“È possibile opporsi al matrimonio omosessuale senza essere omofobi?” si chiede Giorgio Israel riprendendo lo scrittore francese Alexandre Thomas.
La risposta di Israel – e immagino anche di Thomas, che però non ho letto – è affermativa, e viene argomentata sostenendo che il matrimonio omosessuale non è semplicemente un modo per eliminare un’ingiustizia e una discriminazione, ma «risponde a un altro progetto ben più ambizioso: l’eliminazione delle differenze di genere».
Il riferimento è a «numerosi teorici postmodernisti secondo cui la vera matrice dei razzismi sono i dualismi, le strutture binarie su cui è fondata la civiltà occidentale: uomo/donna, naturale/artificiale, corpo/mente». Come fondamenta della civiltà occidentale mi paiono, per usare un eufemismo, poco solide, soprattutto, ma non solo, la distinzione tra naturale e artificiale: problematica e comunque poco significativa.
Comunque, vediamo le gravi «conseguenze di una legge ideologica come quella francese».
Iniziamo dalla «confusione irreversibile di tre concetti: “le genealogie, sostituendo la parentalità alla paternità; lo statuto del bambino; le identità, dove la sessuazione come dato naturale sarebbe costretta a scomparire di fronte all’orientamento espresso da ognuno, in nome di una lotta contro le disuguaglianze, snaturata in uno sradicamento delle differenze”».
Credo che Israel, che in questo passaggio cita il gran rabbino di Francia Gilles Bernheim, si riferisca al fatto che nei documenti ai termini ‘madre’ e ‘padre’ vada sostituito quello di ‘genitore’, cosa che porta, se ho capito bene, alla “dissoluzione del legame di discendenza”.
Non c’è omofobia, qui: quello che mi pare esserci è un morboso attaccamento alla tradizione, nella convinzione che da millenni le cose vanno così e quindi accadranno gravi sciagure facendo altrimenti. Tornando alla domanda iniziale, è possibile opporsi al matrimonio omosessuale senza essere omofobi? Sì, è possibile, basta dire un po’ di stronzate.((Stronzate nel senso utilizzato da Harry G. Frankfurt))
Bisogna render merito a Israel della contestazione da lui fatta dell’abuso del termine “omofobia”, che indica repulsione e quindi poco si adatta alla questione da lui posta.
Detto questo, hai centrato in pieno la questione: un morboso attaccamento alla tradizione che a mio avviso – la mia è psicologia da quattro soldi, sia chiaro – nasconde, anche male, una profonda insicurezza, quella paura del diverso che, anche lei, è sempre proiezione delle proprie insicurezze.
Per dirlo con le parole di Cameron: “Credo che il matrimonio sia un grande istituto: penso che aiuti le persone a prendersi responsabilità e impegni, a dire che si prenderanno cura e vorranno bene a qualcuno. Penso aiuti le persone a mettere da parte l’egoismo e pensarsi come unione, insieme all’altro. Il matrimonio mi appassiona molto e penso che se funziona per gli eterosessuali come me, dovrebbe funzionare per tutti: per questo dovremmo avere i matrimoni gay e per questo li introdurremo.”
Non posso che condividere; e l’ipotesi espressa nella conclusione mi pare più che plausibile. Il breve testo di Israel è confuso, non tanto male argomentato quanto *non* argomentato. Il complotto dei “postmodernisti”? L’attacco alle “strutture binarie”? La “clonazione”!!! Il professore non sarà omofobo (dice di non esserlo, perché non credergli?). Ma è per perpetuare una discriminazione, quella tra coppie etero- e omosessuale, a mio avviso ingiustificata e inaccettabile. Perché lo faccia sono affari suoi; certo non sono affari né logici né liberaldemocratici.
Stimo molto Israel, per questo mi capita così spessi di criticarlo (per dire: Odifreddi è quasi scomparso dalle mie riflessioni).
Sono fermamente convinto che non sia omofobo – qualsiasi cosa questa parola significhi – e che non abbia alcuna intenzione di discriminare, e che il suo sia ‘solo’ un eccesso di pensiero conservatore, con passaggi effettivamente poco logici (o, meglio, logici e forse anche socialdemocratici, se si assumono un sacco di presupposti impliciti).
Non so se ci siano davvero anche insicurezza e paura.
