Gli zombi sono un classico, oltre che dei film dell’orrore, anche della filosofia della mente.
Ovviamente, gli zombi dei filosofi non sono come quelli del cinema. Questi ultimi sono dei morti viventi il cui unico scopo, chissà perché, è mangiare il cervello delle persone ancora vive:
(video purtroppo in inglese – via farfintadiesseresani che ha ragione: gli zombi spaccano)
Gli zombi dei filosofi, invece… gli zombi dei filosofi sono creature indistinguibili dagli altri esseri umani: nessun esame medico, nessun test psicologico, nessun osservatore umano noterà mai alcuna differenza tra un essere umano e uno zombi filosofico. Però gli zombi sono privi di coscienza, e la loro esistenza (o meglio, la possibilità della loro esistenza – il fatto che voi abbiate capito quello che ho appena scritto, insomma) dimostrerebbe che la coscienza non è riducibile ai processi cerebrali.
Su questo argomento, sviluppato da David Chalmers, la penso come Daniel Dennett (e molti altri): gli zombi filosofici non sono una dimostrazione in quanto presuppongono quello che vorrebbero dimostrare, ossia che avere una coscienza sia qualcosa assolutamente privato e inaccessibile dagli altri.
Sempre restando nell’ambito cinematografico, invece degli zombi si potrebbero prendere in considerazione gli ultracorpi del film di Don Siegel, tratto da un romanzo di Jack Finney, L’invasione degli Ultracorpi (Invasion of the Body Snatchers, USA 1956):
Si obietterà: ma gli ultracorpi non sono dei perfetti sostituti degli esseri umani, e infatti vengono scoperti, seppur con una certa difficoltà.
Appunto: la coscienza, qualsiasi cosa sia, deve cambiare, anche se solo in circostanze particolari, le cose. Altrimenti non esisterebbe.
E’ un tema a me molto caro (gli zombie filosofici, non quelli cinematografici).
E sull’ultima frase sono abbastanza d’accordo.
Diciamo che se esistesse qualcosa che non è “rilevabile” forse rientrerebbe nel novero delle cose di cui dobbiamo tacere.
@Weissbach: L’ultima frase è (volutamente) criptica.
Un po’ pragmatista (se non ha effetti non esiste – che poi è anche il rasoio di Ockham), un po’ evoluzionista (posto che gli animali “inferiori” non hanno coscienza e l’uomo sì, se si è mantenuta è perché un qualche vantaggio evolutivo c’è).
Io non sono certo della bontà dell’argomento di Chalmers, per tre ragioni:
– usa in maniera non molto chiara la “possibilità”, senza darne un chiarimenti deontici
– è un analitico, cioè un pastrocchione chiacchieruto, privo di metodo e di studi, e poco serio alla Bertrand Russell 😀
– che diavolo è un “argomento”, tanto caro agli analitici?
Una dimostrazione, un esperimento empirico, un esperimento mentale? E perché questo “argomento” dovrebbe convincermi?
Però ti faccio un appunto.
Tu sbagli nel riassumere Chalmers.
Lui sostiene che la coscienza non sia un fatto totalmente pubblico, non che sia totalmente privata.
Nel post, in effetti, tu dici cose diverse: “la coscienza non è riducibile ai processi cerebrali”( come dice Chalmers ) e “che avere una coscienza sia qualcosa assolutamente privato e inaccessibile dagli altri”( come non so chi ).
Insomma, non stai in realtà contestando la tesi di Chalmers, ma l’argomento.
Analitici a parte, mi appello al linguaggio comune a sostegno della tua conclusione.
Ora, la “attenzione verso qualcosa” è un fatto della coscienza.
Però io vedo sguardi attenti o orecchie rizzate.
Non so quanto significative siano mere espressioni, ma testimoniano che la tua posizione è ampiamente accettata.
@eno: Tieni presente che questo post, in realtà, è un pretesto per inserire il bellissimo filmato iniziale sugli zombi…
Su Chalmers: è vero, la non riducibilità e l’essere completamente privato sono due cose diverse. Ma la concepibilità degli zombi, se dimostra qualcosa, dimostra che la coscienza può essere totalmente privata, non che essa non sia riducibile (posso immaginare qualcosa di assolutamente privato e riducibile a processi cerebrali).
