A volte capita di avere conversazioni pacate e costruttive anche sui cosiddetti temi etici, come la maternità surrogata.
“Costruttive” non significa che uno dei due abbia cambiato idea, ma solo che io (tendenzialmente favorevole), e probabilmente anche il mio interlocutore (contrario), ci siamo almeno un po’ chiariti le idee.
Nel mio caso, vedendo come il discorso sulla imprescindibilità della madre biologica – “continuo a ritenere madre chi ti ha partorito (dopo averti ospitato, protetto, nutrito)” – sia subito evaporato di fronte alle adozioni – “generosità e desiderio, e comunque un (nobilissimo) ripiego” –, ho proposto il seguente riassunto della posizione del mio interlocutore.
La biologia e la tradizione – quindi madre biologica che partorisce e cresce un figlio geneticamente suo – hanno un valore di per sé, dove con “di per sé” intendo al di là delle conseguenze positive o negative di un allontanamento da questo modello che è l’unico legittimo, a meno che non si abbia a che fare con un gesto di generosità il cui scopo è sanare una sua corruzione.
Un riassunto sostanzialmente approvato dal mio interlocutore (che ha solo trovato eccessivi i termini “legittimo” e “corruzione”).
Come detto, nessuno dei due ha cambiato idea. Ma questo, di per sé, non è un problema: anche a dover decidere sulla legalità della maternità surrogata, uno voterà sì, l’altro no e si vedrà chi avrà la maggioranza.
Il problema è che le due posizioni sono sostanzialmente incommensurabili: per me la biologia non ha nessun valore che vada al di là degli effetti positivi e negativi; una tradizione può invece avere un qualche valore, ma è comunque secondario rispetto ai già citati effetti positivi e negativi. Sono un inguaribile consequenzialista, ma se una tradizione – per quanto antica e ricca di significato possa essere – ha conseguenze spiacevoli per alcune persone, non vedo perché non ababndonarla o comunque cambiarla (dopotutto, la tradizione di oggi è l’innovazione di ieri).
Dall’altra parte, invece, c’è chi riconosce a biologia e tradizione una grande importanza e vede nel crescere un figlio geneticamene e gestazionalmente tuo un valore.
E così, puoi anche parlare di evitare i casi di sfruttamento, di volere regole chiare per evitare conflitti tra le varie persone coinvolte nella maternità surrogata – insomma, evitare o almeno limitare le conseguenze negative –, ma dall’altra parlano di valore della biologia.
Che dialogo si può sperare di avere?
A prescindere dall’esistenza di altri modelli, l’interlocutore separa – direbbe un mio amico – due facce di una stessa medaglia come se affettasse un salame: alla prova dei fatti, il valore della biologia di per sé è prontamente smentito da tutti i casi di violenza, incuria, omissione ecc, perpetrati da genitori nei confronti dei propri figli naturali.
Che la discendenza biologica possa avere valore per qualcuno, o possa significare qualcosa a determinate condizioni, non lo metto in dubbio; ma considerarla un valore assoluto è un dogma*.
*di chiaro stampo egoistico (che però, ci sta, che diamine!), e con una vena di razzismo (che ci sta meno)
Uno dei problemi dei nostri tempi è l’uso distorto del linguaggio per alterare la percezione della realtà nelle persone che non sono abituate ai sofismi.
Prendiamo il caso della “madre surrogata”.
La procedura che serve per generare un bambino a prescindere consiste nel reperire due gameti, maschile e femminile, unirli meccanicamente in laboratorio, prendere l’embrione, verificare che non abbia difetti genetici evidenti e impiantarlo in un utero femminile compatibile. Il maschio e le due femmine coinvolti possono essere qualsiasi, posta la compatibilità generale.
Questa procedura non ha niente a che fare con il concetto di “genitore”, cioè colui “che genera”, è una procedura che riguarda materiale biologico, come tante altre culture cellulari umane e non-umane che si fanno nei laboratori.
Inoltre, ci sono due corollari ovvi:
1. primo, sia il laboratorio che esegue la procedura, sia i donatori dei gameti, sia la donna che incuberà l’embrione, non si prestano per filantropia ma per soldi. Da cui tutte le problematiche relative al commercio di esseri umani o parti di esseri umani.
2. le procedure di questo tipo si prestano ad ogni sorta di problema etico riguardo la produzione, la conservazione, la selezione, la manipolazione, l’uso e lo smaltimento di embrioni umani.
Tutto quanto descritto sopra ci viene occultato con la massima cura, non se ne deve parlare e invece si discute a sproposito dei “diritti”, come se COMPRARE/POSSEDERE un figlio sia un “diritto”, viceversa non poterlo fare sia una “discriminazione”. Una idea che, cosi come l’aborto per altro, si fonda sul concetto che l’embrione, il fato e il bimbo NON SIANO PERSONA UMANA ma una “cosa” di cui si può e si deve disporre liberamente. Con l’aggiunta che in questo caso non è nemmeno il “donatore” o il “portatore” o il “fabbricate” a decidere ma un “committente” che è terzo rispetto a tutti loro, o nella migliore delle ipotesi è una delle parti in causa.
Se poi andiamo al livello “macro”, che è quello meno rilevante, lo “ugualitarismo” che equalizza uno “pseudo-genitore”, cioè una persona che ha comprato un bambino presso un allevamento e un genitore biologico, è lo stesso meccanismo per cui SI DEVE arruolare le donne nei reparti d’assalto, nonostante il fatto che negli sport competano in una categoria separata per ovvie ragioni.
Menzogne e paradossi, ecco di cosa si tratta. In ultimo, follia.
