È la notizia del momento: prodotto in laboratorio un batterio con codice genetico artificiale.
La notizia mi sembra scientificamente interessante e importante, ma faccio fatica a comprenderne l’importanza etica o filosofica: non mi sembra sia successo nulla di radicalmente nuovo o inaudito. Ma probabilmente è una mia erronea impressione, dovuta a ignoranza della materia. Craig Venter, lo scienziato autore dell’impresa, non è un idealista mosso dall’amore verso l’uomo? E quanti scienziati lo sono? Ed è così differente
I resoconti giornalistici, del resto, non aiutano certo a colmare la mia ignoranza. Leggendo qua e là, ho comunque notato un certo imbarazzo terminologico: il batterio in questione è stato inventato o scoperto?
“Inventato” sarebbe più corretto di “scoperto”, ma evidentemente accostare la parola vita ai concetti di artificiale e invenzione è troppo, e così ho letto da più parti “Scoperta la vita artificiale”. Un giornale ha titolato, nelle pagine interne, qualcosa del tipo “Scoperta cellula che si riproduce da sola”: uno scoop notevole, non fosse per il ritardo di qualche secolo.
Anni fa un conoscente libanese mi disse:
«Non crederò più quando l’uomo sarà in grado di creare una mosca». Pare fosse un’idea presa dal Corano.
Venter, da bravo imprenditore, ha come al solito esagerato quello che ha fatto. Non ha creato la vita artificiale, non ha creato una cellula sintetica (non in senso proprio), non ha “inventato” niente. Ho solo sintetizzato chimicamente un genoma batterico*, e l’ha trasferito da un batterio (M. mycoides) a un altro (Mycoplasma capricolum). Ha solo costruito “a macchina” lunghi pezzi di Dna a partire da quattro nucleotidi (A, C, T, G). Neppure solo a macchina, perché al massimo adesso si fanno catene di Dna di poche centinaia di basi; solo trasportando questi pezzi in una cellula di lievito, che li ha uniti l’uno all’altro, sono usciti alcune sequenze che potessero essere poi trasferiti nell’altro batterio. Che ha poi “agito” come se fosse il primo. Venter spera con questo metodo di costruire (creare mi sembra troppo) genomi batterici su misura, che possano fare quello che fanno altre specie. Per esempio fissare la CO2 e produrre sostanze che possano essere usate come fonte di carburante, oppure velocizzare la produzione di vaccini. Le implicazioni filosofiche NON sono sulla produzione di vita artificiale (per fare questo Venter dovrebbe partire da 4 nucleotidi e 21 aminoacidi, e basta, e arrivare a una cellula intera) ma sull’applicazione del modello totalmente meccanicistico allo studio della vita, oppure sull’etica del costruire batteri su misura, con le conseguenze del caso, studiate o no. Ma di questo si è parlato già ad Asilomar qualche annetto fa.
Insomma, ottime PR…
* scusa se te lo faccio notare, ma non può aver prodotto un “codice artificiale”. Il codice genetico, come l’alfabeto, è sempre lo stesso per tutti gli esseri viventi – a parte pochissime eccezioni. Sono le sequenze ad essere differenti.
@renzo: Sì, nel Corano dovrebbe esserci un brano a proposito della mosca – ma non ne so di più. Ricordo una fugace e decontestualizzata citazione durante la conferenza dei creazionisti turchi.
Comunque: fossi il tuo conoscente, mediterei di farmi ateo, o di ritrattare quanto affermato 😉
@Marco Ferrari: Grazie per la precisazione.
Sulla nota: artificiale e naturale sono concetti vaghi, che andrebbero specificati. Il codice genetico è artificiale nel senso che è stato, come scrivi tu, “sintetizzato chimicamente” (se non sbaglio, ci ha pure inserito brani letterari nelle parti non codificanti). Metterla nei termini di codice naturale o artificiale è, in effetti, fuorviante.
No, non volevo dire questo, ma solo che il codice genetico è… un codice, cioè un sistema di interpretazione dei segnali comune a tutti gli esseri viventi; per dire, la tripletta AAU nell’Rna significa asparagina, e per nessun ribosoma di nessuna cellula significa altro. Il codice non è un pezzo di Dna, né di Rna o di proteina. E’ un linguaggio, quindi, se vogliamo, un’astrazione, niente di concreto e plasmabile da nessun Venter che dir si voglia. Inoltre non può esistere né essere creato un codice diverso, perché sarebbe un codice non comprensibile dal macchinario cellulare che trasforma le informazioni del Dna in proteine (i ribosomi). Un codice artificiale sarebbe inutile come una lingua totalmente artificiale, che nessuno può capire, a parte chi l’ha inventata.
@Marco Ferrari: Ok, ho capito. Di ambiguo, oltre a naturale / artificiale, c’è pure la parole codice… il che dimostra che un linguaggio artificiale, privo di queste ambiguità, non sarebbe poi così male… 😉