Milano, fermata del tram.
Ludovico: Secondo me, il Don Giovanni è la migliore opera di Mozart
Passante: Come scusi?
Ludovico: Dicevo che secondo me il Don Giovanni è molto meglio delle Nozze di Figaro o del Flauto magico, senza nulla togliere a queste opere, ovviamente.
Passante – perplesso: Sì, certo. È ovvio.
Ludovico: Il merito comunque è sicuramente anche di Lorenzo Da Ponte, il librettista dell’opera.
Passante: Eh sì, i meriti non sono mai di una persona sola, caro signore. Comunque, io stavo leggendo il giornale, e non ascoltando il suo Don Luigi.
Ludovico: No no, non si confonda: don Luigi è Giussani, al quale hanno intitolato i giardini pubblici dietro l’angolo, e ha decisamente poco a che fare con il Don Giovanni di Mozart e Da Ponte. Certo che è strano.
Passante: Cosa è strano? Che si chiamino entrambi Don?
Ludovico: Beh, mica è il nome di battesimo, don. No, ad essere strano è che lei legge il giornale ma superficialmente: il mio commento sul Don Giovanni di Mozart nasce appunto dal titolo dell’articolo che sta leggendo.
Passante: Quale titolo?
Ludovico: Vede, questo qui, sul convitato di pietra. La statua del commendatore ucciso in duello da Don Giovanni. Ha presente, no?
Passante – rassegnato a non poter ignorare l’interlocutore: Aspetti un attimo, sì, devo aver visto qualche film sul tema. Don Giovanni, per scherno, invita a cena la statua del commendatore, e la statua si presenta davvero. Offre a Don Giovanni la possibilità di pentirsi dei suoi peccati, ma lui non si pente e allora la statua lo porta con sé agli inferi. Ricordo giusto?
Ludovico: Sì, a grandi linee la storia è questa.
Passante: Bene, ne sono contento. Oh, guarda: sta arrivando il mio tram. Arrivederci.
Ludovico: Non si preoccupi: è anche il mio tram. Così possiamo continuare la conversazione.
Passante – visibilmente agitato: Bene.
Ludovico: Ma a lei non stupisce il comportamento di Don Giovanni?
Passante: In che senso?
Ludovico: È semplice: è lì, con la statua del commendatore arrivata dall’aldilà, gli inferi pronti ad accoglierlo per punirlo dei suoi peccati… Ma gli è offerta una possibilità di salvezza. È sufficiente che si penta delle proprie azioni. Ma lui non si pente, e finisce all’inferno. Perché?
Passante: Immagino perché se si fosse pentito il finale dell’opera sarebbe stato banale.
Ludovico: Ottima risposta: mai dimenticare le esigenze narrative. Tuttavia la risposta non mi convince del tutto.
Passante: Perché non la convince del tutto?
Ludovico: Perché mi sembra che Don Giovanni, in realtà, non possa pentirsi.
Passante: Ma l’ha appena detto lei: la statua del commendatore gli offre una ultima possibilità!
Ludovico: Sì, apparentemente. Cito a memoria. – inizia a cantare.
La Statua
Pentiti, cangia vita
È l’ultimo momento!
Don Giovanni (vuol sciogliersi, ma invano)
No, no, ch’io non mi pento,
Vanne lontan da me!
La Statua
Pentiti, scellerato!
Don Giovanni
No, vecchio infatuato!
La Statua
Pentiti!
Don Giovanni
No!
La Statua
Sì!
Don Giovanni
No!
La Statua
Ah! tempo più non v’è!
(Fuoco da diverse parti, il Commendatore sparisce, e s’apre
una voragine.)
Passante: Complimenti per la memoria enciclopedica, quanto alla voce… lascerei perdere.
Ludovico: Grazie.
Passante: Comunque la statua offre chiaramente una possibilità a Don Giovanni.
Ludovico: Così sembra. Ma secondo se Don Giovanni avesse detto “sì, mi pento”, lei gli avrebbe creduto?
Passante: Assolutamente sì: chi mai continuerebbe a ingannare le donne dopo un simile spavento?
Ludovico: Ma il problema non è se Don Giovanni continuerebbe o meno a ingannare le donne: il problema è se Don Giovanni comprenderebbe il proprio errore. Perché senza comprensione non vi può essere pentimento.
Passante: Direi che il commendatore ha ottimi argomenti per far comprendere a Don Giovanni i suoi errori: una visita agli inferi convincerebbe anche un ateo incallito!
