C’è qualcosa di anti-platonico nella teoria dell’evoluzione.
Richard Dawkins, in proposito, parladella morta mano di Platone, ma la stessa tesi è sostenuta, conespressione meno forte, da Stephen J. Gould (credo che entrambi sirifacciano a Ernst Mayr).Questo qualcosa di anti-platonico è il rifiuto dell’essenzialismo: non esiste l’essenza di una specie vivente, qualcosa di unico e caratteristico di quella specie che la differenzia da tutte le altre. Tutti gli esseri viventi hanno un antenato comune, dal quale si sono differenziati per continue, piccole modifiche.
Leggendo il già citato Darwin Loves You di George Levine ho scoperto che, se l’evoluzione è anti-platonica, Darwin fu almeno in una cosa profondamente platonico.
Darwin, da giovane, apprezzava molto la poesia, ma con il passare degli anni questo interesse venne meno. C’è chi parlò di insensibilità, di anestesia nel senso di perdita delle sensazioni che la poesia sa infondere. Una dimostrazione che il sapere scientifico descrive il mondo, ma non sa dargli colore, lo rende freddo, oggettivo, meccanico.
Secondo Levine questo non è vero: Darwin perse interesse per la poesia perché scoprì le meraviglie della natura:
It was nature that, finally, replaced Shakespeare and the poets in his estheic responses.
Ricorda un po’ la famosa condanna platonica: dedicarsi all’arte è una perdita di tempo perché, in quanto imitazione della natura, allontana dal vero sapere.
Darwin è più liberale di Platone (non mi risultano sue proposte di proibire la poesia o l’arte in generale), ma l’approccio rimane lo stesso: c’è qualcosa di meraviglioso nella natura ed è nostro dovere cogliere questa meraviglia.
Platone coglieva essenze eterne, Darwin mutamenti, ma la meraviglia e la curiosità sono le stesse.
Quindi io scrivendo che occuparsi (ostinatamente) di Platone sia tempo perso (ovvero non speso al meglio) sarei evoluzionista o liberale?
Un Sorriso
Qualcosa? Tutto il darwinismo è antiplatonico. L’unica evoluzione che a Platone interessa è quella dell’anima. Nel Timeo spiega che le altre specie viventi esistono soltanto come involucri nei quali dimorano le anime “degradate”, quelle cioè che sono state così corrotte dal mondo sensibile nelle vite precedenti, che non hanno meritato neanche di reincarnarsi in un essere umano. L’evoluzione platonica alla rovescia è: uomo, donna, volatili, animali terrestri che camminano, animali terrestri che strisciano, pesci.
Se vogliamo trovare tracce, e dico soltanto tracce, di evoluzionismo a quell’epoca dobbiamo guardare a Empedocle: la sua cosmologia parla, come è noto, di fasi cosmiche durante le quali il mondo subisce delle trasformazioni. Dalla terra nascono progressivamente prima le piante, poi parti sconnesse di animali, in seguito queste parti si uniscono a caso, infine formano degli essere viventi completi.
Senofane comunque aveva intuito che la terra e le forme viventi avevano subito dei cambiamenti perché aveva notato dei resti fossili nelle rocce. E Anassimandro pensava che gli uomini provenissero dai pesci perché sosteneva che i primi uomini, alla nascita, non avrebbe potuto sopravvivere da soli senza qualcuno che li nutrisse. Risultato: dovevano essere stati allevati all’interno dei pesci.
Il distacco dall’arte e dalla poesia avrà forse riguardato entrambi ma per Darwin questo ha significato occuparsi della natura e per Platone, proprio all’opposto, coltivare la conoscenza dell’anima e del mondo delle essenze intelligibili. Qualcosa in comune però ce l’hanno: avevano bisogno tutti e due, ognuno a modo suo, di allontanarsi dal fantastico e di occuparsi della realtà.
Ciao
Ciao
@il più cattivo: Entrambe, o nessuna.
Secondo me è utile leggere Platone – criticamente, ovviamente.
@Filopaolo: D’accordo, ci sono molte altre differenze tra platonismo e evoluzionismo, anche se andrei cauto con questi parallelismi tra la teoria dell’evoluzione tramite selezione naturale e le affascinanti teorie di Senofane e compagnia.
