La filosofia è l’arte di cercare differenze dove dominano le somiglianze e di cercare somiglianze dove dominano le differenze.
Una recensione filosofica comparata consisterà quindi in una presentazione delle differenze, se i due film sono simili, oppure delle somiglianze, se i film sono invece eterogenei, come è il caso di Match Point (USA 2005, regia di Woody Allen) e Il cacciatore di teste (Le Couperet, Belgio – Francia – Spagna 2005, regia di Constantin Costa-Gravas).
Match Point è la storia della ascesa sociale del giovane Chris Wilton, ex giocatore professionista di tennis. Il film inizia da un prestigioso club di Londra dove il protagonista riesce a diventare maestro, riuscendo così a frequentare la ricca famiglia di un suo allievo. Sposando la sorella del suo nuovo amico diventa infine, grazie al nuovo ruolo di genero, un importante manager di una società finanziaria di proprietà del suocero. Ma nella sua vita, oltre alla moglie Chloe, c’è anche Nola, la affascinante ex fidanzata del suo amico oramai cognato, con la quale inizia una relazione priva di prospettive sociali (lei è un’attrice con poco talento e ancora meno lavoro) ma ricca di passione.
Il film di Costa-Gravas, tratto da un romanzo di Westlake, narra invece una storia quasi speculare: il protagonista non è in ascesa, ma in declino. Bruno Davert (un eccezionale José Garcia), dopo quindici anni di lavoro come chimico nell’industria della carta, viene licenziato durante una ristrutturazione dell’azienda. Nonostante il suo sia un ottimo curriculum, non riesce a trovare un nuovo lavoro, e decide allora di impiegare, nella sua ricerca, gli stessi metodi da alta finanza che hanno determinato il suo licenziamento.
Cosa accomuna i due film?
Una critica disincantata all’idea di giustizia: entrambi i protagonisti commettono atti criminali (quali non verrà qui spiegato, per preservare l’ottimo lavoro di attori e registi), i quali però non hanno alcun collegamento immediato con il castigo, che secondo giustizia dovrebbe seguire ad ogni delitto. Non a caso Delitto e castigo di Dostoevskij è una delle letture di Chris Wilton nel film di Woody Allen.
A rendere problematica la relazione tra crimine e giusta punizione è, nel caso di Match Point, il caso o la fortuna. Pochi uomini sanno ammettere che i propri successi o fallimenti dipendono non tanto dalle loro capacità, ma dal caso. L’intero film si muove intorno ad una potente immagine: la palla che, nel momento decisivo di un incontro di tennis, colpisce la rete e rimane come sospesa in aria, esattamente a metà tra i due settori del campo. Se finisce da una parte si ha la vittoria, se invece cade dalla parte opposta tutto è perduto: nessuna abilità, solo fortuna. E se il mondo è governato dalla fortuna, che significato può avere la giustizia?
Per Costa-Gravas parlare di giustizia non è problematico perché il mondo è dominato dalla fortuna, bensì perché non esiste una giustizia sola: il mondo del povero Bruno non è lo stesso mondo nel quale agiscono le grosse aziende che, per guadagnare di più, ristrutturano e licenziano i lavoratori. Infatti ciò che è lecito e corretto da una parte non lo è nell’altra. Il riferimento è qui a Monsieur Verdoux di Chaplin.
Per Woody Allen c’è una giustizia, ma è in balia del caso; per Costa-Gravas invece non c’è affatto giustizia. Entrambi forse esagerano, sicuramente usano con abilità il paradosso e l’iperbole. Ma sicuramente offrono spunti di meditazione.