Chi pensa che “numerosi teorici postmodernisti secondo cui la vera matrice dei razzismi sono i dualismi, le strutture binarie su cui è fondata la civiltà occidentale: uomo/donna, naturale/artificiale, corpo/mente” sia un’esagerazione o un senso di complotto non frequenta persone d’ambito derridiano o femministi come Luce Irigaray.
Quelle frasi sono citazioni, a partire da “postmodernisti”, di discorsi che imperversano in Italia.
Frammenti di argomentazioni pseudo-filosofiche diffuse nei seminari sulla politica di genre organizzati da partiti e università, dentro reti tematiche come Donne Politica e Istituzioni, etc. .
Israel avrebbe fatto meglio a usare un condizionale: “le strutture binarie su cui SAREBBE fondata la civiltà occidentale [SECONDO I POSTMODERNISTI]”.
Sono i postmodernisti convinti di attaccare “strutture binarie”, non chi li critica!
Mi pare che Israel punti il dito su persone ossessionate dalla tradizione usata come argomento fantoccio per chiudere una discussione.
In effetti, nel senso di Frankfurt, la tradizione, come usata dagli oppositori della tradizione, è una STRONZATA… ma è una STRONZATA (o bullshit) attribuita per fini eristici all’interlocutore per sminuire gli argomenti contro l’azzeramento e il rifacimento dalle radici del diritto matrimoniale richiesto da un eventuale istituto di matrimonio omosessuale.
Ho fatto uno sforzo e mi sono letto, nella pessima traduzione di Google, il testo del Gran Rabbino, per cercare di dare prospettiva al testo di Israel, e vi ho trovato perfetta consonanza con quell’eccesso di pensiero conservatore, con passaggi effettivamente poco logici che dici tu.
Però ci ripenso e mi chiedo: riconoscendo a priori una non scontata onestà intellettuale ed un totale disinteresse economico ad Israel – meno al Gran Rabbino – a cosa attribuire questo eccesso di conservatorismo in una persona colta ed intelligente se non ad insicurezza e paura?
Insicurezza riguardo la reale solidità delle fondamenta della civiltà occidentale e conseguente paura questa che non possa reggere al riconoscimento agli omosessuali del diritto di sposarsi ed avere dei figli.
Forse il frettoloso rifiuto del suffisso -fobia non è completamente condivisibile.
“Mi pare che Israel punti il dito su persone ossessionate dalla tradizione usata come argomento fantoccio per chiudere una discussione.”
Io questo dito non lo trovo proprio…
@Eno: Non frequento ambienti derridiani, ho letto qualcosa di Derrida stesso, e vi ho trovato buone idee. Ma al di là di quel che penso dei postmoderni – credo che siamo d’accordo nel ritenerli in buona parte stronzate – qui Israel mi sembra usare in pieno le categorie dei postmoderni, quasi a sposare le loro tesi, solo capovolte.
Israel non dice: “dietro questo progetto ci sono deliranti idee sui fondamenti della società occidentale”, ma dice: “questi mettono in discussione le strutture antropologiche fondamentali che sono il tessuto dell’umanità”. Pieno postmoderno.
Non conosco Israel, quindi non posso dire né di stimarlo né di non stimarlo. O meglio la mia stima (con segno più o meno) non può che basarsi su quanto scrive. E il suo intervento contro il matrimonio omosessuale lo trovo illogico (e anche contrario a premesse di tipo liberale e/o democratico, per il richiamo alla “natura” e all’autorità che vi ritrovo). La sua tesi è discriminatoria: uso il termine discriminazione e derivati in senso neutro, senza connotazioni di valore. Discrimina tra tutte le possibili coppie di cittadini: da una parte le omosessuali, dall’altra le eterosessuali, e attribuisce a una delle due categorie facoltà che nega alle altre. Aggiungo, però, che tale discriminazione, non solo è (per me) irrazionale e inaccettabile, ma non è *nel testo di Israel* in alcun modo motivata. Il richiamo ai “postmodernisti”, ammesso e non concesso che sia sensato in sé (sono portato a ritenere che sarebbe bene evitare il ricorso a categorie generali e generiche quando si argomenta, specie su temi rilevanti *per la vita degli individui*), non è pertinente. Se anche esistessero gruppi di strani individui con strane e assurde ideologie che volessero una riforma x, non per questo tale riforma sarebbe strana e assurda. Quanto al suffisso “-fobia”: effettivamente è difficile che non venga in mente quando si legge di attacchi portati da presunti gruppi di “-isti” (qualunque sia poi il lessema con cui completarne la designazione).
