E se uno non la vuole?

Alessandro Gilioli è molto chiaro, di una chiarezza che è da apprezzare:

Vogliamo la sanità pubblica gratuita e di qualità per tutti? Se la risposta è sì, un aumento delle imposte su tutto ciò che produce danni alla salute mi pare una strada ineludibile.


Uno potrebbe chiedersi: ma se uno non la vuole, la sanità pubblica e gratuita? E sarebbe una domanda molto interessante, con risposte molto lunghe ed elaborate sul ruolo, il senso e l’utilità di questa strana istituzione che si chiama Stato.
Quello che invece mi chiedo io è: perché scrivere che la sanità pubblica è gratuita, se in realtà la si paga con le tasse?
Gilioli prosegue:

Chi vuole consumare prodotti che poi peseranno sul bilancio di tutti, si carichi di una spesa in più.

E qui ho alcuni dubbi: il bello — o il brutto, fate voi — delle tasse non è che tutti noi le paghiamo grosso modo in base alla disponibilità, usufruendo dei servizi offerti grosso modo in base ai bisogni? Tizio versa tanti soldi al fisco perché guadagna tanto, mentre Caio ne versa pochi perché guadagna poco; ma Caio manda i suoi figli alla scuola pubblica e va al lavoro in treno, mentre Tizio resta perlopiù a casa e non ha figli. Dovrebbe chiamarsi solidarietà.

Perché chi fuma dovrebbe pagare di più di chi non fuma? E perché solo chi fuma e non chi fa figli o va a lavorare in treno, entrambe azioni che «peseranno sul bilancio di tutti»?
Che poi, ad essere cinici, chi fuma schiatta prima, magari non arriva neppure alla pensione: nel calcolo del peso sul bilancio, si tiene conto di questo risparmio?

14 commenti su “E se uno non la vuole?

  1. “Tizio versa tanti soldi al fisco perché guadagna tanto, mentre Caio ne versa pochi perché guadagna poco; ma Caio manda i suoi figli alla scuola pubblica e va al lavoro in treno, mentre Tizio resta perlopiù a casa e non ha figli. Dovrebbe chiamarsi solidarietà.”
    Se, però, la scuola pubblica di Caio e il suo viaggio in treno costano alla comunità cento volte di più di quello che costerebbero in effetti, perché tra Caio e Tizio ci sono Sempronio, Iulio, Rufo, Tarquinio, Domizio che s’ingrassano e grazie a quei soldi finanziano le proprie clientele elettorali e il proprio sottobosco politico, non si chiama più solidarietà, bensì furto, grassazione, appropriazione indebita, rapina, latrocinio, ecc. ecc. ecc.
    Non confondiamo la lana (anzi, l’acrilico) con la seta, por favor.

  2. @lector: Verissimo, ma non mi sembrava essere questo il punto di Gilioli (e poi si può, e se sei anarchici-libertario si deve, argomentare che sono comunque furto, le tasse).

  3. Certo in una società collettivista come la nostra il ragionamento di Gilioli è cristallino. chi pesa di più sul sistema sanitario a causa dei suoi comportamenti dovrebbe pagare di più. E lo Stato, etico ancor prima che collettivista, dovrebbe costringere i suoi sudditi a comportamenti e abitudini sani.

  4. No, le tasse non sono un furto se rappresentano il corrispettivo sinallagmatico d’un accordo contrattuale tra i soggetti che formano una comunità. Il loro controvalore non è rappresentato esclusivamente dai servizi, più o meno direttamente disponibili, ma anche da tutto un altro insieme di elementi: la sicurezza fisica, la sicurezza nei commerci e la garanzia degli scambi, la tutela dei beni giuridicamente rilevanti, la tutela della persona, della libertà, ecc. ecc. ecc.
    E’ quando si rompe tale equilibrio sinallagmatico che la cosa non funziona più e le tasse vengono vissute come una vera e propria estorsione.
    Non credo che tu – solo lavorandoci – possa veramente percepire quanto in Italia tale rapporto si sia deteriorato, dato che vivi in un paese civile come la Svizzera. Una mia amica (italiana) che abita con la famiglia vicino a Ginevra, oramai da molti anni, ammette di non essere più in grado di comprendere l’Italia e guarda alle cose italiane come se fossero roba dell’altro mondo.

  5. Quello che invece mi chiedo io è: perché scrivere che la sanità pubblica è gratuita, se in realtà la si paga con le tasse?

    Dai… non ci posso credere.
    Confondere la gratuità (al singolo) della prestazione con la gratuità (alla società) del servizio….. non è da te.

    Riguardo il resto non vedo poi elementi di novità. Tralasciando la questione tasse (che mi sembra sia stata già abbondantemente trattata) mi concentrerei sulla questione “salute”.

    Il problema è che la relazione tra i danni e atteggiamenti specifici, per non parlare ancora più in generale, è ancora troppo spesso labile e non ben definita. La scienza medica mi sembra ancora troppo indietro ed anche la genetica sembrava fosse in grado di farci fare un salto in avanti non è ancora pronta. Se poi si vuole estendere il concetto alla “salute pubblica” la vicenda assume contorni che definirei “politici” solo perché non voglio sembrare volgare.

    Però, la considerazione che lascerei è più correlata al concetto di bene pubblico di cui lo stato di salute dei singoli cittadini è un aspetto non indifferente, non isolato od isolabile.
    Succede….

