Nello scompartimento di un treno, due persone sono sedute una di fronte all’altra.
Giovanni – tra sé e sé, leggendo il giornale: Tutta colpa del relativismo!
Ludovico: Mi scusi, posso chiederle quale terribile evento sarebbe causato dal relativismo?
Giovanni – sorpreso: Come scusi?
Ludovico: Ho sentito la sua esclamazione, probabilmente legata a qualche notizia riportata dal giornale, e le chiedevo quale increscioso fatto lei riconduceva al relativismo.
Giovanni – perplesso: Non mi ero reso conto di aver parlato a voce alta… Comunque leggevo un commento sugli ultimi eventi di […]. Ha presente quello che è successo a […] dopo che […] e soprattutto dopo che […] ha detto che […].
Ludovico: Certo che ho presente questi tragici fatti: come tutti, non ho potuto fare a meno esserne informato.
Giovanni: E allora capirà perché ho espresso ad alta voce il mio disappunto!
Ludovico: Questo, a dire il vero, non lo capisco.
Giovanni: Ma come non lo capisce? Non mi dica che è rimasto insensibile, mentre apprendeva che […]. Quello che è successo è grave, molto grave! Ed è quindi ovvio che sfugga qualche esclamazione.
Ludovico: Questo mi è chiaro. Quello che non capisco è cosa c’entri il relativismo.
Giovanni – osserva incuriosito Ludovico: Evidentemente lei non è informato. Il relativismo è una grave malattia culturale!
Ludovico: Una malattia?
Giovanni: Esattamente, una malattia perché nega che ci sia qualche fondamento o giustificazione o base per le nostre scelte. È una malattia perché ci lascia senza parole di fronte a chi ci critica o ci denigra o ci attacca.
Capisce perché è il relativismo ad aver causato i tragici fatti di […]?
Ludovico: Se devo essere sincero, non avevo mai riflettuto su tutto questo. La ringrazio, mi ha dato un interessante spunto di riflessione.
Giovanni – riprende a leggere il giornale: Felice di esserle stato utile.
Ludovico: Però è curioso.
Giovanni – alza gli occhi al cielo e richiude il giornale: Come scusi?
Ludovico: È curioso che il relativismo lasci senza parole. Voglio dire, se il relativismo è tanto diffuso e potente da causare simili eventi, evidentemente è diffuso. E se è diffuso, vuol dire che la gente ne parla.
Giovanni: Temo mi abbia frainteso. I relativisti parlano, e anche moltissimo. Parlano del relativismo, della impossibilità della conoscenza. E così argomentando, impediscono agli altri di parlare.
Ludovico: Impediscono agli altri di parlare? Ma se sono relativisti, dovrebbero lasciare spazio ad altre opinioni!
Giovanni: Noto con piacere che ha colto una delle contraddizioni del relativismo.
Ludovico: Una delle contraddizioni? Ve ne sono altre?
Giovanni: Il relativismo si fonda su una contraddizione. L’affermazione “La verità assoluta non esiste”, che viene enunciato come un assioma, è un paradosso. Se quella frase è vera significa che non può esistere nessun tipo di enunciato che abbia valore di verità in assoluto e, quindi, anche la frase “La verità assoluta non esiste” non può essere vera. Capisce dove voglio andare a finire?
Ludovico: Sì, mi è chiaro. I relativisti sono proprio ingenui se non si rendono conto di una simile contraddizione!
Giovanni: Temo non sia ingenuità. Sospetto che i relativisti siano per metà idioti e per metà in malafede.
Ludovico: Non so, dovrei incontrarne uno e parlarci insieme per un po’, prima di stabilire se è un idiota o un ingenuo.
Giovanni: Mi auguro che riesca a non incontrarne mai.
Giovanni riprende a leggere il giornale. Ludovico rimane qualche minuto in silenzio.
Ludovico: C’è qualcosa che mi sfugge.
Giovanni finge di non aver sentito e continua a leggere.
Ludovico: Se il relativista sostiene la impossibilità di qualsiasi giustificazione della conoscenza, allora che cosa lo distingue dallo scettico?