Dovrei comunque leggere Chalmers. Da qualche parte dovrei avere un suo libro.
Dissento.
La possibilità degli zombie- se capisco Chalmers – dimostra che nell’attribuire coscienza possiamo sbagliarci. Se infatti gli zombie sono possibili, pur sempre sono una possibilità diversa dagli esseri coscienti, e dunque siamo in grado di concepire questa differenza.
Con gli zombie abbiamo a che fare con esseri che ci proferiscono frasi, voltano gli occhi verso di noi e muovono gli arti come per compiere azioni e tuttavia dentro non c’è nulla.
Se possiamo sbagliarci, allora l’osservabile non è tutto della coscienza.
Aggiungiamo che noi individuiamo fenomeni cerebrali come “psichici” solo perché li correliamo alla esperienza visibile di coscienza.
Quindi, se la nozione di “zombie possibile” regge:
PREMESSE. L’osservabile non è tutta la coscienza. Solo dal riconoscere- in qualche modo- la coscienza possiamo individuare fenomeni sottostanti come psichici.
CONCLUSIONE. La coscienza non è riducibile né all’osservazione in terza persona né al fenomeno sottostante.
COMMENTO. Sempre che la “possibilità” presupposta regga, ci sono tre possibilità non coincidenti né del tutto distinte.
Chalmers ha ragione. Noi lavoriamo con un concetto errato di coscienza che porta a un impasse, dunque la conclusione corretta sarebbe: “Questa invocata coscienza non esiste”. Abbiamo una nozione di “esperienza osservabile” troppo ristretta che ci porta a un impasse.
@eno: dovrò proprio leggermelo, Chalmers. Comunque, se l’obiettivo è dimostrare che abbiamo le idee confuse sulla coscienza, direi che gli zombi sono fin troppo… 😉
Forse anche io dovrei rimettere mano ai 2 o 3 articoli di Chalmers letti due anni fa.
Ho il sospetto di averlo riassunto male.
Beh, cicce.
ciao! 🙁
Ciao Ivo,
volevo notare che il fatto che
«che voi abbiate capito quello che ho appena scritto, insomma.»
dimostra più che altro la confusione che abbiamo in testa sul concetto di coscienza.
Per metterla sul piano scientifico: uno zombi del genere passerebbe, per definizione, ogni possibile test di Turing. Quindi, seguendo Turing
«Secondo la forma più estrema di questa opinione, il solo modo per cui si potrebbe essere sicuri che una macchina pensa è quello di essere la macchina stessa e sentire se si stesse pensando. […] Allo stesso modo, la sola via per sapere che un uomo pensa è quello di essere quell’uomo in particolare. […] Probabilmente A crederà “A pensa, mentre B no”, mentre per B è l’esatto opposto “B pensa, ma A no”. Invece di discutere in continuazione su questo punto, è normale attenersi alla educata convenzione che ognuno pensi.»
potremmo convenire che una macchina pensa (e abbia coscienza).
@Stefano: La faccenda è complicata.
Da buon pragmatista, accetto l’idea che se due oggetti si comportano nella stessa identica maniera allora sono uguali (detto in maniera molto grezza e brutale), idea che è alla base del test di Turing – escludendo il fatto che uno è un computer e l’altro un essere umano, e non è detto che questa sia una differenza da poco. Potrebbe anche essere ininfluente, è ovvio.
Per quanto riguarda la confusione: direi che il concetto di una coscienza non completamente riducibile al cervello è un concetto probabilmente sbagliato ma non è confuso, anzi: mi sembra chiarissimo, come è chiarissimo il concetto, per citare un classico, dell’attuale re di Francia.
— Messaggio cancellato —
Ciao Ivo,
avremo sicuramente modo di ridiscutere della coscienza e del cervello. Ma non stasera, che domani devo partire per una conferenza.
Solo per segnalarti che alcune delle opere di Karl Hofer mi sembrano dei ritratti degli zombi come li hai descritti tu.
Di più qua
@Stefano: Grazie per la segnalazione: leggerò al più presto.
Complimenti a Michele Nista, assoluto genio negli affari, in cose di Borsa, ma anche con fantastica passione democratica e civica. Michele, hai gli attributi, salvaci, please.