    Un Sorriso

  6. @fabristol: A me pare il contrario: uno Stato che fa pagare in base al principio “più costi più paghi” non mi sembra collettivistico: è una logica commerciale. È una assicurazione sanitaria quella che fa pagare di più i fumatori…

    @lector: Si fa oltre le intenzioni del post, ma per un libertario-anarchico non è il concetto in se di coercizione, implicito nella tassazione, ad essere scandaloso?

    @il più cattivo: D’accordo, gratuita nel senso che il singolo non paga, non che non costa nulla in assoluto… ma il singolo, qui, paga e in maniera abbastanza odiosa: in base ad alcune sue abitudini che potrebbero avere una ripercussione sulle spese (non è affatto detto che un fumatore costi di più alla sanità pubblica, è solo più probabile).

  7. “non è affatto detto che un fumatore costi di più alla sanità pubblica, è solo più probabile”

    Io toglierei le tasse pagate extra sul pacchetto di sigarette, ma, il fumatore, dovrebbe pagarsi un’assicurazione come fa l’alpinista, che per questa passione ha una condotta di vita più rischiosa.
    Ma la mia bontà non finisce qui. Propongo, nel caso egli non stipulasse alcuna polizza in tal senso e al momento di doversi pagare le cure per un male chiaramente dovuto al fumo non disponesse dei soldi necessari, di passare cure palliative fino a che morte non sopraggiunga.

  8. @–>Ivo
    “Si fa oltre le intenzioni del post”
    Un post, i.m.h.o., come qualsiasi altra opera dell’intelletto umano, non dovrebbe darsi dei limiti: ben vengano sviluppi insperati e imprevisti, che vanno oltre le intenzioni dell’autore; sono sviluppi di questo genere, anche se di primo acchito sgradevoli e mal sopportati, che solitamente infrangono i luoghi comuni nonché il comodo adagiarsi sul consolatorio condiviso.
    “Ma per un libertario-anarchico non è il concetto in se di coercizione, implicito nella tassazione, ad essere scandaloso”
    Se ti riferisci a me, non mi riconosco in un inquadramento libertario-anarchico; se proprio senti la necessità d’appiopparmi un clichè, preferisco quello di neo-contrattualista con una spiccata tendenza al relativismo iconoclasta.

  9. @–>Ivo
    P.S. In merito al contenuto del post in senso stretto, siamo sempre lì: quando esiste un fattore distorsivo di base (l’appropriazione indebita dei fondi provenienti dalle tasse e il loro utilizzo per motivi differenti, spesso illeciti, rispetto alla giustificazione addotta per introdurre l’imposizione), non è possibile operare un confronto sereno dei possibili benefici che possono derivare alla cosa pubblica (ad esempio, la sanità pubblica gratuita) da un determinato provvedimento di carattere impositivo (ad es. aumento delle imposte sul fumo) e il suo gravame specifico in termini di drenaggio di risorse che il privato avrebbe magari potuto impiegare altrimenti (ad es. per curarsi).
    Ribadisco: probabilmente questo dibattito ha senso in Svizzera, non in Italia.

  10. @marcoz: trovo l’idea cinica e brutale, ma gradevole.

    @lector: i limiti occorre darseli, se no si sbrodola ovunque; concordo che bisogna essere pronti a non rispettarli.
    E non era mia intenzione appioppare etichette a nessuno, ma solo capire le varie correnti di pensiero, dai libertari ai neo-contrattualisti.

  11. Mi soffermo sulla tua obiezione finale che trovo molto interessante ma non convincente.

    Dire che avere figli e fumare possano pesare ugualmente sul bilancio dello stato e sulla bilancia dei diritti mi pare una logica puramente quantitativa.

    Il fumo è un bene voluttuario, i figli sono parte del ciclo naturale oltre che dei diritti della famiglia: incomparabili.

    Credo che non esista alcun modo logico di ridurre la prole e il tabacco ad un’unica unità di misura in modo da poterli pesare.

    Tu mi parli di “costi”, ma di quali costi si tratta? I maggiori costi di uno stato sono gestionali e non economici.
    E’ una banalità in fondo: lo stato sono le sue strutture più che il suo bilancio.

    Figli sono istruzione, cultura, incentivi, assistenza sanitaria, asili, congedi parentali.
    Fumo sono solo cure mediche.

    Detto questo, la proposta di tassare l’insalubrità per pareggiare un buon sistema sanitario non mi pare convincente.

    Anche se eliminassimo ogni ciminiera e ogni pacchetto di tabacco, la gente si ammalerebbe o si farebbe male comunque. Quella quota di sanità come la copriamo, tassando i batteri e i pavimenti sdrucciolevoli?

  12. @eno:

    Sono parte del ciclo naturale oltre che dei diritti della famiglia.

    Il fumo non fa forse parte dei diritti dell’individuo?
    (questa risposta è una provocazione, nel senso che mi rendo conto che si tratta di due diritti ben diversi; non saprei bene però spiegare perché.)

    Detto questo, la proposta di tassare l’insalubrità per pareggiare un buon sistema sanitario non mi pare convincente.

    Dillo a Gilioli! Comunque, è quello che più o meno fanno tutte le nazioni. In Danimarca tassano i grassi saturi.

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