Naturale inteso come contrapposto ad artificiale: un evento naturale deve il suo essere alla natura, non all’operare dell’uomo.
In questo visione è implicita una certa contrapposizione, e è da questa assunzione implicita che nascono i primi problemi: l’uomo non può infatti essere del tutto estraneo alla natura. Il contrasto non può quindi essere in generale tra uomo e natura, ma dovrà solo riguardare una parte dell’uomo. Le due componenti che si fronteggiano non sono e non possono essere uomo e natura, bensì una parte dell’uomo, rimasta vicina alla natura, e un’altra, artefatta, lontana dalle pure origini naturali.
“Legge naturale” dovrebbe quindi essere una legge in accordo e armonia con questa parte non sofisticata dell’essere umano.
Il richiamo alla legge naturale è molto frequente nella critica alcune leggi positive, accusate appunto di essere non solo artificiali, bensì contro natura.
È questo un utilizzo secondo me completamente insensato.
Il concetto di natura è infatti una invenzione umana (gli animali e le piante ignorano cosa sia naturale e cosa no), è un concetto drammaticamente ideale, e come tale dovrebbe rimanere.
Più precisamente, si tratta di un ideale normativo: la natura è l’eden, il paradiso terrestre rivisto con gli occhi di Adamo ed Eva dopo il peccato originale, l’infanzia guardata con gli occhi di un adulto. È il passato osservato dal presente. È un passato che di fatto non è mai esistito. È la guida delle nostre speranze di oggi e, indirettamente, delle nostre azioni.
La natura, concetto nato nel presente che guarda a un passato che non è mai stato per trarre speranza in un futuro che non è ancora, non può divenire un concetto assoluto: il suo essere è essenzialmente relativo.
È questa relatività (l’oggi che guarda indietro per poter guardare avanti) che non viene riconosciuta da chi prende la legge naturale come pietra di paragone per le leggi positive: chi si richiama ad essa per questi scopi pensa a un assoluto descrivibile, confrontabile, terreno: preleva questo ideale della natura dal suo mondo della speranza per forzarlo in un discorso non suo.
Il risultato, purtroppo, è la perdita di significato di questa speranza: se viene meno il riferimento ideale, non si ha speranza, ma semplice augurio.
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