@ Ivo
no, no, io non volevo fare nessun parallelismo, ci mancherebbe. Volevo solo ricordare che qualche idea sulla possibilità di un cosmo in evoluzione era già venuta anche a qualche presocratico (in ogni caso sarebbe del tutto fuori luogo parlare di teorie perché ciò che abbiamo a disposizione sono solo minuscoli frammenti o testimonianze da prendere sempre con le molle).
Ciao
@ il più cattivo
io penso che per ognuno il tempo speso al meglio sia quello in cui ci occupiamo di quello che ci piace e che no esiste in assoluto il tempo perso.
Che ne dici?
Un sorriso anche a te
Carissimi Ivo e Filopaolo:
come insegnavano i latini, l’ozio (ovvero lo studio di arti non proficue) è ciò che si fa per perdere tempo. Oltre ad essere il padre dei vizi (lodato sia l’ozio dunque) è perciò la cosa che ci allontana dal tempo speso in modo proficuo. Quindi sì al tempo perso, purchè si sia consapevoli che tale è. Detto in metafora non scrivere nel tuo curriculum vitae che come formazione filosofica passi i pomeriggi alle giostre (volevo menzionare i parchi “tematici” ma non vorrei fare pubblicità a nessuno).
Riguardo Darwin tra i tanti equivoci che lo circondano c’è ne è uno che speravo fosse ormai riservato a chi non si interessa di filosofia. Spero che chi trova il tempo di leggere Platone lo faccia soltanto dopo aver studiato con attenzione “L’idea pericolosa di Darwin” del mio beneamino DC Dennett. Darwin non andrebbe ricordato come padre dell’evoluzionismo (come ricordato da più parti non è una sua invenzione) ma piuttosto dei meccanismi di selezione, sia quello definito naturale che, ancora più provocatoriamente ed interessante quello definito sessuale.
Che l’universo ed i suoi componenti fossero mutevoli nel tempo non è certo ascrivibile a Darwin. Quello che lui propose era la teoria sulla quale attraverso la selezione naturale (e quella sessuale) siano evolute le specie e l’uomo.In sostanza svincolò quanto sopra da meccanismi progettati o peggio finalistici.
Un Sorriso
Nel vedere i filmati su il meglio [non è] di Luttazzi ho scoperto una battuta che o non conoscevo o mi era sfuggita:
Chiedo scusa per la citazione di certo imprecisa, ma spero che l’intento non richieda spiegazioni
P.S. Qual’è il contributo (da scrivere in non più di un twitter) di Platone alla conoscenza del mondo?
@ il più cattivo
l’ozio per i latini non era il tempo dedicato alle “arti non proficue”, o meglio, dipende da che cosa intendi con questo termine. Ozio era il tempo non dedicato ad attività di natura economica o a ricoprire cariche pubbliche (saprai penso che “ozio” si contrappone a “negozio” in quanto quest’ultimo “nega l’ozio”, gli è contrario). A questo punto se intendi “non proficuo” come economicamente irrilevante, hai perfettamente ragione. Ma se invece pensi, che oltre a quelle economiche, l’uomo si possa dedicare anche ad altre attività che hanno comunque una loro utilità e importanza, allora l’ozio risulta alquanto “produttivo”. Considera anche che “ozio” traduce il greco “scholé” dal quale viene il nostro “scuola”. Fai un po’ tu.
Ciao
@ il più cattivo
Perché dovrei leggere Dennett prima di leggere Platone? Lo studio della filosofia antica ci serve, non perché ci dà delle risposte per il presente, come può fare il nostro contemporaneo Dennett, ma perché ci permette di riflettere sulla strada che il pensiero ha percorso per arrivare fino a ciò che è oggi. Anche il pensiero cioè si è progressivamente “evoluto”, e Platone costituisce una tappa fondamentale di questo sviluppo, nel senso che ciò che è stato pensato dopo di lui si è costruito anche sulle sue riflessioni. Ti sembra poco?
Le sue considerazioni in ambito etico e politico, in ogni caso, fanno discutere ancora oggi.
Ciao
Rispetto la questione ozio-negozio è esattamente quello che penso. Ovvero “economicamente”, in senso non deteriore (non alla Tremonti, cioè), irrilevanti.