” Se anche esistessero gruppi di strani individui con strane e assurde ideologie che volessero una riforma x, non per questo tale riforma sarebbe strana e assurda. ”
Esistono, si autodefiniscono post-moderni e hanno un influsso crescente per una ragione exra-filosofica: gli eventi di femminismo da piazza del 2011 hanno riportato in auge tesi di gender studies & co. che sennò nessuno si filava.
E’ illogico, poi, il passaggio successivo.
Se non ci sono altre ragioni che “strane e assurde ideologie” (e non ve ne sono affatto), una riforma non si fa.
Diversamente sarebbe come dire: “Solo perché la valutazione della statica dell’ingegnere era sbagliata ed era stata falsificata, non vuol dire che l’edificio crollerà. Forza operai, avanti col lavoro!”.
L’onere dell’argomentazione ricade sul fautore.
@Ivo: Non prendertela, ma mi pare una lettura interessata. 🙂 Mi pare poco verosimile, ancorché possibile, che Israel creda al dualismo “corpo/mente” e creda per di più che sia uno dei fondamenti della civiltà occidentale.
@Eno: l’analogia che accosta i “postmoderni” a degli ingegneri che sbagliano i calcoli è per me del tutto sbagliata; per l’esattezza è una petizione di principio, perché dà per scontato quel che si dovrebbe dimostrare. Provo a spiegarmi: la frase tra parentesi inclusa nell’affermazione “Se non ci sono altre ragioni che “strane e assurde ideologie” (e non ve ne sono affatto)” penso che sia falsa, o quantomeno andrebbe dimostrato (non a caso non si trova in quel che ho scritto). Infatti altre, e buone ragioni, per il matrimonio omossessual ci sono e come.
Inoltre a mio avviso, quando si negano dei diritti, chi dovrebbe produrre ragioni valide è chi di tali negazioni si fa promotore. Ragioni valide intrinseche, non processi alle intenzioni riferite a generici gruppi di “postmoderni”. E’ per questo che ritengo l’intervento di Israel assolutamente carente sul piano argomentativo.
Grazie comunque dell’attenzione: discutere è il modo migliore di passare (almeno parte de) l’ultimo dell’anno.
E’ valutazione dei fatti: non trovo alcuna motivazione pertinente a parte una serie di argomenti il cui nocciolo è ridurre al minimo l’aspetto biologico e sessuale nell’istituto giuridico del matrimonio e la consistenza della differenza uomo-donna, assottigliata a un impalpabile “genere”.
Sono oggettivamente rilevanti, perché affrontano di petto la questione e se fossero fondati chiuderebbero la questione. Però sono sbagliati.
Altri argomenti, come quello della non-discriminazione che tu porti, sono un autogol.
Il principio di eguaglianza non esige di trattare tutti allo stesso modo, ma ciascuno secondo le proprie peculiarità.
A patto che chi è nelle stesse condizioni sia trattato nello stesso modo, s’intende.
La corte costituzionale ha già scartato l’ipotesi che l’assenza di un matrimonio omosessuale fosse contro il principio di uguaglianza.
Una coppia omosessuale è diversa da una coppia eterosessuale, come una coppia eterosessuale è diversa da un convento e il convento è diverso da un patto di mutuo soccorso.
Mi sfugge la questione dell’autogol. Né credo sia un questione in generale e in astratto il principio di eguaglianza. So bene che una coppia eterosessuale è diversa da una coppia omosessuale. Proprio per questo non ho usato “discriminazione” e derivati in modo connotato. Se discriminiano tra vedenti e non vedenti e agli uni diamo la patente di guida e agli altri no, la discriminazione è razionalmente giustificabile. La mia tesi è che la discriminazione matrimonio sì matrimonio no sulla base del sesso dei membri della coppia non è giustificabile razionalmente. Sicuramente non da discorsi come quelli di Israel. Sono ovviamente interessato ad altre argomentazioni e, se buone, disposto anche a cambiare idea.
Non sono io che faccio dell’egualitarismo astratto: come vedi discrimino tra discriminazioni!