Ludovico: Sì, il commendatore utilizza una sorta di argomento di autorità: è sbagliato fare quello che hai fatto perché finisci all’inferno. Non credo che da un simile argomento possa seguire vera comprensione, e quindi vero pentimento.
La vera occasione Don Giovanni l’aveva avuta prima di incontrare la statua del commendatore.
Passante: Quando, di preciso?
Ludovico: È semplice:
Don Giovanni
Lasciar le donne? Pazzo!
Sai ch’elle per me
son necessarie più del pan che mangio,
più dell’aria che spiro!
Leporello
E avete core d’ingannarle poi tutte?
Don Giovanni
È tutto amore!
Chi a una sola è fedele,
verso l’altre è crudele
io che in me sento
sì esteso sentimento,
vo’ bene a tutte quante.
Le donne poiché calcolar non sanno,
il mio buon natural chiamano inganno.
Passante: In pratica, Don Giovanni dice di venire frainteso…
Ludovico: Una risposta deliziosa, vero? È comunque un pretestuoso sofisma, con il quale elude la domanda di Leporello: «Perché inganni le donne?».
Passante: E Don Giovanni si sarebbe dovuto pentire ascoltando Leporello?
Ludovico: Avrebbe potuto comprendere l’errore, e di conseguenza pentirsi. Quando il commendatore arriva per punirlo, è già troppo tardi.
Passante: Insomma, il Commendatore non può salvare Don Giovanni: già la sua presenza implica la condanna.
Ludovico: L’apparizione del Commendatore comporta l’impossibilità, per Don Giovanni, di comprendere il proprio errore o, meglio, implica la nostra impossibilità di sapere se la sua è vera comprensione o no.
Passante: Da quel che ha detto, ne viene fuori un ritratto poco lusinghiero del Commendatore.
Ludovico: Perché poco lusinghiero?
Passante: Beh, uno si fa l’idea che il Commendatore arrivi per cercare di salvare Don Giovanni, e invece non solo non è in grado di salvarlo, ma può, e quindi vuole, solo punirlo.
Ludovico: Direi che il Commendatore ha ottimi motivi per voler punire Don Giovanni: dopotutto, è morto a causa sua!
Passante: Uno si aspetta che un essere che viene dall’aldilà non pensi alla vendetta e sia in grado di perdonare il proprio assassino.
Ludovico: Già: se il Commendatore avesse davvero perdonate Don Giovanni, non gli farebbe visita, per lasciargli almeno una possibilità di salvarsi, di comprendere da solo i propri errori.
Passante: In questo caso, chi ci vuole bene non si fa vedere.
Ludovico: Chissà se vale anche per altri casi.
Passante: Sarebbe a dire?
Ludovico: Penso a Dio. Molti atei, e anche alcuni credenti, si chiedono perché Dio non si manifesti e dica a tutti quale è il comportamento corretto. Pensi a tutti i dilemmi etici: eutanasia, clonazione, vendita di organi, aborto, omosessualità… Perché Dio non si presenta e dice a tutti: «Salve, io sono Dio e in verità vi dico che questo è giusto mentre quest’altro è sbagliato.»?
Passante: Lei sostiene che Dio non si manifesta per lasciare agli uomini la possibilità di comprendere da soli i propri errori?
Ludovico: È una idea suggestiva, no? O Dio non esiste, e in questo caso dobbiamo comprendere da soli quale sia la verità, oppure Dio esiste ma non ci dice nulla, e anche in questo caso dobbiamo arrangiarci da soli, al massimo aiutati da qualche indizio.
Passante: In entrambi i casi dobbiamo arrangiarci?
Ludovico: Direi che le due opzioni, “etsi deus non daretur” e “quasi Deus daretur”, alla fine si equivalgono. In ogni caso dobbiamo fare affidamento alla ragione. E discutere, anche a lungo, se necessario. Proprio come stiamo facendo noi due.
Passante: Discutere a lungo? Come noi due? Certo, certo. Purtroppo è arrivata la mia fermata: adesso devo scendere dal tram.
Ludovico:Oh, non è un problema: anche io devo scendere qui.
Passante: Anche lei deve scendere qui? Oh, che distratto: in realtà ho sbagliato: io devo scendere alla prossima!
Ludovico: Poco male: per me è abbastanza indifferente scendere a questa fermata o a quella dopo.