Giovanni – con un sospiro mette via il giornale: Cosa c’entra lo scetticismo, adesso?
Ludovico: Scetticismo e relativismo non possono essere la stessa cosa, altrimenti i relativisti si farebbero chiamare semplicemente scettici o viceversa.
Giovanni: Scetticismo, relativismo… non la seguo.
Ludovico: È lo scetticismo a negare esplicitamente la possibilità di giustificare la conoscenza. Il relativismo, evidentemente, sostiene qualcosa di diverso: come suggerisce la parola, che tutte le conoscenze sono, in una qualche misura, relative.
Giovanni: La differenza è solo apparente: se le conoscenze sono relative, non vi è alcun fondamento o giustificazione per le nostre azioni.
Ludovico: Azioni? Io credevo si stesse parlando di conoscenza.
Giovanni: Conoscenza, azione… non c’è alcuna differenza! Il fondamento di una azione è sempre una conoscenza, quindi il discorso non cambia.
Ludovico: Temo non sia del tutto esatto. Una azione può fare a meno di un fondamento, e anzi in genere accade proprio così: si agisce senza pensare, senza valutare, e quindi anche senza dubitare.
Giovanni: Si agisce senza dubitare? Quindi mi da ragione: il relativismo o, come le piace chiamarlo, lo scetticismo è una posizione assurda!
Ludovico: Sì, lo scetticismo è assurdo: il dubbio non è sempre possibile. Ci vogliono dei validi motivi per dubitare di qualcosa. Ma questo significa che anche la sua critica allo scetticismo è priva di senso. Se non ha senso dubitare, non ha neanche senso valutare, vagliare, conoscere. Non hanno fondamento conoscitivo perché non ha senso fondare il mio camminare o il mio respirare: semplicemente, cammino e respiro. Ogni discorso intellettuale è insensato: lo scetticismo, certo, ma anche la sua critica allo scetticismo.
Giovanni – perplesso: Eppure lei prenderà delle scelte basandosi su delle conoscenze!
Ludovico: Certamente. Ho scelto, per il mio viaggio, di prendere il treno invece della macchina o dell’aereo. E ho scelto questo treno invece di quello che è partito un’ora fa. Ma nessuna di queste scelte ha avuto bisogno di conoscenze assolute. Si può dire che la mia scelta è fondata in larga parte sull’ignoranza. Non è possibile sapere con certezza se il treno sarà puntuale, se l’autostrada sarà intasata dal traffico, se il volo verrà annullato per nebbia: tutti eventi possibili, che io non conosco. Eppure scelgo.
Lo scetticismo e il relativismo non possono impedire l’azione e la scelta.
Giovanni: Però il relativista non crede nella scienza, o almeno ne diffida fortemente. Svaluta le verifiche sistematiche, i dati sperimentali, le statistiche, le misure, i modelli, le valutazioni, i dati di probabilità: cioè esattamente tutto ciò che costituisce la scienza. Il relativista dubita che si possano trovare criteri universalmente validi per separare la verità dalla menzogna, ciò che è funzionale da ciò che è disfunzionale, la giustizia dal torto e anche il sano dal patologico.
Si rende conto di quanto possono essere pericolosi i relativisti?
Ludovico: Pericolosi?
Giovanni: Certamente. Come dice lei, forse il relativismo non è pericoloso per l’azione, ma di sicuro lo è per la scienza! Con il relativismo, viene cancellato ciò che ha fatto grande la nostra civiltà occidentale.
Ludovico: Lei ha detto che il relativista dubita che si possano trovare criteri universalmente validi. E non vedo nulla di antiscientifico in questa posizione. Gli standard scientifici sono sempre in evoluzione: ciò che era accettabile cento anni fa non lo è adesso, e viceversa. Un qualsiasi testo di storia della scienza lo dimostra.
Giovanni: Ma per la scienza vi è un progresso della conoscenza. Per un relativista il progresso non può esistere: vi sono solo culture diverse non confrontabili tra di loro?
Ludovico: Non confrontabili?
Giovanni: Certo: se tutto è relativo, in base a quali criteri effettuare il confronto? È necessario un criterio assoluto!