Rimane poesia, cioè qualcosa che non è di per sè rilevante, ma soltanto in contesti specifici assume “rilevanza”, ma privata del contensto non genera certo riferimenti “universali”. Pensa che questa è una delle “critiche” rivolte al darwinismo (secondo me impropriamente) proprio la “contestualità” dell’evoluzione per selezione naturale.
Riguardo la seconda questione (nel senso di domanda), ti sei risposto da solo. Quando si mischiano due parole come progresso ed evoluzione lì nasce la necessità di una riflessione.
E non basata “direttamente” su pensieri “platonici” ma su dati ormai difficilmente contestabili in quanto soggetti quotidianamente a verifiche che qualora non li neghino (a volte è ovviamente accaduto) li rafforzano.
Le sue considerazioni fanno ancora oggi discutere? Beh sinceramente non credo che sia un merito, almeno spero non sia un vanto per i suoi adepti, antichi e moderni.
Oggi non si discute (almeno dove la ragione ha la sua importanza, altrimenti non so cosa significhi discutere) di eliocentrismo o di flogisto e questo significa, per me, che chi ha proposto i modelli chi li hanno superati ha apportato un contributo maggiore di quelli che dopo millenni portano teorie non falsificabili ne verificabili, o peggio per le quali non valga la pena di provarci.
Riguardo l’affermazione che le teorie esposte da Dennett servano per il presente, sinceramente me la sto rileggendo e rimuginando, ma ancora non l’ho compresa.
Riterrei addirittura anticausale l’idea che leggendo Platone si possa comprendere il percorso di chi è venuto dopo di lui.
… ma forse l’anticausalità, come insegna Feynmann non è un problema, se affrontata dal verso giusto.
QED
Un Sorriso.
Wow… quanto mi avete portato a scrivere… ho bisogno di una lunga pausa di riposo!
@ il più cattivo
se hai letto bene, quando ho scritto che le considerazioni di Platone fanno ancora discutere ho specificato “in ambito etico e politico”, il che esclude l’eliocentrismo e il flogisto che sono questioni di “filosofia naturale” e che oggi è perfino superfluo dire che sono state superate.
Per quanto riguarda invece l’etica e la politica molti aspetti delle sue riflessioni sulle passioni e le emozioni umane, sui vari tipi di mentalità, sulla ricerca del consenso nella competizione politica, sui passaggi da un sistema di governo ad un altro, sui caratteri della base sociale che favorisce un certo dipo di regime rispetto ad un altro, saresti sorpreso di scoprire che molti passaggi tratti dai dialoghi platonici sono rimasti sostanzialmente validi ed utilizzabili per delle discussioni sulla situazione attuale.
Se sono convinto di questo non è per vanto, anzi, è doloroso constatare che l’ambito morale sia rimasto così indietro rispetto ai progressi fatti in ambito scientifico. Ma proprio il fatto che ancora oggi siamo a discutere di questioni morali e politiche nei solchi tracciati per la prima volta durante il V secolo a.c. ci aiuta a riflettere con maggior consapevolezza sul presente.
Non riesco proprio a capire che cosa ci trovi di tanto negativo in questo approccio. E in ogni caso, non crederai spero che con le opinioni di Dennett siamo arrivati al capolinea dello sviluppo del pensiero occidentale. O sì?
Ciao
@ Filopaolo: rispondo esclusivamente all’ultima domanda, con un secco:
No!
E penso che non lo creda neanche Dennett.
Un Sorriso
….
non resisto e aggiungo una parola ad una tua frase sperando che sia condivisa….
Oziosamente produttiva la vostra conversazione. Suggerisco solo due libri che possono arricchire alcuni vostri contenuti, se permettete: una biografia su Darwin scritta da John Bowlby e Le saggezze antiche. Controstoria della filosofia di Onfray. Ottimo blog.
@il più cattivo e Filopaolo: Appassionante, il vostro dibattito.
Il presente è triste, ma non credo lo sia perché ci muoviamo, per certi versi, sui solchi tracciati da Platone…
@Neuromancer: Grazie per il suggerimento.
