorofilliana; tanto che solitamente il primo processo viene considerato un processo fisico e il secondo chimico, anche se sappiamo benissimo che non c’è demarcazione tra le due. se vuoi inquadrare la faccenda in termini scientifici, si tratta se non altro di una questione di efficienza termodinamica. Se invece mi stai rimproverando il fatto che per sopravvivere io mangio, bevo, vado in treno, mi metto dei vestiti etc., benissimo, ed è proprio per minimizzare l’impatto di queste azioni che ci sono persone che lavorano cercando di produrre energia e beni di consumo con il processo più efficente. ovviamente l’anidride carbonica non è un buon esempio, perché quella è un prodotto di risulta di altri processi industriali. ma il concetto vale lo stesso, credo.
il più cattivo: forse siamo un po’ usciti dal seminato, ma non penso che siamo molto lontani.
Tomate, non sono un chimico né un fisico. Volevo solo far notare che tutta la CO2 viene prodotta con dell’inquinamento a monte. Ora non so se sia più efficiente il corpo umano o mettere fuoco ad un albero per produrre CO2, ma anche per far respirare quell’essere umano e per produrre l’equivalente di CO2 dell’albero bruciato a monte ci sono milioni di processi biochimici per la produzione di cibo, trasporto e attività sociali ecc. ecc.
Il dibattito mi sembra essere andato al di là degli intenti del post.
Quello che mi chiedevo è: quali sono i requisiti di avere anidride carbonica di origine naturale?
Un agrume naturale immagino che non sia ogm, non si utilizzino (o si utilizzino pochi) fertilizzanti chimici, ecc. Ma l’anidride carbonica? Tutti i metodi citati da Wikipedia (grazie, il più cattivo) mi sembrano naturali!
Anche perché, quando te la bevi, sempre CO2 è.
Comunque, il Signore può crearla dal nulla, vedi un po’.
Teniamo conto però che il problema attuale della CO2 è dovuto a due contributi:
– quella parte di CO2 che viene immessa dall’uomo bruciando combustibili fossili, ovvero carbonio che era stato “rimosso” dal ciclo naturale milioni di anni fa per finire imprigionato sottoterra finché un certo Mr. Drake non ha l’idea geniale di scavare un buco in Pennsylvania;
– lo sbilanciamento dell’equilibrio dinamico del ciclo della CO2, su scala planetaria, dovuto sempre all’azione dell’uomo mediante, ad esempio, abbattimento delle foreste, sovrasfruttamento del suolo, ecc.
In un caso si tratta di CO2 davvero aggiunta al sistema naturale rispetto alla quantità preesistente. Nel secondo caso la quantità totale di carbonio e di ossigeno rimane invariata, solo che il sistema è fortemente squilibrato (e per un sistema del genere è più difficile rispondere per tornare in una situazione di equilibrio).
È questo il vero problema, non tanto la naturalità o meno della CO2, posto che sia definibile.
@Lopo: Hai parlato del vero problema della co2, e mi hai convinto (per quel che ne capisco, cioè poco).
La vera soluzione per la co2 è quella che la riduce maggiormente con il minor investimento. Posso dire che molti ecologisti invece hanno una idea di società naturale, grosso modo coincidente con uno stereotipo della società di un secolo fa, e vorrebbero si tornasse a quei giorni lì?
E questo, ovviamente, senza nulla togliere alla gravità della situazione e alla correttezza di alcune campagne ambientaliste.
Bah?
Il problema non ce lo ha la CO2! Temo che il problema sia quanto ampia sia la capacità di sopravvivenza del nostro stile di vita in condizioni che stanno mutando….
x Weiss… ho imparato la lezione?
Un Sorriso
Ivo, hai ragione. E te lo dice uno per cui tornare indietro di un secolo è troppo poco (a spanne almeno 100 volte tanto).
Se vuoi, approfondiamo.
@il più Cattivo: Il problema è che il vero problema è più problematico del problema fittizio…
@Lopo: Diecimila anni fa?
Mi spiace, preferisco cercare di capire come rendere le cose belle conquistate compatibili (sostenibili, se preferisci) con l’ambiente che ci circonda. Insomma, capire qual è la strategia stabile migliore.
Ivo: certamente. Ma non si può fare senza capire “the big picture”, per dirla all’inglese, e questo richiede necessariamente un’analisi storica che non si ferma agli ultimi decenni, ma deve comprendere tutto il cammino umano.
Detto questo, se gli ambientalisti che cantano i bei tempi dell’Ottocento sono naïf, gli sviluppisti non sono da meno, spesso. Con la differenza che a “favore” dei primi ci sono diversi scenari futuri che li rendono meno utopisti dei secondi.
@Lopo: Con sviluppisti intendi quelli che credono in un roseo futuro dove la tecnologia risolverà ogni problema, inquinamento incluso?
Io ci spero – ma ci credo poco.
Sì. Ed è l’ideologia dominante, e con basi ben deboli, a vedere i fatti.
Per questo accanirsi contro gli ambientalisti retrò (non da parte tua, eh, ma è una cosa diffusa) è un atteggiamento facile, e pure un po’ fascista, come attaccare gli sparuti oppositori che remano contro.
@Lopo: Capisco il tuo disappunto.
In questo blog, che ha l’ambizione di occuparsi di filosofia, a volte critico certi meccanismi mentali naïf, tra i quali vi è anche questo ambientalismo – in futuro, vedrò di occuparmi anche di quelli che chiami sviluppisti.