Sottoscrivo pienamente l’affermazione che “l’uso distorto del linguaggio” è uno dei problemi del nostro tempo (ma anche dei tempi andati). Comunque, quella descritta è una possibile procedura, probabilmente neppure la più comune, e non capisco per quale motivo non avrebbe nulla a che fare con il concetto di genitore.
Sul punto 1: se ricordo bene, “non si prestano per filantropia ma per soldi” anche ginecologi e levatrici, per cui andrebbe quantomeno chiarito in che misura ricevere dei soldi (in diversi Paesi si tratta formalmente di un rimborso spese) sia eticamente problematico.
Sul punto 2, certamente trattandosi di fecondazione assistita ci sono i problemi sopra accennati, ma riguardano tutte le pratiche, anche quelle usate dalle “famiglie tradizionali”.
La parte sulle donne nei reparti d’assalto proprio non l’ho capita.
Ho dimenticato di formalizzare la mia risposta.
“Che dialogo si può sperare di avere?”
Lo stesso che si ha con una persona che parte dalla premessa di un dogma.
La procedura è esattamente la medesima in tutti i casi. L’unica differenza è che nel caso di una coppia omosessuale femmina-femmina, una delle due può essere donatore di un gamete e l’altra l’incubatrice, oppure una delle due può avere entrambi i ruoli. In ogni caso gli serve un gamete maschile. Invece nel caso della coppia uomo-uomo, uno solo dei due (eventualmente a turno) può essere donatore del gamete, poi servono una donna per l’altro gamete e un’altra donna come incubatrice. Eventualmente queste due possono essere la stessa persona ma normalmente no.
Solo nel caso della coppia femmina-femmina esiste la possibilità che una delle due sia effettivamente “genitore”, cioè colui che genera il figlio. Nel caso uomo-uomo nessuno genera niente, se non uno dei due gameti. Il concepimento avviene in provetta (come nell’altro caso) e anche la gestazione e il parto avvengono altrove.
Se non hai capito la faccenda delle donne che DEVONO essere incluse negli incursori ma NON DEVONO gareggiare con gli uomini, allora abbiamo un certo problema di comprendonio. Diciamo che sarebbe possibile anche fare gareggiare le donne con gli uomini alle olimpiadi, però bisognerebbe obbligare gli uomini a indossare dei pesi o delle bardature che “equalizzino” le differenze meccaniche. Nell’altro caso non è necessario perché nessuno pensa davvero di mandare le donne a fare l’incursore in guerra, si tratta solo di dargli una carica fittizia e uno stipendio fittizio, a fini propagandistici.
Per inciso, la fecondazione in vitro si usa anche per le coppie eterosessuali che per varie ragioni non possono concepire altrimenti. Idealmente si usano i gameti dei due partner e fino a poco fa era vietata la “fecondazione eterologa”, cioè l’uso di un gamete di donatore.
Quando si legalizza l’uso di gameti qualsiasi, di fatto si legalizza qualsiasi cosa, sopratutto se partiamo dal presupposto che:
1. le procedure non vengono effettuate in strutture pubbliche, obbligate ad un certo regolamento ma invece avvengono presso strutture private il cui guadagno è tanto maggiore tanto più il cliente è soddisfatto, A QUALUNQUE COSTO.
2. siccome nisciuno è fesso, non facciamo finta di ignorare il fatto che, pagando il necessario, si va all’estero per aggirare qualsiasi eventuale ostacolo normativo e/o burocratico, poi si torna con il bimbo e si dice “oplà ho avuto un figlio”. Vai a sapere come, dove e quando è avvenuta l’immacolata concezione. Quando si dice “estero” può essere gli USA come che ne so la Thailandia o l’Afghanistan. Chiaramente l’Italia o la UE non hanno il potere di obbligare tutti alle stesse norme, nello stesso tempo “legalizzare” le CONSEGUENZE significa legalizzare tutto quello che avviene a monte, proprio tutto.
Uno dei problemi dei nostri tempi è l’uso distorto del linguaggio per alterare la percezione della realtà nelle persone che non sono abituate ai sofismi.
Prendiamo il caso della “madre naturale”.
La procedura che serve per generare un bambino a prescindere consiste nel reperire due gameti, maschile e femminile, unirli meccanicamente in un giaciglio qualsiasi (un letto, un’auto, un mucchio di fieno…), non poter nemmeno verificare che l’embrione non abbia difetti genetici evidenti, e lasciarlo crescere nell’utero. Oltre al maschio c’è bisogno di una sola femmina, e possono essere qualsiasi, posta la compatibilità generale.
Questa procedura non ha niente a che fare con il concetto di “genitore”, cioè colui “che genera”, è una procedura che riguarda materiale biologico, come tante altre culture cellulari umane e non-umane che si fanno nei laboratori.
Inoltre, ci sono due corollari ovvi:
1. siccome la procedura non viene effettuata per soldi, il figlio che ne nascerà potrebbe essere non voluto, da cui tutte le problematiche relative al maltrattamento di esseri indifesi come i bambini.
2. le procedure di questo tipo si prestano ad ogni sorta di problema etico riguardo la produzione, la conservazione, la selezione, la manipolazione, l’uso e lo smaltimento di embrioni e gameti umani (mestruazioni femminili e masturbazioni maschili che disperdono e si disfano di vite potenziali).
Tutto quanto descritto sopra ci viene occultato con la massima cura, non se ne deve parlare e invece si discute a sproposito dei “diritti”, come se avere un figlio dovesse essere una scelta consapevole e non dovuta al caso, che “càpita”.
Menzogne e paradossi, ecco di cosa si tratta. In ultimo, follia.
LorenzoC: Tralasciando che stabilire che il genitore sia unicamente colui che genera è un esempio di quello che chiamano fallacia etimologica, che cosa significa qui “generare”?