@ Ivo: La tristezza del presente è come l’allievo che non superò il maestro. O come meglio interpreto triste è il maestro che non fu superato dall’allievo. Quello che reputo incredibile è che, anche se di storia della scienza se ne fa davvero troppo poca, non immagino che ci sia uno scienziato (gradirei smentite se ve ne sono in lettura), non uno storico della scienza, che per le proprie ricerche si appoggi su testi, non dico di 2500 anni fa, ma di solo 500, è, appunto incredibile, sentire che il riferimento principe per l’elaborazione del pensiero filosofico sia quella di un (forse geniale) signore che visse in una realtà assai limitata ma dal mio punto di vista anche abbondantemente superata.
Un Sorriso
@il più cattivo: Adesso, non è che tutti i testi di filosofia inizino con Platone: per dire, in filosofia politica sono rare le citazioni precedenti Rawls.
E, soprattutto, citare Platone e riprenderlo non significa che non lo si è superato. Significa che si mantiene la sua impostazione, si affrontano domande simili – del resto la fisica di oggi affronta domande simili a quelle di Galileo (per non dire di Aristotele). È anche questione di stile espositivo.
Mi sembra che te la prendi con Platone quando il problema è un altro: la beata ignoranza di temi scientifici che dilaga in molti ambienti filosofici.
Uhm…. mi incomincia a piacere:
Provo a sintetizzare… forzando.
1) Platone è superato!
2) Negli ambienti filosofici si ritiene possibile trattare argomenti che hanno riferimenti a temi scientifici ignorandone bellamente le tematiche relative.
Quello che non ho capito è …. ritieni che in tutto ciò il platonismo (o come bip si chiama) non c’entri niente??
Un Sorriso
P.S. Dai su che mi hai tanato, ma mica pretenderai che lo ammetta pubblicamente… ohi, ma lo ho appena fatto??? 😉 😎
Ti posso chiedere un favore, andare a vedere il mio blog? Il contatore mi da zero visite, e mi spiacerebbe scrivere solo per me. Non che non apprezzi la mia opinione, ma…
@il più cattivo: Non ho capito la domanda: vuoi che ammetta che la ricerca filosofica non può arrestarsi a Platone o che molti filosofi ignorano la scienza anche quando non dovrebbero?
@Marco Ferrari: Un giro l’ho fatto, e il contatore in fondo alle pagine visualizza dei dati, ma forse tu controlli gli accessi con un altro sistema.
@Ivo: La domanda non mi sembrava così difficile 😉 .
Anche guardando il blog di Marco nel post sulla scuola, mi sembra chiaro dove sia il problema!
Spero che tu non abbia difficoltà ad ammettere :
a) che la ricerca filosofica non possa arrestarsi alle tematiche proposte da Platone
b) che i filosofi naturali non possano ignorare la scienza se di natura vogliono occuparsi
ma anche che:
c) root of all devils di tanta ignoranza scientifica sia l’approccio platonico sulle tematiche in oggetto.
Forse (anzi di certo) sto semplificando e (preciserei) non ho nulla contro chi voglia dilettarsi (da cui la questione sull’ozio) di argomenti qualsivoglia, ma (es. vedi Paolo in http://attivissimo.blogspot.com/2010/05/si-puo-morire-di-antiscienza-sedici.html scrisse tempo addietro sulla questione delle cure omeopatiche ai diabetici) non si può sempre rimanere in silenzio quando si attribuiscono onori a chi non solo non li merita ma anzi distoglie o addirittura distorce la ricerca dagli obiettivi che invece dovrebbero essere perseguiti.
Un Sorriso
@il più cattivo:
Sì, posso ammetterlo (anche se, intendendo tematiche in senso ampio e generico, Platone aveva affrontato praticamente tutto e quindi per forza di cose ci ritroviamo sempre con tematiche poste da Platone: cosa è l’uomo, cosa è la conoscenza, ecc.)
Ammetto anche questo.
E qui non ammetto o, meglio, non capisco: cosa si intende qui con “approccio platonico”?
La ricerca di una idea che sta nell’iperuranio? Allora, sì, è antiscientifica (salvo forse per la matematica). La ricerca di qualcosa che sia vera conoscenza e non mondana opinione? E allora la vedo grigia, trovare scienza che non cerchi di essere vera. Sono entrambi temi platonici – il che non significa che quello dello da Platone esaurisca la storia.
