“Giocava al casinò con i soldi della società”, titola un quotidiano a proposito di un caso di appropriazione indebita. Dettaglio ribadito anche nell’attacco dell’articolo: “I soldi che sottraeva alla sua società li avrebbe usati per scopi personali. In particolare per giocare al casinò”.
Il filosofo che è in me non può non chiedersi – davvero, non è una domanda retorica –: cambia qualcosa, dal punto di vista valutativo, sapere che quei soldi sono stati utilizzati per il gioco d’azzardo? Li avesse spesi per comprarsi una casa o una collezione di libri antichi cambierebbe qualcosa nel nostro giudizio? Me lo chiedo sia dal punto di vista morale (quanto dobbiamo biasimare il ladro) che penale (quanto dura deve essere la pena da infliggere).
In prima battuta direi che comprando una casa o dei libri antichi ci sarebbe la possibilità di rivendere questi e risarcire almeno una parte del maltolto, cosa che con il gioco d’azzardo sarebbe probabile quanto la bassa probabilità di vincere. Forse questa improbabilità contribuisce a generare la diversa percezione della vicenda. Non saprei dire in che modo questa differenza giustificherebbe un differente significato morale. In fondo, chi può garantire che questo signore, se avesse comprato una casa piuttosto che giocarsi i soldi al casinò, abbia colto quella differenza morale, scegliendo di conseguenza?
Si noti l’antitesi: i soldi che sottraeva alla “sua” società. Se la società era “sua” come poteva sottrarle dei soldi? In realtà, nel senso comune prevale l’idea che una società commerciale abbia una funzione sociale prevalente rispetto all’interesse di chi ne detiene il controllo. Giuridicamente, però, tale valenza “sociale” assume rilievo solo in fase patologica, ossia quando si verifichino i presupposti della decozione . Finché la società è “in bonis” nessuno, che non siano altri soci o il fisco e solo qualora ne ricorrano gli estremi, è legittimato a contestare ai detentori del capitale di controllo l’uso improvvido delle risorse sociali.
@shostakovich: alla possibilita di rimborso non avevo pensato. Credo sia giusto tenerne conto, anche se posso immaginare che qualcuno abbia comunque a disposizione dei beni utilizzabili a tale scopo e rubi soldi che impiega, appunto, per giocare al casinò.
@lector: beh, “sua” può significare molte cose. Avesse rubato i soldi a sua sorella, invece che alla sua società, il tuo commento sarebbe completamente insensato.
Al di là della funzione sociale, c’è il fatto che consideriamo autonome, almeno sotto certi punti di vista, le società, almeno quelle relativamente grosse e strutturate.