Il ricorso al principio di autorità (Corte costituzionale), specie se generico, non mi pare una buona mossa argomentativa, ma ognuno ha i suoi gusti.
Tu non usi discriminazione in modo connotato, lo usi in modo improprio.
La discriminazione c’è quando dai un handicap o una facilitazione a qualcuno. Si può fare per buone ragioni, per esempio imponendo per alcuni una quota obbligatoria di donne nei cda delle società quotate in borsa: la caratteristica essenziale è che l’agevolazione è sproporzionata rispetto alla necessità di dare di volta in volta pari chance a uomini e donne, ma si giustifica in una politica di promozione e di incentivo molto forte. Una terapia choc, detta appunto discriminaziona positiva.
L’esempio dei vedenti e dei ciechi che porti non è affatto discriminazione (buona o cattiva), ma uguaglianza e ragionevolezza: ai simili il simile in modo proporzionato alle loro necessità.
Quanto alla corte costituzionale, credo tu non veda due aspetti: questa NON è una questione filosofica e le sentenze della corte costituzionali NON sono solo autorità ma argomentazione qualificata.
“Diritti”, “uguaglianza”, “discriminazioni” NON sono concetti di pura ragione, se non nei sogni folli degli illuministi. Come dice Vattimo, se un filosofo si svegliasse una mattina in totale amnesia non troverebbe per strada, nel cielo o nella ragione quei concetti. Sono principi nati e maturati in una tradizione che ormai da decenni è quasi esclusivamente giuridica.
L’argomentata sentenza costituzionale di due anni fa è stata sintesi di un dibattito e sigillo d’autorità: ambedue le cose senza contraddizione.
Come ogni conclusione, ovviamente, questa può essere rovesciata da nuovi argomenti ma non può essere ignorata per ripartire da zero: lo “zero” non esiste in una materia simile.
Uno dei punti chiavi della sentenza, a mio giudizio dirimente, è che l’istituto del matrimonio è manifestamente finalizzato, tra le altre cose, alla capacità di tutelare una prole nata dal matrimonio. L’accentuazione della pari dignità dei coniugi è un antidoto ai rischi connessi alla diversità di genere; l’invalidità e annullabilità del matrimonio in caso di sterilità tenuta nascosta rinvia alla possibilità di avere figli; etc.
Ah, non è un riferimento “generico” alla corte costituzionale. Il riferimento, che mi pareva scontato vista la notorietà di quel pronunciamento per chi si interessa un po’ della questione, era alla sentenza del 2010. Estremi: sentenza corte costituzionale 138/2010 dd. 14/04/2010.
Il mio uso di discriminazione è non solo appropriato, è addirittura letterale (e l’ho preso nell’accezione non connotata negativamente). Ma la questione non è verbalistica: se vuoi sostituisci pure il termine “discriminazione” e derivati, laddove li ho usati, con “xyz”.
Ho definito, e continuo a definire, il tuo riferimento alla sentenza generico nel senso che non citi i passaggi che sarebbero pertinenti alla questione che stiamo esaminando. La sintesi che fai dei “punti chiave della sentenza” è, appunto, generica, e, a mio avviso, non pertinente. Non ho motivi per ritenere che tu riporti in modo inesatto quanto affermato dalla Corte circa la “manifesta finalità” del matrimonio: il punto è che non è compito della Corte Cost. criticare (=esaminare criticamente per evidenziarne elmenti da modificare e/o eliminare) la Costituzione, mentre in una discussione tra soggetti razionali (non necessariamente assurdi “posmodernisti” o folli “illuministi”) si è liberi anche di valutare l’adeguatezza di una Costituzione. Solo un esempio: io ritengo che la “manifesta finalità” in questione non è, o non dovrebbe essere, esclusiva. Perché un matrimonio non dovrebbe essere finalizzato a tutelare una prole nata *fuori* dal matrimonio?
Credo che non sia possibile chiarire ulteriormente il nostro dissenso, che mi pare radicale. E poiché non trovo altre argomentazioni a pro di una discriminazione quale è quella (sino a riforma della lingua italiana) di negare la facoltà di sposarsi a coppie composte da individui dello stesso sesso, non ho altro da ribattere.
Mi scuso con l’autore di questo blog per aver, evidentemente, abusato della sua ospitalità: non me ne avrò a male se vorrà eliminare la pletora dei mie post.