@Ivo: riconosco che la mia conoscenza di Platone è assolutamente (e forse intenzionalmente) incompleta, ma proprio questo è il punto! Non credo che sia davvero necessario passare di lì per affrontare temi quali quelli che vengono menzionati in questo ed altri post. Al contrario alcune delle proposte ritengo non siano “contributive” ma al contrario finiscano per essere limitative. Questo è per me quasi certo sia dovuto non a ciò che il nostro possa aver scritto o pensato 25 secoli fa, ma all’uso che se ne fa nei secoli successivi, fino ad oggi.
Devo però riconoscere che il mio uso di sostantivi è in effetti spesso troppo semplicistico ed il caso del termine “approccio” meriterebbe spiegazioni che temo potrei non essere in grado di affrontare compiutamente. Forse un termine meglio definito come “metodo” avrebbe generato meno dubbi. Ma non vorrei ridurre l’uno nell’altro, piuttosto lo considererei un sistema di costruire la conoscenza che certamente per l’epoca era importante e di certo intelligente. Ma estrarlo dal suo contesto è lo stesso errore che viene imputato a chi pensa di poter clonare i dinosauri alla “jurassic park”, rimane una operazione romantica e sterile. Ripeto una domanda cui non ho scorto risposta (vedi 6)
e ne aggiungo un’altre analoga quali sono gli sviluppi diretti del pensiero platonico che hanno modificato il nostro sapere negli ultimi (per esempio) 150 anni
Un Sorriso
P.S. le mie non sono domande retoriche ma vero desiderio di conoscere e stimolare la conoscenza (forse mi darete del socratico?)
Temo che manchi la bussola al vostro dibattito oppure non la uso bene… Vorreste affrontare la diatriba se Platone sia importante per la storia della scienza o per la storia della filosofia? E se avesse ragione Derrida quando affermava che Platone non scrisse nulla e quanto tramandato fu un tiro che Socrate ci giocò a noi vecchi lettori del secolo digitale, noi che non scriviamo più, scrivendo ogni parola del suo funambolico discepolo ?
@Neuromancer: Per me sono importanti tanto la filosofia che la scienza , ammesso (e dove) che sia possibile considerale distinte. Della storia mi curo in questo modo (alla Hobsbawm, per esempio) ovvero in quanto elemento influenzante il presente ed in grado di comprendere il futuro.
Un Sorriso
@ il più cattivo
alcune brevi considerazioni sparse su quanto hai scritto fin qui:
# 14 – ” è, appunto incredibile, sentire che il riferimento principe per l’elaborazione del pensiero filosofico sia quella di un (forse geniale) signore che visse in una realtà assai limitata ma dal mio punto di vista anche abbondantemente superata”. Domanda: quando e da chi l’hai sentito dire? Non mi risultano affermazioni di questo genere nei commenti a questo post. Né io ho mai letto qualcosa di simile sulle riviste specializzate di filosofia antica.
# 16 – “Negli ambienti filosofici si ritiene possibile trattare argomenti che hanno riferimenti a temi scientifici ignorandone bellamente le tematiche relative.
Quello che non ho capito è …. ritieni che in tutto ciò il platonismo (o come bip si chiama) non c’entri niente??”: la prima affermazione, che ha fatto Ivo, mi trova del tutto d’accordo. Come spieghi invece la seconda affermazione che per te sembra essere la causa di questa situazione (sprimi lo stesso concetto anche nel # 19 ” root of all devils di tanta ignoranza scientifica sia l’approccio platonico sulle tematiche in oggetto”), contato anche che nel # 21 ammetti che “riconosco che la mia conoscenza di Platone è assolutamente (e forse intenzionalmente) incompleta,”?
Questo per dire che è del tutto ovvio che l’argomento del post non riguarda affatto l’utilità di Platone per la scienza moderna. Ivo ha molto più semplicemente lanciato una “provocazione”, o almeno io l’ho letto così, individuando qualcosa di antiplatonico nell’idea di evoluzionismo, ed io, che mi interesso di uno degli argomenti tirati in ballo, ho risposto volentieri non pretendendo assolutamente, come penso sia stato chiaro fin dall’inizio a tutti meno che a te, di discutere a livello scientifico.
