Il mio articolo Un’idea è per sempre ha evidentemente incuriosito Massimo Adinolfi: dopo aver scritto un commento, al quale ho risposto, ha adesso dedicato al tema uno scritto sul suo blog.
Nel cercare di rispondere alle osservazioni di Massimo, inizio dalla sua conclusione: “O siamo ancora alle premesse, o abbiamo toccato un limite del pensiero”. Probabilmente entrambe le cose: abbiamo toccato un limite del pensiero ed è da questo limite che dobbiamo partire per cercare di capire innanzitutto che cosa non è una idea, e poi magari anche che cosa è.
Cos’è, in generale, un oggetto fisico? Qualcosa che possiamo percepire, ossia vedere, toccare, ascoltare, toccare o gustare in momenti diversi e secondo certi schemi. Le illusioni non sono oggetti anche se le possiamo vedere: infatti non le si può toccare, e di solito spariscono dopo poco tempo, cosa che gli oggetti non fanno (a meno che qualcuno non li porti via).
Cos’è, sempre in generale, una idea? Qualcosa che possiamo dimostrare. (Con dimostrazione non intendo limitare il discorso alla matematica o alla logica: secondo me esistono anche dimostrazioni in etica o in estetica, seppure molto diverse da quelle matematiche).
E qui arriva il nocciolo della questione: cosa sia percepire è abbastanza chiaro; cosa sia una dimostrazione, è invece più complicato.
Una dimostrazione è sicuramente un ragionamento, un discorso, che si è soliti definire valido e corretto. Qui mi fermo perché sul significato di queste due parole si potrebbero riempire pagine e pagine (e sicuramente persone più capaci di me le hanno effettivamente riempite).
Mi limito a notare come una dimostrazione non sia perfettibile. Nel senso che o è sbagliata, e quindi si era in errore, oppure è giusta e non è possibile aggiungere nulla. In altre parole, una idea si sottrae al normale flusso della conoscenza, che vede migliorare il nostro sapere.
Consapevole che il discorso non potrà fermarsi qui, concludo il mio articolo.
Jazztrain, in un commento, osserva che “le idee sono frutto della prassi non il contrario”. Concordo perfettamente con lui (anche se il suo discorso su noetico e dianoetico mi sfugge). Sicuramente c’è un processo, una prassi: se non ci fosse, non avremmo la dimostrazione e non potremmo conoscere l’idea. Ma una idea non è riducibile alla storia della sua dimostrazione.