Passante: Ehm… ho detto che scendevo alla prossima? Sono proprio distratto: intendevo dire che devo scendere… al capolinea! Sì, oggi vado fino al capolinea! Arrivederci.
“Ludovico: È una idea suggestiva, no? O Dio non esiste, e in questo caso dobbiamo comprendere da soli quale sia la verità, oppure Dio esiste ma non ci dice nulla, e anche in questo caso dobbiamo arrangiarci da soli, al massimo aiutati da qualche indizio.”
E’ interessante questa riflessione. Dato che ci sia o non ci sia un “essere supremo” il comportamento da tenere è lo stesso, la morale e la religione sono cose distinte, quindi in ambito morale i richiami alle fedi non fanno testo.
Interessante ancora di più se si trasporta tutto questo anche in ambito legale.
Cosa intendi con “ambito legale”?
Non riesco a capire come trasporteresti questo ragionamento?
“Non riesco a capire come trasporteresti questo ragionamento?”
Scusami la scarsa chiarezza del post precedente (anche in questo mondo virtuale il tempo stringe,a volte).
Intendevo dire che, essendo le leggi basate sul tentativo di mantenere una “morale comune”, allo stesso modo i richiami alle fedi non dovrebbero avere valore nell’ambito pubblico.
Un pò come diceva Harris,da te criticato in un altro post. 😉
Se non sbaglio, Haris non si limita a sostenere che la fede non influenzi la politica, ma arriva a sostenere che i credenti vadano salvati dalla loro fede e convinti dell’irrazionalità delle loro credenze, anche quando queste non hanno nulla a che fare con la politica, e su questo punto non posso proprio essere d’accordo. Vi è poi un altro (lungo) discorso su cosa significhi credere in Dio, ma questo argomento lo lascerei (per il momento) da parte…
“Se non sbaglio, Haris non si limita a sostenere che la fede non influenzi la politica, ma arriva a sostenere che i credenti vadano salvati dalla loro fede e convinti dell’irrazionalità delle loro credenze, anche quando queste non hanno nulla a che fare con la politica, e su questo punto non posso proprio essere d’accordo. ”
A mio avviso il libro di Harris intende in primo luogo eliminare il riconoscimento di superiorità che diamo alla fede in un essere supremo piuttosto che a ogni altra credenza non scientifica (come ad esempio l’astrologia).
Non mi sembra che abbia mai lanciato progetti di proibizione della religione per legge, come ad esempio io non lancerei progetti per la proibizione per legge dell’astrologia,nonostante sia provato che è una credenza ingiustificata.
Il problema è che credere a qualcosa non è solo un discorso accademico, porta delle conseguenze (importanti) in ambito sociale e politico. C’è quindi il dubbio se questa separazione fra credenze religiose e vita pubblica sia posssibile.
E’un discorso interessante, ma credo che tu abbia ragione: meglio parlarne su un altro spazio.
Post ricco, mi ci ficco.
Supremo, supremo…. io sono repubblicano convinto(da non intendersi come tesserato di La Malfa, mi raccomando), perché dovrei sentire l’impulso ad inchinarmi di fronte a chicchessia, essere supremo, causa prima, motore immobile che dir si voglia? Siamo uomini o Fantozzi? A che ci serve un essere supremo? non ne abbiamo già troppi che si credono tali? Diamine, un po’ di dignità! 🙂
kirbmarc:
Per legge non risulta neppure a me (che comunque ho letto veramente poche cose di Harris), tuttavia:
E qui c’è una certa intolleranza che, secondo me, dovrebbe essere limitata allo spazio pubblico: riprendendo l’astrologia, è giusto che non si decida se finanziare le ferrovie o le autostrade in base a oroscopi e sogni premonitori, ma trovo illiberale pretendere che una persona non possa decidere dove abitare in base alla posizione degli astri: cavoli suoi!
lector in fabula: la tua è una questione di gusti, non certo un argomento contro la Sua esistenza…
Mi sono solo immedesimato nell’ingannatore di Siviglia e t’ho dato la mia (sua?) risposta. 😉
E’ la mia (sua?) idea di dignità umana, a dispetto delle fiamme del più dolente inferno che mai possa essere concepito per i miscredenti come me (come lui?).
lector in fabula: Probabilmente Don Giovanni la pensa proprio così. Direi che glielo chiederemo di persona, quando lo incontreremo all’inferno… 😉