Ho notato, non solo in questo blog, come tu, di fronte ad accostamenti fra il pensero antico e quello moderno, anche del tutto “leggeri” come è quello di questo post, senta la necessità di esprimere la tua insofferenza verso un qualsivoglia contaminazione fra i due. Tutto questo considerando anche il fatto che potresti semplicemente limitarti a non intervenire su argometi che non ti interessano, come di solito si fa. Scusa se mi permetto di “psicanalizzarti” un pò ma proprio il fatto che tu senta la necessità di farlo sparando a zero sull’inutilità di qualsiasi conoscenza del pensiero antico e arrivando perfino al disprezzo (# 19 “non ho nulla contro chi voglia dilettarsi (da cui la questione sull’ozio) di argomenti qualsivoglia, ma….non si può sempre rimanere in silenzio quando si attribuiscono onori a chi non solo non li merita ma anzi distoglie o addirittura distorce la ricerca dagli obiettivi che invece dovrebbero essere perseguiti.”) mi fa venire il sospetto che questo atteggiamento nasconda in realtà un senso di disagio ed un modo di difenderti dall’ammettere la tua ignoranza del pensiero antico che, probabilmente per pigrizia o disinteresse, non hai mai voluto conoscere.
Tutto questo senza offesa (ho usato “ignoranza” per evitare l’ipocrisia della litote “mancanza di conoscenza”).
Ciao
@ il più cattivo
Rileggendo il mio commento precedente, correggerei “un modo di difenderti dall’ammettere la tua ignoranza” con “un modo per giustificare la tua ignoranza”.
Riciao
@il più cattivo:
Vabbè, la sfida mi sembra viziata: sia per l’apostrofo a qual’è, sia per il limite di 140 caratteri (qual è il contributo di Newton alla conoscenza del mondo? E quello di Hawking?).
La prima cosa che mi viene in mente è il paradosso di menone (come posso conoscere quello che non so?) , abbastanza importante in filosofia della scienza (e forse anche in psicologia).
@ Ivo
se permetti provo a rispondere io alla domanda del più cattivo, e nei termini da lui imposti per la risposta. Per questo mi limiterò al contributo principale, tralasciando quelli di minore importanza, e lo farò sintetizzando al massimo concetti che sono in realtà esaurientemente spiegabili soltanto con un’esposizione molto più articolata.
Dunque, l’intuizione fondamentale dalla quale si origina tutta la riflessione di Platone si trova, a mio modesto parere (non condiviso), nel VII libro della Repubblica (circa 523-524)dove viene affermato che ogni tipo di esperienza sensibile, fonte imprescindibile per qualsiasi conoscenza, genera immediatamente la percezione di una contraddizione di fondo: quella fra l’unità dell’oggetto esperito, ricavabile dall’essere questo oggetto un qualcosa di concepibile come indipendente dal resto del mondo; e allo stesso tempo la percezione della molteplicità dello stesso oggetto, sia in quanto è un insieme di parti differenti, sia in quanto questo oggetto viene immediatamente messo in relazione con tutto ciò che è altro da questo oggetto.
Aver esplicitato chiaramente questa contraddizione come fondamento di qualsiasi approccio gnoseologico del mondo ha permesso di porre le basi, da un lato, del valore dell’esperienza sensibile come accesso imprescindibile alla realtà (ma questo era chiaro anche in precedenza), e dall’altro lato, dell’esigenza di pensare questa realtà secondo delle categorie concettuali astratte e sempre uguali a loro stesse (la prima astrazione percepibile è quella dell’unità dell’oggetto dell’esperienza, da questa poi derivano tutte le altre): quest’ultima considerazione, cioè quella di considerare la realtà sensibile anche in termini generali nonstante la sua congenita frammentarietà, è una necessità imprescindibile se pensiamo che la conoscenza di cui abbiamo bisogno per muoverci con sicurezza nel mondo debba essere stabile e certa.
Anche questa seconda esigenza era già stata intuita in precedenza: Platone ha “soltanto” avuto il merito di sintetizzare (ovviamente a modo suo ed in un modo particolarmente complesso che non si riduce certo alla straconosciuta ed impropriamente chiamata “teoria delle idee”) queste due istanze.
