Marco Ferrari si dichiara perplesso a due affermazioni in contrasto.
La prima viene dal recente saggio di Vittorio Girotto, Telmo Pievani e Giorgio Vallortigara Nati per credere (Codice edizioni):
Noi personalmente, autori di questo libretto, riteniamo che l’idea che la vita mentale sia qualcosa di diverso dall’attività materiale del cervello sia sbagliata.
La seconda affermazione, invece, proviene da un breve articolo di Giorgio Israel:
Difatti, se egli ha ragione di dire che è corretto cercare spiegazioni razionali e non rifugiarsi nelle superstizioni, è difficile sostenere che la fisica, la chimica e la biologia bastino: anche la mente umana ha la sua parte ed è avventato dare per scontato che tutto si riduca a una faccenda di atomi o di reazioni chimiche.
A chi credere? si chiede, giustamente, Marco Ferrari.
Una prima risposta potrebbe essere: a chi ha le competenze migliori. Tra un matematico (Israel) e due psicologi (Girotto e Vallortigara), lasciando da parte il filosofo della scienza (Pievani), chi è meglio ascoltare a proposito delle basi fisiologiche della mente umana?
Ovviamente una simile risposta non è soddisfacente, anche perché gli autori di Nati per credere presentano la loro tesi come una convinzione personale (“noi personalmente […] riteniamo ecc.”) e persino Israel manifesta una certa cautela (“è avventato dare per scontato che ecc.”).
Ma le due affermazioni sono poi davvero in contrasto una con l’altra?
Il trio Girotto-Pievani-Vallortigara sostiene che la vita mentale non sia diversa dall’attività materiale del cervello. La tesi di Israel, invece, è che la mente umana non sia completamente riducibile agli atomi e alle reazioni chimiche.
Tutto sommato, può benissimo essere che abbiano ragione entrambi: la vita mentale è attività del cervello ma non è possibile ricondurre completamente la vita mentale a questa attività, o perché è impossibile o perché è troppo difficile oppure, più banalmente, perché è inutile. Un po’ come il movimento delle automobili: è attività del motore, pistoni che vanno su e giù, ma certo non è a livello di pistoni e albero motore che si capisce se ho superato il limite di velocità o se terrà la strada alla prossima curva.1
La domanda realmente importante, qui, non è “C’è dell’altro oltre all’attività materiale del cervello?”, bensì “Ha senso affrontare certi problemi a livello di attività materiale del cervello?”.
Probabilmente il problema affrontato da Girotto, Pievani e Vallortigara nel loro libro è affrontabile a questo livello, il problema di Giorgio Israel (è possibile avere una equazione in grado di calcolare la sfortuna) no.
- Il problema non è, ovviamente, la presenza del pilota umano. [↩]
Ottimo, mi sembra simile alla distinzione di Dennett tra spiegare qualcosa in termini intenzionali (come soggetto “intelligente”), in termini progettuali (informazioni che viaggiano nel cervello secondo input ed output) o in termini fisici (neuroni, molecole, atomi);
eppure io non salverei l’opinione di Israel, secondo il quale “c’è dell’altro”, semplicemente perché le ricerche suggeriscono che di quest’altro non c’è bisogno*.
Forse il “nati per credere” [che ci sia dell’altro] vale anche per Israel : D
*infatti non mi sembra che questo “altro” sia da rintracciarsi in una positiva idea di sistema emergente o simili, anzi sembra voler alludere a qualche facoltà spirituale che sarebbe più saggio rigettare o non interessarsene.
Aggiungerei anche Roger Penrose, che da un punto di vista indubbiamente diverso da quello di Israel si direbbe comunque convinto che la mente umana sia qualcosa in più di una macchina.
caro Ivo, qui te la svicoli con molto poco! probabilmente Vaal ha ragione, forse Israel alludeva alla spiritualità. Se la mettiamo sulle proprietà emergenti, hai tutto il mio appoggio!
@.mau. Il libro di Penrose non sono riuscito a finirlo nonostante ci abbia provato almeno un paio di volte: arrivato a metà mi prende il nervoso e chiudo.
Alla tua domanda, caro Ivo, occorre rispondere affermativamente:
“Dolce è il sapere che la Natura porta;
Il nostro intelletto impiccione
Deforma il bell’aspetto delle cose;
Noi uccidiamo per dissezionare”
versi tratti da D.Dennett, L’idea pericolosa di Darwin”,pag. 489
Come spesso mi accade, non sono chiaro, perché ho sempre il timore di non capire quello che uno dice o di esagerare in un senso o nell’altro. In questo mi dichiaro d’accordo con Vaal che ha esplicitato anche il mio arrière-pensée (ma perché non usi retropensiero? C’è anche in italiano. Perché mi va di fare lo snob, l’ultimo dell’anno). Cioè che Israel intendesse riferirsi non alle proprietà emergenti (già quelle oscure, ma si possono studiare) quanto a una intangibile spiritualità, che è della stessa sostanza della fede. Anche conoscendo altre sue opinioni al riguardo, e la sua idea sull’evoluzione per selezione naturale.
Concludo dicendo che quando Israel si chiede se è possibile trovare l’equazione della sfortuna, mi ricorda tanto Zichichi che si chiede dov’è l’equazione dell’evoluzione…
Risposta complessiva, che devo prepararmi per stasera: penso anche io che Israel pensi che ci sia “altro” che non sia materiale ma, appunto, spirituale, e sono convinto che impostare il problema in questa maniera (materiale vs spirituale) sia una assurdità.
È che ho il vizio di trovare il meglio di quello che leggo, tralasciando il peggio… (e poi paragonare Israel a Zichichi! Non esageriamo, dai! 😉 )
@ Ivo Sei proprio un inguaribile ottimista. Tutto il contrario della mia visione (e ricorda che a pessimist is never disappointed).
Comunque, non paragono Israel a Zichichi, ma due affermazioni che mi sembrano molto simili fra loro.
Anche se l’opinione di Zichichi e Israel su riscaldamento globale ed evoluzione sono molto simili…
Marco Ferrari
Se non ci sentiamo prima Buon Anno
@Marco Ferrari:
Beh, se è Israel stesso a paragonarsi a Zichichi, non posso più obiettare nulla! (Buon anno anche a te)