Ludovico: Eppure relativo significa messo in relazione, mentre assoluto significa sciolto, privo di legami: l’esatto contrario di quello che afferma lei. Sembrerebbe che siano i criteri assoluti a impedire i confronti.
Giovanni – indispettito: Lei sta giocando con le parole!
Ludovico: Escludendo le parole, non ho altri modi di esprimermi.
Giovanni: Rimane il fatto che senza idee assolute non si può parlare di progresso.
Ludovico: E perché mai? Il relativista non potrà parlare di progresso in assoluto, ossia senza fornire i criteri in base ai quali, secondo lui, la situazione è migliorata.
Giovanni: E come giustificherà questi criteri? Come fonderà la sua scelta?
Ludovico: Come si era detto poco fa, non deve giustificarli: può semplicemente dire di trovarli convincenti. Comunque, potrà anche fornire delle giustificazioni, che ancora una volta saranno relative, contingenti, provvisorie.
Giovanni: Ma lei è un relativista?
Ludovico: Io un relativista?
Giovanni: Sì, lei.
Ludovico: Dipende
Giovanni: Dipende? Non sia assurdo, o lo è oppure non lo è! La logica insegna che non vi sono altre possibilità.
Ludovico: Il principio del terzo escluso, certamente. Però noi diamo significati diversi alla parola relativismo. Per come la intendo io, molto probabilmente sono un relativista, ma per come la intende lei assolutamente no: credo nel progresso, ho fiducia nella scienza e non sostengo posizioni assurde come la non esistenza della verità.
Giovanni: Ma se lei è un relativista, deve sostenere tutte queste cose!
Ludovico: Perché mai?
Giovanni: Perché non crede nella verità assoluta!
Ludovico: Mi imbarazza questo termina: assoluto. Assoluto significa sciolto da ogni legame, da ogni relazione. Io, in tutta onestà, non riesco ad immagine una mia conoscenza vera a prescindere da ogni relazione, indipendente da tutto ciò che esiste, è esistito o esisterà al mondo. Non so neanche cosa potrebbe significare, indipendente da tutto!
Giovanni: Ma la logica, la matematica non sono forse verità universali?
Ludovico: Universali? Il teorema di Pitagora è universale, secondo lei?
Giovanni: Certamente: è eterno, immutabile, sempre valido! Solo un pazzo relativista potrebbe sostenere che esso è relativo.
Ludovico: Interessante: lei che si professa amico della scienza, liquida così una delle più interessanti scoperte della matematica: le geometrie non euclidee. Per la geometria sferica, l’area del quadrato costruito sull’ipotenusa è minore della somma delle aree dei quadrati costruiti sui cateti, mentre per la geometria iperbolica è maggiore.
Giovanni – imbarazzato: Geometrie non euclidee? Beh, però costituiscono una nuova verità assoluta.
Ludovico: A parte il fatto che una verità se è assoluta non può essere nuova, chi può dirlo? Magari tra cento anni la geometria si sarà ancora evoluta e avrà rivoluzionato ancora una volta il teorema di Pitagora.
Giovanni – sempre più imbarazzato: Beh, sì, ma sarà sempre vero.
Ludovico: Questo glielo concedo, ma non sarà una verità assoluta. Assoluta vorrebbe anche dire indipendente dalla geometria, e io non riesco ad immagine un teorema geometrico indipendente dalla geometria.
Giovanni – isterico: Rimane il fatto che senza valori assoluti, l’uomo è abbandonato a sé stesso, non ha freni, cede all’egoismo e distrugge la società!
Senza aspettare la risposta di Ludovico, Giovanni riprende il giornale e inizia a sfogliarlo nervosamente. Ludovico, con calma, prende un libro dalla borsa e inizia a leggere.
Ludovico: Curioso. Stavo leggendo questo testo di Chesterton: The Catholic Church and Conversion, del 1927.
It is not bigotry to be certain we are right; but it is bigotry to be unable to imagine how we might possibly have gone wrong.
Non è bigottera essere certi di aver ragione; ma è bigotteria essere incapaci di immaginare come potremmo essere nel torto.
Un relativista anche lui?