Questo sarebbe avvenuto prima o poi anche senza Platone? Può benissimo darsi, ma la storia e i documenti ci dicono che lui, e nessun altro in occidente prima di lui, è riuscito a farlo. Penso quindi che soltanto per questo valga la pena spendere su queste questioni un pò del nostro prezioso tempo speso di solito, per alcuni molto più “proficuamente” (?) a coltivare l’utile.
Ciao.
@ Filopaolo:
1) La psicoanalisi ed io . Battaglia persa.L’ho abbandonata nel 1980 quando ampiamente deluso smisi di leggere Freud. Per cui, mi dispiace dirtelo ma non me la prenderò a male per le tue … come dire “accuse-insinuazioni”.
2) Platone ed io. Ovviamente qui non può nemeno esserci battaglia, lui vincerebbe in qualsiasi contesto ed io perirei all’istante. Non c’è invidia ne rassegnazione, ma solo la consapevolezza che non sono (per motivi in parte a me ovviamente sconosciuti) al suo livello.
3) Conoscenza del passato ed io. Battaglia persa (incomincia a sembrare una disfatta). In parte è interessante che tu sollevi questo argomento. La mia sofferenza più che verso il passato, che per quanto a volte mi sia affannato a studiare so benissimo che non potrei mai padroneggiarlo come meriterebbe, … dicevo la mia sofferenza è alta quando vedo che anche cose che persino io riesco a comprendere (o almeno ho la presunzione di esservi riuscito) non riescano a condurre persone che stimo di certo più dotate di me verso la distinzione della destinazione d’uso.
4) Internet ed io. Battaglia persa (da me). In violazione di uno dei comandamenti, disperdo il seme … sono un blogger pigro e scrivo molto di più sui blog, in particolare di persone che pubblicamente stimo assai che sul mio piccolo blog. Ovviamente se su un blog può sembrare difficile riscostruire le idee di una persona (tale mi considero) figuriamoci raccogliendo idee, spunti, provocazioni e proposte sparse in giro lì dove mi sembrava il caso nel momento di portare il mio contributo, che spero, a differenza di quanto tu scrivi non sia sgradito. Quando è successo (ed è successo) che io capissi di non essere gradito (non dico apprezzato) ho avuto il buon gusto (e mi sbrodolo) di togliermi di lì.
Tutto questo mi sembrava necessario in risposta al tuo intervento #24.
Nel porgere
Un Sorriso
chiedo scusa per l’ennesima invadenza e mi riprometto di leggere anche il tuo successivo intervento con la dovuta attenzione prima di attentarmi a parlarne. Ho visto che vi sono ancora altre domande che poni a cui evidentemente non ho fornito risposta, me ne dolgo e spero che vi sia ulteriore occasione per tornarvi sopra
P.S.
@ Ivo:
Gli accenti ed io. Brutta storia, tra gli infiniti limiti (bellissimo ossimoro) che ho ci devono essere anche alcuni riguardo le inflessioni, non sono mai riuscito a districarmici e penso di essere riuscito ai tempi della scuola a sopravviverne grazie alla clemenza dei miei insegnanti. Spero che il disagio causato sia sopportabile, quasi quanto quello che debbo sopportare io quando vedo la scienza che viene abbinata a pratiche cui non riconosco tali caratteristiche.
Il paradosso di Menone, che se conoscevo avevo rimosso, potrebbe essere un buon esempio di “ozio” quello che nella mia visione “mercificata” potrebbe essere considerato costo burocratico….
…
…
Scherzo, amo la filosofia antica, amo i paradossi ed ancora amo le provocazioni, anche quelle a mio danno, però se poi vengono usati non per ozio ma per negozio, allora si che mi inc…zo!
Un ultimo Sorriso
Un Sorriso
@ il più cattivo
# 28 – 4 :”Ovviamente se su un blog può sembrare difficile riscostruire le idee di una persona (tale mi considero) figuriamoci raccogliendo idee, spunti, provocazioni e proposte sparse in giro lì dove mi sembrava il caso nel momento di portare il mio contributo, che spero, a differenza di quanto tu scrivi non sia sgradito.”
La questione che ho sollevato non è che i tuoi commenti mi sono sgraditi per le opinioni espresse. Più semplicemente penso sia più corretto astenersi dal commentare un post se i commenti sono rivolti esclusivamente a biasimare il fatto stesso che il post abbia osato occuparsi di argomenti che non ci interessano.
Ciao