Augusto, non stiamo parlando di Platone da citarsi con un codice che individua la frase precisa come i versetti evangelici, in base all’editio dello Stephanus. E’ una sentenza dibattuta per settimane sulla stampa, strutturata in modo ordinato con premesse e conclusioni e reperibile sull’unghia con una ricerca sull’archivio della consulta o su google.
Ti ho messo i riferimenti per quello, mi pareva un TANTINO didattico inserire anche un link.
In filigrana delineavo un ragionamento minimale. Se una persona è informata sul dibattito riguardo il matrimonio omosessuale conosce la sentenza, se non la conosce non è informata.
Come dire, se ti pare “generico” e ovviamente il mio è un sunto conciso… beh, leggi la sentenza visto che da due anni è la materia del contendere…
Mi permetto di puntualizzare qualche punto su cui forse la mia comunicazione non ha avuto pieno esito.
– Nessuno ha mai detto che la prole è il solo fine del matrimonio o il suo fine principale. Anche se fosse, come puoi cogliere rileggendo, è un non sequitur dedurne che questo escluda dalle finalità i figli nati fuori dal matrimonio.
– Non è terminologia. A “differenziare” (trattare ciascuno secondo le proprie peculiarità) e “discriminare” (dare vantaggi o handicap a un singolo o a una categoria) si può dare un significato neutro, negativo o positivo.
Puoi anche darci un nome diverso, in qualsiasi caso sono due “cose” diverse con diversa struttura e diversa essenza.
Chi contesta l’impossibilità di matrimonio omosessuale, asserisce una discriminazione. Tu operi una duplicazione dei termini, dando alla parola ora un senso e ora un altro.
– Si può benissimo mettere in discussione la costituzione e tutta la giurisprudenza costituzionale. Anche l’esistenza di un mondo esterno, se per questo.
Sono però principi che verosimilmente non saranno modificati e secondo alcuni fanno parte dei principi supremi fondamentali: li puoi modificare solo con una nuova costituzione. Discuterne è poco utile e soprattutto non risponde alla domanda: “Cosa si fa finché resta così? Cosa è bene fare, stando nell’ambito del reale e del possibile?”.
@Eno, la sentenza che citi è notoria, quindi è corretto porla come presupposto di una discussione in merito. Il dispositivo è corposo e non posso dire di ricordarlo tutto, ma alla fine mi pare di non poter condividere la tua sintesi; quello che ricordo io è che dopo una prolissa trattazione della cosa, la sentenza concluda affermando senza dimostrarlo che “le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio”.
Di come la Corte sia giunta a questa certezza non sappiamo nulla, o almeno facciamo per carità di patria finta di non ricordare che a fondamento di questa teoria la Corte cita il Codice del 1942, facendolo prevalere sulla Costituzione.
Quindi, forse sarà un sigillo d’autorità, ma in quanto ad autorevolezza, questa sentenza gliene ha fatto perdere parecchia.
@Eno: Rispondo al tuo commento su Israel aderente al postmodernismo citando Israel stesso:
A me questa sembra proprio una adesione alla tesi che il dualismo padre/madre o maschile/femminile è fondante della società occidentale.
Se ricordo bene la sentenza della corte costituzionale, non afferma che occorre cambiare la costituzione per avere il matrimonio omosessuale, ma solo che la costituzione è compatibile sia con il matrimonio esclusivamente eterosessuale sia con il matrimonio aperto anche agli omosessuali.
E questo ci porta alla questione della discriminazione: è vero, un omosessuale è diverso da un eterosessuale. Del resto un italiano è diverso da uno svizzero e non è discriminazione (in senso negativo) non far votare in Italia lo svizzero, perché consideriamo il diritto di voto legittimamente legata alla cittadinanza. Sarebbe discriminatorio (sempre in senso negativo) punire solo lo svizzero per un crimine, perché non consideriamo legittimo legare il codice penale alla cittadinanza.
La domanda quindi è: è legittimo legare il matrimonio all’orientamento sessuale dei promessi sposi? Secondo me, no. Legittimo in senso politico e morale, non giuridico. Se due persone dello stesso sesso lo desiderano, dovrebbero potersi sposare.
Mi sembra un motivo valido e sufficiente per chiedere una modifica della legge. La presenza di spazzatura postmoderna mi pare ininfluente.