Che ne è del giurista, il quale si trova di fronte a un diritto senza verità? a norme non sorrette né da fede religiosa né da autorità di tradizione?
Egli, oramai chiuso nella gabbia del diritto positivo, sa che non c’è una logica eterna del diritto, valevole in tutti i luoghi e in tutti i tempi. Una tal logica presupporrebbe proprio ciò che il giurista moderno nega e rifiuta: l’esistenza di un diritto perenne, divino o naturale o razionale, di cui quella logica rispecchierebbe i contenuti. Ci sono tante logiche quanti diritti: ossia nozioni e concetti, utilizzabili bensì per l’intelligenza di una norma o di un gruppo di norme, ma, al pari di queste, mutevoli relativi precarî.Natalino Irti, Nichilismo e concetti giuridici, Editoriale Scientifica, 2005, pp. 18-19
Chiedo lumi: al di fuori della fede religiosa o dell’autorità conferita dalla tradizione, non è possibile, per il giurista, trovare verità su cui fondare norme? In breve: solo dalla Fede e e dall’Autorità scaturisce la Verità e tutto il resto è Relativismo?
@luca massaro: Qui Irti parla di verità nel senso de “la verità” (di seguito: verità1), non di “enunciato vero”(di seguito: verità2).
A disposizione del giurista, di verità2 ce ne sono molte; di verità1 temo neppure una. Ma non credo sia un problema: su quali verità1 può contare l’economia o la fisica? Eppure se la cavano alla grande.
Questo post e’ un cliffhanger! Ci interessa sapere quello che dice dopo… O dobbiamo comprare il libro? 🙂
@Joe Silver: Il brano riportato è alle pagine 18-19 e il libro finisce poco dopo, a pagina 23, con queste parole:
Certo, come ci tante fotografie 10*10 quante le persone che hanno una carta d’identità.
Ma sono anche di più! Ci sono tantissime fotografie scartate perché la persona non ha diritto alla cdi o perché la foto è falsa.
La logica descrive un certo tipo di correttezza formale, senza garanzia che ci sia un ambito REALE da esso descritto.
Non colgo il nesso tra varietà giuridiche e logica.
Ugualmente oscuro è questo passo:
L’opposto di puro diritto positivo è l’esistenza di un ius oggettivo. Lasciando stare quale oggettività sia in gioco, cosa c’entra l’oggettività con “eternità” e “universalità”?
@eno: Se il tuo dubbio è terminologico, ossia cosa intende davvero con logica eccetera, non posso aiutarti: anch’io ho trovato la sua prosa di difficile lettura.
Questo non mi ha impedito di capire, o almeno di intuire (magari di fraintendere) il significato generale del testo: l’autorità religiosa e la tradizione si presentavano come portatrici di un diritto eterno e universale; cadute queste, non c’è più nulla, alla base delle leggi, di eterno e universale, di valevole in tutti i luoghi e in tutti i tempi.